Nel mondo della alimentazione vi è sempre maggiore attenzione sull’importanza di consumare alimenti ricchi di nutrienti che sono in grado di conferire benefici per la salute.

Difatti, come per molti altri settori, esistono degli elementi che vengono considerati al pari dei Super Eroi, le cui proprietà vengono considerate al di sopra della media.

E’ il caso dei Superfood, alimenti definiti aventi proprietà straordinarie, ritenuti molto speciali e considerati da molti così salutari da poter sconfiggere ogni malattia.

Questi alimenti dalle caratteristiche e proprietà sorprendenti e strabilianti sono ovviamente oggetto di interesse di tutta l’industria del marketing e di tutti coloro che anelano a migliorare la propria salute attraverso il loro consumo

Bisogna tuttavia stare attenti in quanto dal punto di vista scientifico non esiste una definizione precisa e specifica per tali alimenti.

Il termine è stato coniato dal mondo commerciale come strategia di marketing e sebbene sia evidente come una dieta sana ed equilibrata possa influire positivamente sulla salute dell’organismo, è bene stare attenti alle garanzie che i supercibi possono effettivamente apportare.

Di seguito scopriamo maggiori dettagli.

DEFINIZIONE & CARATTERISTICHE [1]

 Sebbene non via una definizione ufficiale di tale termine, la definizione che si ritiene più accreditata è quella per indicare i cibi aventi presunte capacità benefiche per la salute, imputabili ad una parte delle caratteristiche nutrizionali o alla concentrazione chimica complessiva.

Spesso accostati agli alimenti funzionali oppure ai cibi nutraceutici (dalla sincrasi di nutrizione e farmaceutica), per superfood si intendono alimenti di origine vegetale, con importanti caratteristiche nutrizionali e minimamente lavorati, meglio ancora se crudi e biologici.

Per alimenti funzionali si intende:

“quei cibi che al di là delle proprietà nutrizionali presentano anche la capacità di influenzare positivamente una o più funzioni fisiologiche, in modo da conservare o migliorare lo stato di salute e di benessere, magari contribuendo anche a ridurre il rischio di insorgenza di quelle malattie correlate ad un certo tipo di alimentazione”

Si possono dividere in varie categorie:

  • Superfruit: frutta
  • Supergrain: grani e cereali.
  • Superfood: alimenti che non rientrano alle precedenti categorie.

Seppur vero che tali prodotti possano offrire svariati benefici per la salute, fin dalla loro scoperta i superfood vengono commercializzati ad un prezzo superiore rispetto a prodotti analoghi e tuttavia, vengono etichettati normalmente.

Nel panorama scientifico le proprietà proprietà salutistiche dei cosiddetti superfood non sono generalmente supportate o contestate da studi scientifici accreditati.

Per tale motivo nel settore della nutrizione-alimentazione si evita di utilizzare il termine superfood in tutte le categorie professionali quali dietisti, dietologi e nutrizionisti, molti dei quali si oppongono alla divulgazione di queste informazioni in quanto considerate potenzialmente fuorvianti.

IL problema è la mancanza di una vera e propria teoria scientifica che abbia apportato una definizione riconosciuta nel mondo scientifico e professionale.

Difatti, il termine è stato creato prettamente per soddisfare delle esigenze di mercato.

Una definizione spesso ricorrente è quella di superfood quale alimento ricco di nutrienti, in grado di apportare importanti benefici per la salute.

Una definizione troppo generica per l’EFSA (Commissione Europea per la Sicurezza Alimentare) che infatti, dal 2007, non permette l’utilizzo di questo termine nella promozione e commercializzazione di un cibo, a meno che i supposti benefici per la salute dovuti al consumo di questo alimento non siano supportati da rigorose prove scientifiche.

Non è però vietato nel mondo dei media e sul web utilizzare il termine superfood, utilizzato per indicare certi alimenti, di cui si decantano i poteri quasi taumaturgici; diverse aziende, attive nel settore, danno quindi diverse definizioni del termine:

  • Un superfood è un alimento di origine vegetale con un alto contenuto di antiossidanti, proteine, omega-3, minerali, fibre o altri nutrienti essenziali dai provati effetti benefici per la salute. (Nativas Naturals)
  • I superfood sono cibi vegetali naturali con contenuti eccezionalmente elevati di nutrienti. (RealFoods)
  • I superfood sono una speciale categoria di cibi naturali a ridotto contenuto calorico e ricchissimi di nutrienti: una fonte eccezionale di antiossidanti e nutrienti essenziali, quelli che noi non siamo in grado di produrre. (Food Matters)
  • I superfood hanno un contenuto elevatissimo di vitamine, minerali e nutrienti essenziali, e sono ben noti per la loro capacità di combattere certe malattie. (Nutrex Hawaii)

Tutte queste definizioni hanno in comune delle caratteristiche:

  • si parla di alimenti di origine vegetale
  • naturalmente ricchi di nutrienti
  • in genere minimamente lavorati.

Sono commercializzati sotto forma di pratiche polveri, capsule o compresse.

Da tale definizione si evince che rispetto agli alimenti convenzionali che appaiono più poveri di nutrienti, i superfood possano sembrare una scelta migliore in termini di un aiuto per sopperire a tali mancanze.

La loro capacità presunta di fornire  nutrienti essenziali e influenzare in maniera positiva le funzioni fisiologiche del nostro organismo, per conservare e migliorare lo stato di salute e in alcuni casi persino prevenire l’insorgenza di alcune malattie, è ciò su cui fa leva il settore commerciale.

Vi è quindi il rischio di creare aspettative esagerate nell’ottica del consumatore e una gran confusione, portandolo a credere che mangiando spesso e in quantità questi supercibi — o peggio ancora assumendoli come integratori — possa davvero proteggersi dalle malattie più diverse.

I SUPERFOOD: QUALI SONO

Una prima lista di superfood viene riportata di seguito.

L’organizzazione olandese per la sicurezza alimentare “Voedingscentrum” ha riportato che, pur non avendo alcuna dimostrazione di qualsivoglia efficacia, gli “health claims marketers” propongono con maggior frequenza i seguenti prodotti:

  • Radice di ginseng (Genere Panax)
  • Guaranà (P. capuana)
  • Bacche di goji (L. barbarum) – che non hanno ancora dato prova di fornire “reali e maggiori” benefici per la salute rispetto ad altri frutti freschi
  • Semi di canapa (C. sativa)
  • Semi di chia (S. hispanica)
  • Wheatgrass o erba di grano (T. aestivum) – generalmente in forma di succo o polvere
  • Frutti di mirtillo rosso palustre (V. macrocarpon) – che non sono particolarmente densi di sostanze nutritive, come invece vorrebbe lasciar credere il titolo di superfood; hanno infatti un contenuto solo moderato e di appena tre nutrienti essenziali: vitamina C (acido ascorbioc), vitamina K e manganese. L’apporto di antiossidanti fenolici invece, è pari o inferiore a quello di altri frutti come ad esempio l’uva nera.
  • Frutto dell’albero del pane, che si consuma generalmente sotto forma di farina e che ha alte proprietà nutrizionali.

La Voedingscentrum sostiene inoltre: “i consumatori che prediligono tali alimenti in grandi quantità e a discapito di altri cibi hanno un rischio elevato di strutturare una dieta alterata di tipo unilaterale”.

Sono prodotti più recenti:

  • Radice di curcuma (C. longa)
  • Fungo reishi (G. lucidum)
  • Papaya fermentata (frutto fermentato della C. papaya)
  • Foglie di trifoglio rosso (T. pratense)
  • Foglie di vite rossa (V. vinifera)
  • Radice di zenzero (Z. officinale)
  • Alga spirulina (A. platensis)
  • Semi di caffè verde crudo (C. arabica oppure C. robusta)
  • Bacche di açaí (E. oleracea)
  • Melagrana – frutti di melograno (P. granatum) – solitamente interi o sotto forma di spremuta
  • Frutti delle specie appartenenti al Genere Hippophae
  • Frutti di noni (M. citrifolia)
  • Semi di mangostano (G. mangostana)
  • Maca o Ginseng delle Ande (L. meyenii)
  • Matcha – che sarebbe un particolare tipo di tè verde
  • Yarsagumba (fungo O. sinensis sulle larve di lepidottero fantasma).

In genere gli health claims — le indicazioni sui supposti effetti positivi del cibo — non vengono mai riferite all’alimento stesso ma vengono sempre riportate rispetto alle vitamine, ai minerali e ai nutrienti presenti, ognuno dei quali, in un qualche tipo di studio, ha mostrato di poter influire positivamente su specifici marcatori, ossia degli indicatori dello stato di salute o malattia del soggetto.

Da notare che man mano che passa il tempo le liste tendono ad allungarsi e ad includere alimenti sempre più rari e, ovviamente, costosi: si parte dai broccoli per arrivare alle bacche di aronia, nuova superstar del variopinto settore.

Una altra lista accreditata è:

  • Broccoli e cavolfiore, poco esotici ma ricchi di sostanze, gli isotiocianati, che in diversi studi hanno mostrato un’apprezzabile attività antitumorale;
  • Cavolo nero e cavolo riccio (kale), ben fornito di vitamine ed antiossidanti, a lungo ritenuto il re dei superfood;
  • Spinaci, una miniera di vitamine e sali minerali, soprattutto ferro: peccato però sia in forma scarsamente assorbibile;
  • Mirtilli, ricchi di antiossidanti, soprattutto antocianine, composti che in vitro e in studi animali hanno mostrato proprietà molto interessanti;
  • Cacao, ricchissimo in flavonoidi, composti antiossidanti molto potenti;
  • Quinoa, uno pseudocereale con un elevato contenuto di proteine, vitamine e minerali;
  • Rape rosse, ricche di vitamine, minerali e betaina;
  • Avocado, unico frutto con abbondante presenza di grassi polinsaturi;
  • Melagrana, altro frutto ricco di antiossidanti;
  • Açaí, bacche provenienti dall’Amazzonia, ricchissime di fibre e antiossidanti e povere di zuccheri;
  • Goji, bacche originarie delle steppe asiatiche, ben fornite di vitamina C e antiossidanti;
  • Semi di chia, originari del Messico, ricchi di antiossidanti e acidi grassi omega-3;
  • Spirulina, alga con alto contenuto di proteine e di un composto simile alla vitamina B12, assente in tutti i vegetali, privo però di reali funzioni fisiologiche;
  • Maca, una pianta delle Ande da cui si ottiene una polvere adattogerna ed afrodisiaca (dicono);
  • Matcha, polvere ottenuta dal tè verde, ricca di antiossidanti e catechine, composti con azione anticancerogena.

Una altra lista ancora che viene proposta è la seguente:

  • Alcuni vegetali come broccoli, cavolo nero e spinaci;
  • Frutta dal grande potere antiossidante come mirtilli, melagrana, bacche di açaí e quelle di goji;
  • Il cacao ricchissimo di flavonoidi;
  • Alcuni tuberi come le rape rosse o la maca, dalla quale si ottiene una polvere dall’azione tonico-adattogena e con presunte capacità afrodisiache;
  • L’alga spirulina o la moringa dall’elevato contenuto di micronutrienti;
  • Il tè verde, come il Matcha, il Gyokuro o il Sencha, che possiede una grande quantità di catechine;
  • La noce di Cocco, in particolar modo l’acqua o l’olio di cocco che si ricava dalla sua polpa;
  • I prodotti delle api, specialmente il miele di Manuka dall’importante azione antimicrobica;
  • Alcuni semi come i semi di chia o di canapa;
  • Radici come lo zenzero e la curcuma;
  • L’erba di grano o l’erba d’orzo;
  • Cereali come l’avena o la quinoa, che contengono importanti sali minerali e una buona quota proteica.

Spessso, nel corso del tempo, in base all’esperto del settore che ne parla, la lista si allunga con l’introduzione di nuovi prodotti, si possono aggiungere alimenti comuni come i pomodori, i peperoni, l’olio di oliva, i ceci e le lenticchie, l’aglio e la cipolla, o prodotti più esotici come i semi di canapa, i funghi reishi e shiitake, edamame e tofu, alghe marine varie, moringa, maqui e addirittura i semi di melone. Senza dimenticare spezie come la curcuma e lo zenzero.

Capita addirittura che alimenti di origine animale possano finire inclusi nella categoria, soprattutto in funzione dell’elevato apporto proteico e della rilevante presenza di acidi grassi omega-3: possiamo così trovare inclusi in alcune liste anche il salmone, le acciughe e le sardine, oppure derivati del latte come il kefir o lo yogurt.

Una lista davvero molto flessibile che si allunga e si estende ad inglobare ogni nuovo prodotto per il quale si possano individuare potenziali benefici per la salute in base al contenuto più o meno elevato di particolari nutrienti e — purtroppo — alle esigenze commerciali del momento, cavalcando o creando mode alimentari che hanno come obiettivo primario la vendita di cibi e integratori e non certo la salute dei consumatori.

Im tutti questi casi, la caratteristica principale dei superfood fa riferimento alle proprietà nutritive elevate, ossia, la presenza di micronutrienti, come vitamine, sali minerali ed in particolare modo la presenza di antiossidanti.

Gli antiossidanti sono molecole in grado di aiutare a ridurre la quantità di radicali liberi dannosi nel corpo.

Un alimento con proprietà antiossidanti, quindi, potrebbe essere d’aiuto per prevenire l’insorgenza di alcune patologie da stress ossidativo.

Nel 1991 l’Istituto Nazionale sull’Invecchiamento e il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) hanno sviluppato uno strumento di valutazione per misurare il potere antiossidante degli alimenti, chiamato ORAC (Oxygen Radical Absorbance Capacity).

Per quanto riguarda il contenuto di nutrienti è importante fare riferimento alla dichiarazione nutrizionale dell’alimento. In base al quantitativo di micronutrienti, come vitamine e minerali presenti al suo interno, quel cibo potrà vantare alcune caratteristiche specifiche.

Quindi, in conclusione, non è l’alimento in sé ad essere “super” ma è ciò che è presente al suo interno a renderlo così.

L’EFSA (Commissione Europea per la Sicurezza Alimentare) è l’organismo incaricato a garantire che le affermazioni sull’etichettatura degli alimenti e sulla pubblicità riguardanti l’alimentazione e la salute, siano significative e accurate, aiutando i consumatori a fare scelte consapevoli.

Per questo motivo è stato stilato il Regolamento (CE) n. 1924/2006 dove sono contenute tutte le norme sulle indicazioni nutrizionali e quelle sulla salute, come l’utilizzo dei claim.

L’obiettivo di queste regole è garantire che qualsiasi indicazione sull’etichettatura, presentazione o pubblicità di un alimento nell’Unione Europea sia chiara, accurata e basata su prove scientifiche.

In conclusione i superfood non devono certo essere intesi come alimenti “miracolosi” e neppure come la panacea di tutti i mali, ma semplicemente rappresentano un valido aiuto per integrare preziosi nutrienti nella propria dieta, che deve sempre essere associata ad uno stile di vita sano e una regolare attività fisica.

EFFICACIA: FUNZIONANO DAVVERO?

Sebbene sia difficile dare una risposta completamente certa, si può affermare che come tanti altri alimenti i superfood hanno un contenuto nutrizionale sicuramente molto buono in termini di salute, ma che non possono essere considerati miracoli o per forza “super”.

Ci’ che spesso ha indotto a soprannominare super i superfood è che appare evidente come dato comune agli alimenti inclusi, l’abbondante presenza di composti antiossidanti che, secondo un’interpretazione molto superficiale del problema, nel nostro  organismo dovrebbero neutralizzare alcune specie reattive che si formano durante i normali processi metabolici: stiamo parlando dei temutissimi radicali liberi, sostanze che possono determinare importanti danni a livello cellulare, portando allo sviluppo di patologie cardiovascolari, diabete e varie forme tumorali.

In realtà nel nostro organismo i radicali liberi sono in equilibrio con una nutrita batteria di antiossidanti endogeni e solo quando questo equilibrio si spezza queste specie reattive possono causare danni.

Altra particolarità che spesso si attribuisce ai superfood sono le qualità di energizzanti e toniche – come nel caso del ginseng e del guaranà – oppure antiossidanti – come nel caso dei superfruit, o la presenza di vitamine e sali minerali, in concentrazioni variabili e tutta una serie di composti che in vari studi hanno mostrato di poter influenzare certi particolari processi: molti fitonutrienti sono in grado di rallentare la crescita e la divisione di cellule tumorali o addirittura possono indurne la apoptosi, la morte cellulare programmata (che, ironia della sorte, dipende da una elevata concentrazione di radicali liberi).

Sebbene sembri tutto molto affascinante, nella maggior parte dei lavori sul tema, sia in vitro, sia in modelli animali ed umani, vengono utilizzati estratti in cui la sostanza studiata è presente in concentrazioni centinaia di volte superiori rispetto a quanto si osserva in natura.

Si tratta ovviamente di concentrazioni che non possiamo raggiungere con una normale alimentazione, a meno che non si intenda consumare quantità folli di un dato alimento.

Piccolo esempio: per consumare la dose di resveratrolo — un potente antiossidante — che nei lavori sul modello animale ha mostrato effetti apprezzabili dovremmo bere circa cinque litri di vino al giorno.

Nella maggioranza dei casi per sostenere le tesi dei superfood ci si affida a studi che atti su colture cellulari, lavori preliminari eseguiti in condizioni molto diverse da quelle che si osservano nell’organismo.

Difatti, non è da sottovalutare il fatto che “in un essere vivente è sempre presente una complessa rete di reazioni e relazioni tra i vari elementi coinvolti che può portare a risultati drasticamente diversi da quelli osservati in un sistema decisamente più semplice, come quello indagato prendendo in considerazione cellule isolate o colture tissutali. Un problema analogo esiste quando gli studi sono stati eseguiti esclusivamente su modelli animali: si tratta di risultati che vanno interpretati con molta cautela a causa delle apprezzabili differenze fisiologiche che esistono tra specie diverse”.[2]

Sebbene sia vero che alcune proprietà siano condivisibili, come il contenuto di amminoacidi essenziali nei nuovi pseudocereali, cereali o legumi – dall’altro esiste molta  disinformazione.

Seppur vero che alcuni alimenti contengano molti antiossidanti non si dovrebbe comunque pensare che possa in qualche modo prevenire l’invecchiamento o lo sviluppo di neoplasie.

La dieta è certamente un fattore determinante ma, studi alla mano, non si è ancora dimostrato che i cibi in questione possano realmente diminuire l’incidenza di patologie neoplastiche.

CONCLUSIONI

Il “European Food Information Council” ha dichiarato che non è corretto rispettare una dieta esclusivamente a base di superfood, in quando l’intero profilo nutrizionale può essere fornito solo per mezzo di una dieta varia ed equilibrata – specialmente ricca di frutta e verdura.

 Secondo il “Cancer Research UK”, il termine superfood è in realtà solo uno strumento di marketing, con poche basi scientifiche a sostegno di qualsivoglia effetto per la salute. Nonostante i superfood vengano spesso commercializzati come forma di “prevenzione o cura” di malattie gravi come il cancro, il “Cancer Research UK” avverte che i superfood non possono sostituire una dieta globalmente sana ed equilibrata.

Catherine Collins, capo dietista del “St George’s Hospital” di Londra, sostiene che il termine andrebbe considerato potenzialmente fuorviante e pericoloso.

In conclusione, “indicare un alimento come rimedio ad ogni male, come fonte di salute e benessere quando lo si mangia in quantità, è profondamente sbagliato e, in molti casi, disonesto; in questo modo si concentra l’attenzione sul consumo di un singolo alimento o gruppo di alimenti – magari escludendone altri, considerati cattivi a priori — e si riduce l’attenzione verso la dieta nel suo complesso.

E ancor meno utile è ingozzarsi di integratori, polveri ed estratti tutti “naturali” che dovrebbero concentrare le virtù di chilogrammi di supercibi in una singola capsula, un’abitudine profondamente diseducativa: spesso chi ne fa un uso intensivo non ha la minima cura verso gli alimenti che consuma e utilizza questi preparati come supporto per supplire a vizi e abitudini sbagliate che non riesce a sconfiggere.

Esistono ovviamente cibi più salutari di altri, così come esiste del cibo spazzatura decisamente problematico quando consumato in quantità.

Il problema reale non è tanto quanti supercibi riuscite a infilare nei vostri pasti, ma la dieta nel suo complesso e lo stile di vita più in generale.

Se il tanto decantato supercibo è inserito nell’ambito di un’alimentazione varia, ricca di frutta e verdura, con un apporto calorico adeguato ai bisogni reali, magari un piccolo contributo al benessere generale potrebbe realmente darlo, anche se magari non così rilevante come promesso sulla confezione.

Se la vostra dieta è monotona, troppo ricca, se fumate o siete sedentari non aspettatevi miracoli: nulla potranno le bacche tutte naturali, che arrivano dal profondo della foresta amazzonica, nei confronti di tante scelte sbagliate.

Per il benessere e la salute non dobbiamo fare affidamento sulla selezione di un ristretto numero di cibi miracolosi: è necessario invece prestare attenzione alla dieta nel suo insieme e al proprio stile di vita in generale, individuare e correggere gli errori più macroscopici, ridurre i fattori di rischio più importanti. Poi, fatto questo, se volete utilizzare più zenzero e curcuma, se andate pazzi per la quinoa, se le bacche di goji e di aronia vi sembrano paradisiache, fate pure. Ricordate però che è lo stile di vita nel suo complesso a fare la differenza e che si tratta di una sfida che si gioca sul lungo periodo: quello di una vita intera”[3]

APPENDICE

LA CONTROVERSIA SUGLI STUDI CLINICI EFFETTUATI PER CARATTERIZZARE I SUPERFOOD

Riportiamo le parole del Nutrizionista Maurizio Tommasini:

“I problemi ci sono anche quando abbiamo a disposizione studi su umani, anzi divengono probabilmente maggiori. È necessario capire di che tipo di studi si tratta: di studi osservazionali, in cui si indagano gli effetti di diverse diete su diversi gruppi di persone, o di studi di intervento, nei quali viene modificata la dieta dei soggetti coinvolti per valutare l’effetto di specifici alimenti? Inoltre qual è il numero dei soggetti studiati? Si tratta di soggetti sani o di popolazioni particolari, magari affette da specifiche patologie? Qual è la durata dello studio? E quali i marcatori presi in considerazione?

Prendiamo in esame uno studio in cui a sedici soggetti sovrappeso sono stati fatti consumare duecento grammi al giorno di una miracolosa bacca ricca di antiossidanti: un protocollo di studio tipico per un tipico superfood. Dopo trenta giorni si registra una diminuzione statisticamente significativa di alcuni marcatori utilizzati come indice di rischi per malattie metaboliche e cardiovascolari. La conclusione è che il supercibo in esame è davvero utile nella prevenzione delle patologie indagate. Se però consideriamo con più attenzione natura e risultati del lavoro vediamo che si tratta di uno studio su una popolazione particolare, individui sovrappeso, con un numero limitato di soggetti e quindi un valore statistico suscettibile di forti distorsioni  proprio a causa del campione ridotto. Inoltre lo studio ha una durata limitata e molto spesso certi effetti che si osservano nella prima fase di un lavoro tendono a scomparire nel tempo. Infine, ciliegina sulla torta lo studio prevede il consumo di una quantità enorme dell’alimento, 200 grammi ogni giorno per un mese: a parte la difficoltà e il costo per mantenere nel tempo consumi tanto elevati, dobbiamo chiederci anche se l’effetto  positivo sui marcatori indagati non sia accompagnato da effetti negativi su altri parametri che non sono stati considerati, o se un consumo prolungato nel tempo dell’alimento non possa creare, a lungo andare, problemi peggiori di quelli che dovrebbe risolvere.

Nella promozione e nel marketing di certi cibi non si va tanto per il sottile: si cerca nella vasta e costante produzione della letteratura scientifica e si scelgono quegli studi che confermano la nostra tesi iniziale. Se il nostro alimento è ricco di vitamina K non sarà certo difficile trovare lavori che mostrino come un certo consumo giornaliero di vitamina K possa avere un qualche effetto positivo, magari utilizzando in maniera impropria lavori preliminari che richiederebbero robuste conferme tramite studi clinici o studi randomizzati in doppio cieco.

L’ultima considerazione riguarda l’apporto che il consumo del superfood di turno può dare in condizioni reali. Le bacche di goji sono tra i supercibi più gettonati e se ne decanta il rilevante contenuto di potassio, ferro, vitamina B2 e antiossidanti. In realtà una porzione di queste bacche, una trentina di grammi,  contiene appena il 7% della Dose Giornaliera Consigliata  di potassio, il 14% di quella di ferro e il 21% di B2. Non si tratta certo di valori stratosferici e il semplice consumo di un poco di banale verdura e frutta delle nostre parti assicura un apporto paragonabile, se non superiore, a parità di calorie consumate. Inoltre soltanto una piccola parte del ferro e gli antiossidanti presenti sono assorbiti: la maggior parte di queste sostanze viene eliminata o metabolizzata molto rapidamente nel nostro organismo, senza mai arrivare a svolgere la funzione specifica che tanti studi avrebbero evidenziato.

In definitiva le variabili sono tante e separare le esagerazioni del marketing da quanto ci dicono i dati reali non sempre è facile ma è operazione necessaria, buona e giusta, per poter mettere nella corretta prospettiva vantaggi e svantaggi che il consumo preferenziale di certi superfood può comportare”.

STORIA DEL SUPERFOOD[4]

Storia dei superfood

Il termine venne usato per la prima volta nel 1949 in un giornale canadese, nel quale si descrivevano alcune presunte qualità nutrizionali di un muffin.

Alla fine del XX e all’inizio del XXI secolo, il termine “superfood” era già usato come strumento di vendita per il commercio di alimenti specifici, integratori alimentari, cibi con additivi selezionati e testi di autoaiuto sulla terapia nutrizionale.

Nel 2004, in maniera del tutto libera, venne coniato il termine “superfruit”, una designazione basata esclusivamente su una strategia di marketing.

Del 2007, in Unione Europea (UE), se non sostenuto da ricerche scientifiche accreditate e riconosciute, è stato proibito il commercio di superfood accompagnati da “Healt Claims” (indicazioni su eventuali effetti benefici / terapeutici per la salute).

Economia[5]

Industria dei superfood

Nel 2007 si prevedeva che, entro il 2011, grazie all’avvento di migliaia di nuovi superfruit, quella dei superfood diventasse un’industria globale da miliardi di dollari. Secondo “Datamonitor”, tra il 2007 e il 2008, il lancio di prodotti è cresciuto del 67%, ma ha poi subito una significativa diminuzione a partire dal 2011, quando la vendita di prodotti alimentari e non alimentari a base melograno, açaí o goji sono diminuite del 56 % (2011-2012 vs 2009-2010).

Più di una dozzina di studi su cibi e bevande funzionali hanno fatto riferimento a varie specie esotiche di superfruit che, nel 2007-2008, hanno visto l’introduzione di oltre 10.000 nuovi prodotti. Frutti relativamente rari, provenienti dall’Oceania (noni), dalla Cina (goji, seabuckthorn / Genere Hippophae), dal sud-est asiatico (mangostano) o dal Sud America tropicale (açaí), sconosciuti ai consumatori americani, sono stati tra i primi superfruit di successo (dal 2005 al 2010); la loro popolarità è tuttavia diminuita tra il 2010 e il 2013. Nello stesso periodo, l’unico prodotto ad aver mantenuto lo stesso livello di consumo è stato il melograno.

La società “Tahitian Noni” ha iniziato a vendere succo di noni nel 1996 guadagnando miliardi di dollari nei primi 10 anni. Alcuni rapporti hanno mostrato che i prodotti a base di melograno – come succo di melograno e spremuta di melograno – sono cresciuti di quasi il 400 % nel periodo 2005-2007, superando i 6 anni precedenti. Analogamente, le vendite di “XanGo”, un succo di frutta multiplo contenente anche mangostano, è cresciuto da 40 milioni di dollari nel 2002 a $ 200 milioni nel 2005.

Nel 2005 sono stati introdotti ben cinquemila nuovi prodotti solamente nella categoria dei frutti di bosco. Il gruppo superfruit è rientrato nella “top 10” delle tendenze globali per l’anno 2008. Al 2013, tuttavia, la crescita del settore è rallentata, con un numero calante di novità. Dal 2011 al 2015, il numero di prodotti alimentari o bevande contenenti le parole “superfood”, “superfruit” o “supergrain” è comunque raddoppiato.

 

[1] Mypersonaltrainer

www.mauriziotommasini.it

www.naturalebio.com

[2] www.mauriziotommasini.it Maurizio Tommasini, Biologo Nutrizionista, si occupa di alimentazione, dieta e attività fisica, con servizio di consulenza diretta nei propri studi. Ha particolare esperienza con diete chetogeniche, dieta FODMAP e alimentazione per lo sport. Svolge da anni attività di divulgazione su temi legati a nutrizione, salute e benessere, sul web e altri media.

[3] www.mauriziotommasini.it

[4] Mypersonaltrainer

[5] Mypersonaltrainer

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