Tra i grandi popoli con usi e tradizioni veramente speciali, si annoverano senza dubbio i Nativi d’America o Nativi Nordamericani.

Un popolo unico nel suo genere, protagonista di molte vicende importanti del Nuovo Continente, ricco di spiritualità, riti e tradizioni profondamente legate alla natura e alla spiritualità.

Questo popolo guerriero, dal profondo rispetto per la natura e per l’equilibrio della vita, ha affascinato nei secoli molti appassionati di storia e sociologia, non tanto per le conquiste in termini di potenza economica (motivo per il quale si ricordano i Romani, i Greci o altri popoli famosi) ma più che altro, per la loro connessione intima e profonda con Madre Natura, per il suo legame profondo e strutturato con la Madre Terra, che questo popolo riesce a tramandare nel tempo senza affanno.

I Nativi americani vengono spesso citati per le loro doti di guerrieri, cacciatori e guaritori, ma in questo articolo, approfondiremo un aspetto meno considerato ma non meno importante della loro cultura: le tradizioni, costumi ed abitudini alimentari.

L’intento è capire e spiegare il profondo legame di rispetto ed equilibrio che questo popolo nutriva per le colture e per le risorse della Terra in generale che ne hanno fatto involontariamente dei veri e propri ambasciatori di uno stile di vita “green” ecosostenibile ed equilibrato dal punto di vista del benessere, già da secoli.

LA STORIA

Gli abitanti del Nuovo Continente, i Nativi Americani, sono un popolo antico, che giunse dall’Asia, in quegli che ora chiamiamo Stati Uniti 15.000 anni fa ed è caratterizzato da una vera e propria mescolanza di etnia e culture.

Nondimeno, prima dell’arrivo dei coloni, vi era una divisione del territorio americano dei Nativi in tanti sotto territori appartenenti a diversi Gruppi di Nativi (o “Nazioni” anche dette) che si diramavano in aree ecologiche e culturali con ben 7 phylum linguistici (insieme di lingue che presentano caratteristiche comuni, ma non sufficienti a consentirne il raggruppamento in famiglia.)

Tali phyla generarono circa 500 entità sociali composti da insieme di famiglie (le bande) o vere e proprie tribù o strutture più complesse come confederazioni, principati, potentati e addirittura “imperi”.

Con l’arrivo della colonizzazione europea nel territorio delle Americhe a partire dal 1492, il popolo dei Nativi ha subito un vero e proprio declino e sterminio, causati sia dalla pulizia etnica attuata attraverso dei veri e propri stermini di massa da parte dei coloni, sia per le malattie di provenienza europea che, sconosciute alle popolazioni locali indigene e per le quali non avevano alcuna immunità, risultarono fatali.

Anche dopo la nascita degli Stati Uniti, la popolazione nativa ha continuato a subire massacri subendo anche l’espropriazione forzata di terre ancestrali, risorse, porzioni di territorio, potere, usanze, riti, religione, grazie anche a contratti unilaterali e politiche di governo discriminatorie.

Attualmente sono rimaste solamente 574 tribù riconosciute a livello federale presenti sul territorio statunitense, la cui metà sono legate alle Riserve Indiane.

INDIANI PELLEROSSA: l’origine del nome

Dall’arrivo di Colombo il 12 Ottobre 1492 presso la cittadina di Guanahani (nelle Bahamas) i nativi americani vennero chiamati Indiani Pellerossa a causa della credenza di Colombo di aver raggiunto l’India.

Difatti, secondo i suoi calcoli partendo da Puerto de Santa María, in Spagna, in due mesi e qualche giorno avrebbe potuto raggiungere l’India via mare navigando su rotte sconosciute via oceano e l’arrivo nel Nuovo Continente venne scambiato inizialmente per l’arrivo alla tanto agognata meta originaria indiana.

Solo dopo 15 lunghi anni, dopo aver visto la scarsità di risorse quali oro e spezie i coloni capirono di essere giunti ad un nuovo continente, che chiamarono appunto America.

USI E COSTUMI

Nonostante l’intero popolo dei Nativi sia conosciuto come popolo di formidabili cacciatori, guerrieri e sciamani guaritori, con un profondo legame spirituale ed energetico verso la Natura e i suoi abitanti, la popolazione è frammentata in varie Tribù con lingue ed usanze molto diverse.

All’arrivo dei coloni si contavano più di 300 lingue diverse indigene, la cui maggioranza sono scomparse e le restanti sono a rischio estinzione.

Tuttavia, una costante di tutte le tribù consiste nei riti con balli di gruppo eseguiti con diversi stili e varianti a seconda dello scopo per il quale si danza: dalla richiesta di prosperità a madre Natura, alla danza della pioggia, alla danza del bisonte e alla famosa danza del sole, ballo propiziatorio per richiedere salute e prosperità.

La parte religiosa della tribù era curata e incoraggiata dai Capi Tribù che svolgevano riti, cerimonie (con digiuni e offerte) e tramandavano le usanze e le credenze alle generazioni più giovani.

Una usanza molto importante che ancora oggi si celebra è la cosiddetta pow-wow, ossia il raduno di tutte le Tribù del Nord America.

In fatto di abbigliamento, gli uomini erano solito indossare pellicce, calzoni, pantaloni di pelle di cervo o bisonte come protezione dal freddo, le donne abiti di pelle e vesti lunghi fino ai piedi, pelle di animali e accessori come piume e pellicce come oggetti decorativi.

RELIGIONE E CREDENZE

Il fulcro della vita dei Nativi è certamente la religione e le loro credenze legate al rapporto con la Natura.

In ogni tribù vi erano i propri riti, credenze, leggende e rituali unici, ma in ogni religione era ricorrente un approccio di animismo: ossia la concezione tipica dei popoli primitivi, secondo cui ogni fenomeno o accadimento dell’universo sono dotati di anima e vivono di vita propria, una loro vita spesso creduta divina e degna di culto.

Nella zona del Pacifico Nord-occidentale, gli Indigeni credevano nell’esistenza di un sistema di Spiriti Guardiani quali animali, alberi, persone e persino alcuni oggetti inanimati come il vento, le tempeste e l’acqua che guidassero e sorvegliassero tutti gli essere viventi, con a capo il Grande Spirito, l’essere supremo che vegliava su ogni cosa e assumeva forme diverse in ogni Tribù.

Nella parte sud orientale del territorio, alcune tribù credevano nell’esistenza di “Tre mondi (tra i quali gli spiriti possono viaggiare) che includono: il mondo superiore (perfetto e puro), il mondo inferiore (caotico e spaventoso) e questo mondo (nel quale vive l’uomo responsabile di mantenere l’equilibrio tra i 3 mondi).

Avvicinarsi agli spiriti era molto importante e per questo necessario e permesso provocarsi allucinazioni con droghe, digiuni, ore passate nel deserto in meditazione, autolesionismo e altro, al fine di ottenere le tanto sognate visioni degli spiriti per ricevere guida e supporto nelle decisioni importanti della vita.

LE ABITUDINI ALIMENTARI

Le abitudini alimentari di questo grande popolo sono molto interessanti se si pensa alla varietà di tribù e relativi riti e costumi.

In base alla zona di appartenenza troviamo diverse abitudini:

  • Al nord la caccia di selvaggina è il maggiore sostentamento.
  • Lungo la costa si consumavano frutti di mare e crostacei cotti al vapore o arrostiti con l’uso di pietre ardenti sotto la sabbia.

Dei tradizionali piatti indigeni siamo venuti a conoscenza grazie alle tradizioni tramandate nel corso del tempo dagli anziani e dai saggi alle nuove generazioni e ai coloni americani che invasero il territorio.

I pasti principali erano soliti essere:

  • Zuppe: zuppa di granturco, zuppa di trota, zuppa di pomodori, zuppa di zucca gialla, zuppa di carciofi.
  • Carne: chilli classico, cervo arrosto e riso selvatico, coniglio stufato e dumplings (pasta fatta con farina d’avena e bollita), pernice con uva e mele, quaglie con anacardi, tacchino arrosto, stufato di gallina.
  • Pesce: gamberi alla Cajun (nome di una tribù), granchio al forno, stufato di lumache di mare, anguilla al forno.
  • Verdure: ortica al burro, Succotash Mohegan (piatto ricco e colorato a base di fagioli, mais e peperoni, costituito principalmente da fagioli di lima (o altri fagioli), mais dolce e peperoni (possibilmente verdi), ma si possono aggiungere anche altre verdure (zucchine, cipolline fresche, pomodorini) e arricchito con lardo e burro), salsa (una salsa argentina a base di prezzemolo, origano, aglio e peperoncino).
  • Dolci: torta ai semi di girasole, biscotti alle nocciole, pasticcio di anacardi e zucca.

Vi è da sottolineare, che non tutte le popolazioni prediligevano la carne di bisonte come si è soliti dipingere nello scenario stereotipato tramandato dai fumetti, cinema e Media in generale.

Difatti, data la vasta differenziazione di habitat e climi all’interno dell’enorme territorio nord americano, quali le distese ghiacciate dell’Artico, i deserti dell’Arizona e di Sonora, le foreste pluviali della British Columbia, i boschi decidui della Virginia e della Carolina, le grandi pianure lungo il sistema fluviale Mississippi-Missouri e le paludi della Florida; comporta che le tradizioni alimentari subiscano una forte caratterizzazione in base al clima e al territorio.

Ogni territorio infatti, possiede una miriade di specie animali e vegetali autoctone e particolari di quel microclima che venivano cacciate, consumate o coltivate.

IL RAPPORTO TRA CIBO E RELIGIONE

Al di là di tutte le specifiche delle varie zone suddette, vi è una costante non indifferente tra le diverse zone, ossia l’assenza di vero e proprio allevamento di bestiame (tranne che per cani e tacchini che venivano consumati in rare occasioni specifiche) e per tale motivo non era difficile che la popolazione avesse periodi di magra con forte scarsità di cibo e risorse.

Essa veniva vista come una minaccia alla quale poneva rimedio l’intervento di un eroe mitologico che lasciava in eredità alla popolazione un rimedio specifico sottoforma di rito, per evitare che la carestia si ripresentasse nuovamente.

Tale approccio di accettazione di una alternanza di periodi di forte scarsità e periodi di maggiore abbondanza mettono in luce il caratteristico punto di forza della popolazione indigena che fece proprio il concetto di sano ed equilibrato rapporto con le risorse della natura.

Tale forte equilibrio nel rispettare i cicli della natura e nell’accettare e non forzare l’arrivo delle risorse è stato per secoli il motivo per il quale questo popolo ha da sempre amato e ricevuto tanto dalla Terra, valorizzandola, senza mai sfruttarla o distruggerla.

Tale principio, molto lontano dal principio di conquista e sfruttamento esacerbato tipico della cultura occidentale, dovrebbe portarci a riflettere di come il nostro approccio moderno dovrebbe prendere spunto dai vecchi riti antichi dei nativi in ottica di un approccio green ed ecosostenibile che tanto aneliamo a raggiungere.

Non a caso, mentre per i Nativi, l’avere cibo veniva visto come un vero e proprio miracolo, tanto da portarli a consumarlo con molti riti e cerimonie per quanto raro fosse l’evento, per noi moderni occidentali l’onnipresenza del cibo e l’eccessivo consumo portano ad enormi sprechi e alla mancanza più totale di rispetto delle risorse alimentali e naturali.

Inoltre, se pensiamo all’approccio animista che aveva il popolo dei Nativi (secondo il quale gli spiriti governavano ogni manifestazione naturale) il sostentamento veniva percepito come un vero e proprio evento spirituale, che li portava ad apprezzare, gustare e rispettare gli alimenti in ogni sua parte.

Tale visione spirituale del cibo, è stata completamente pesa ed abbandonata dal mondo moderno e potrebbe essere invece, un concetto interessante per ricostruire una identità alimentare non più struttura sul consumo e sullo sfruttamento, ma sulla degustazione del cibo come un evento o esperienza che ci arricchisca non solo a livello fisico ma anche spirituale.

Non a caso, secondo le credenze indigene, il numero degli animali rimaneva sempre invariato in quanto ogni preda uccisa si rincarnava nuovamente in un nuovo esemplare per un ciclo eterno senza sosta.

Qualora vi fossero periodi di penuria di prede si attribuiva la colpa ad un atteggiamento sbagliato di quale membro della tribù che si pensava avesse rotto un tabù (una convinzione marcata radicata nella cultura locale su un determinato argomento); quale ad esempio aver sbagliato abbinamento di cibi. Un eventuale trasgressione portava ad un vero e proprio disastro secondo le convinzioni locali che portavano a punire il trasgressore severamente.

Il RAPPORTO TRA LA DONNA E LE PREDE DELLA CACCIA

Altro interessante connubio quasi magico era la concezione di come le donne potessero influenzare l’esito della caccia e di come si organizzasse la caccia nel massimo rispetto degli spiriti guardiani delle prede, proprio a rimarcare lo stretto legame presente tra le popolazioni indigene e il contesto naturale.

Difatti vi erano veri e propri rituali che le donne dovevano rispettare affinché la caccia fosse propizia.

La donna e il kayak: quando una donna cuciva le pelli di un kayak, in genere eseguiva il lavoro indossando un indumento impermeabile, in modo che il suo odore non impregnasse l’imbarcazione, mettendo in allarme le prede.

La donna e la foca: era proibito che cadessero capelli di donna nel parka di un cacciatore di foche, perché veniva considerato offensivo per gli animali. Una volta uccisi, i loro spiriti si sarebbero lamentati della negligenza della donna, decidendo di stargli alla larga nella vita successiva.

La donna e la balena: la moglie del capo baleniere presso i nativi della Costa Nord Ovest, rappresentava simbolicamente la balena. Per questa ragione, durante la caccia, era soggetta a molti tabù.

Alcuni esempi: in casa, quando doveva sedersi, occorreva che lo facesse volgendo le spalle al mare: in questo modo le balene, imitandola, si sarebbero dirette verso riva e non al largo. Era necessario che mangiasse cibi molto grassi, così che le prede sarebbero state altrettanto grasse. Non le era permesso pettinarsi, dal momento che se i capelli si fossero aggrovigliati, ciò avrebbe causato anche l’aggrovigliamento delle funi agganciate agli arpioni.

Non sorprende che tutte queste credenze avessero un risultato ottimale a livello ambientale, in quanto tale approccio ecosostenibile permise ai Nativi di avere un sano equilibrio con il proprio habitat in ottica di condivisione di risorse e sviluppo di nuove con una crescita sana e sostenibile dalla quale certamente prendere spunto.

  

APPENDICE

Per chi fosse interessato ad approfondire la lettura riportiamo un passo dettagliato con le specifiche alimentazioni locali zona per zona.

Di seguito riportiamo alcuni territori maggiori e le principali usanze alimentari:

  1. Regione Artica: territorio vastissimo che si estende dall’Alaska, fino al Labrador ed alla Groenlandia.

In passato era abitata soprattutto da popolazioni Aleutine, Yupik e Inuit.

Dal momento che l’agricoltura non è praticabile sui ghiacci del pack e sul permafrost, le principali fonti di cibo dei nativi in questa zona furono:

  • La caccia ai mammiferi marini: su tutti foche, leoni marini e balene.
  • La caccia al caribou, praticata specialmente durante i mesi estivi.
  • La caccia agli uccelli acquatici e migratori, (anch’essa in estate).
  • La pesca.

Solitamente la carne non veniva cucinata ed era usanza consumare anche gli organi interni e il grasso come apporto di Sali minerali, alcune vitamine e proteine e sale. In particolare, il fegato era considerato molto prelibato e la bile veniva usata come salsa da codimento.

  1. Regione Subartica: fascia di territorio compresa tra la parte interna dell’Alaska (a ovest) e l’Oceano Atlantico (ad est). Le principali fonti di cibo in quest’area furono, in ordine di importanza:
  • La caccia al caribou nella zona settentrionale e al moose (alce canadese) in quella meridionale. Anche orsi, castori, porcospini, cervi e conigli erano spesso utili a sfamarsi.
  • La pesca, fondamentale per coloro che vivevano nel bacino dello Yukon e dei suoi affluenti.

Nella costa atlantica in particolare, si consumavano prettamente molluschi e crostacei e avendo pochi vegetali a disposizione si mangiavano bacche (more, mirtilli, lamponi, ribes) e radici.

  1. Costa Nord Occidentale: striscia di terra compresa tra l’Oceano Pacifico, a ovest, e le catene montuose coperte dall’impenetrabile foresta pluviale nordica, ad est.

Le principali fonti di cibo per i Nativi di questa regione erano:

  • La pesca, soprattutto quella al salmone del Pacifico. Grande importanza avevano anche il candlefish, l’halibut e il merluzzo.
  • La caccia ai mammiferi marini:la balena megattera (humpback) e la grigia.

Interessante è l’utilizzo di alghe come riserva alimentare, che venivano raccolte essicate e ricomposte in pani messi da parte per i periodi di carenza di risorse.

La raccolta di piante, bacche e radici (specialmente i bulbi di camas, varie tipologie di more e la salal-berry) era anch’essa importante per la dieta di questi abitanti

  1. Plateau: questi altopiani sono compresi a nord tra le provincie canadesi della British Columbia (ad oriente) e dell’Alberta (ad occidente). A sud, tra gli stati americani di Washington (ad oriente) e del Montana (ad occidente). Grazie alla sua particolare posizione, la regione presenta zone ecologiche piuttosto differenziate tra loro.

Le principali fonti di cibo dei Nativi in quest’area furono:

  • La caccia, soprattutto di animali di grossa taglia, come ad esempio l’alce (principalmente nella zona a settentrione).
  • La pesca, soprattutto quella al salmone (ad ovest).

Coloro che vivevano a sud potevano permettersi una dieta mista: alla raccolta di bacche, frutta e vegetali vari, si affiancavano la pesca e la caccia di selvaggina di piccola taglia (daini, conigli, etc.). Prezioso il ruolo della radice di camas (Camassia leichtlinii).

  1. Grandi Pianure del Nord America: dal Canada al Golfo del Messico. Le principali fonti di cibo dei Nativi in questi territori furono, in ordine di importanza:
  • La caccia, soprattutto quella al bisonte. Il cervo, il daino, l’antilope, l’orso e la selvaggina di piccola taglia rappresentavano possibili alternative.
  • La raccolta: venivano mangiate bacche (ingrediente principale nella preparazione del famoso ‘pemmican’) e radici.

Le tribù che vivevano nelle zone prossime alle Regioni delle Praries e del Sudovest, riuscivano spesso a procurarsi mais, fagioli e zucche, grazie a commerci o spedizioni di guerra. Il pesce veniva in genere trascurato come alimento.

  1. Praries’ e Grandi Laghi: le principali fonti di cibo delle popolazioni che vivevano in questi territori furono, in ordine di importanza:
  • La caccia al bisonte.
  • L’orticoltura, diffusa nella zona delle pianure. I principali prodotti erano mais, fagioli e zucche, coltivati dalle donne nei piccoli appezzamenti di terreno che circondavano i villaggi invernali.
  • La pesca, praticata soprattutto nell’area dei Grandi Laghi. Le battute in genere si tenevano di notte: i pesci di acqua dolce venivano infatti attirati dalla luce delle torce.

Le tribù che vivevano presso i confini orientali delle Plains, inizialmente si nutrirono dei bisonti dei boschi. Una volta che gran parte di questi animali fu sterminata, la loro dieta iniziò a basarsi sulla caccia alla selvaggina (cervo e daino) e sulla raccolta di bacche e radici.

  1. Nordest e Sudest: le fonti di cibo delle popolazioni che vivevano in queste regioni furono, in ordine di importanza:
  • L’orticoltura. Questa sopperì ad almeno il 50% del fabbisogno alimentare del Nordest. Nel Sudest, la presenza di grandi città e di una società più complessa, permise lo sviluppo di un’agricoltura strutturata: i principali prodotti erano mais, fagioli e zucche.
  • La caccia. Questa coprì il restante 50% del fabbisogno nel Nordest e rappresentò la seconda fonte di cibo nel Sudest. Le principali prede erano cervi, daini ed orsi. Venivano cacciati anche animali di piccola taglia come lepri, conigli e tassi, oltre ad uccelli come il tacchino, il cigno, il tuffolo e vari tipi di anatre. Nelle zone settentrionali si praticava la caccia alla foca e alla balena. In Florida e nelle aree paludose del Sudest una delle prede preferite era l’alligatore.
  • La pesca. Un’attività di grande importanza, soprattutto per le popolazioni costiere. Venivano catturati sia pesci d’acqua dolce che marini (salmone dell’Atlantico, merluzzo e aringhe). Da sottolineare inoltre il consumo di molluschi e di frutti di mare.
  • La raccolta. I Nativi di questa zona si nutrivano di vari tipi di noci e ghiande, oltre che di frutta selvatica.
  1. Grande Bacino: questo territorio era caratterizzato, soprattutto nelle aree desertiche, da una notevole scarsità di risorse alimentari. Le fonti di cibo delle popolazioni che vi abitavano furono, in ordine di importanza:
  • La raccolta. Soprattutto di semi, radici, tuberi e pinoli (piñon).
  • La caccia. Nell’arido meridione gli animali a disposizione erano molto pochi: si potevano trovare solo conigli, vari tipi di roditori, serpenti ed insetti (soprattutto cavallette). Nella zona settentrionale e presso le Montagne Rocciose venivano cacciati il cervo, l’antilope e la capra di montagna.
  1. California, Bassa California e Nordovest del Messico: le fonti di cibo delle popolazioni che abitavano in queste regioni furono, in ordine di importanza:
  • La raccolta. Soprattutto di pinoli (piñon) e di vari tipi di ghiande (acorns). Si consumavano anche la yucca, i fagioli mesquite e l’agave. La pianta del cactus era particolarmente preziosa nelle zone desertiche: ci si poteva infatti nutrire dei suoi frutti (freschi o secchi), dei semi (secchi o arrostiti) e della polpa. Dalla sua spremitura si otteneva una bevanda.
  • La caccia. Nella parte meridionale della California e nel Messico settentrionale, la fauna di grosse dimensioni era abbastanza rara e occorreva quindi cibarsi di piccoli roditori e conigli. La dieta comprendeva inoltre rettili e insetti. Sulla costa venivano cacciati alcuni mammiferi marini. Nella parte centro-orientale della California (in prossimità alle Montagne Rocciose) si potevano trovare animali più grossi come cervi, capre di montagna e orsi.
  • La pesca. Praticata sulla zona costiera, non aveva grande peso. La dieta era integrata da alcuni tipi di molluschi.
  1. Sudovest: in epoca precolombiana, le fonti di cibo dei popoli Hohokam, Mogollon e Anasazi/Pueblo furono, in ordine di importanza:
  • L’agricoltura. Gran parte della dieta locale era basata sul mais, coltivato in diverse varietà. Spesso veniva utilizzato per produrre un particolare tipo di pane, il cosiddetto ‘piki’ (parola hopi).
  • La raccolta di pinoli, noci e dei frutti del cactus Saguaro.
  • La pesca. Sebbene i pesci non facessero parte della dieta dei Pueblo, venivano mangiati occasionalmente dalle popolazioni che vivevano lungo il Rio Grande.

L’arrivo di tribù Dené (Navajo e Apaches) dai territori del bacino dello Yukon, modificò almeno in parte le abitudini alimentari nella regione.

I Denè erano popoli nomadi di cacciatori e raccoglitori che, almeno inizialmente, imposero ai Pueblo un commercio ‘diseguale’ tra prodotti agricoli e cacciagione (in primis, il bisonte).

Durante il XVIII secolo, alcuni gruppi cercarono di convertirsi all’agricoltura, ma la caccia e la razzia rimasero la loro principale fonte di approvvigionamento di cibo. Questa situazione perdurò fino a quando l’esercito degli Stati Uniti impose ai Navajo l’uso della pastorizia.

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