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A chi non fa piacere fare shopping?

La vera droga del 21 esimo secolo è senza dubbio comprare, l’acquisto compulsivo dal vivo o online che tanto e troppo spesso diventa una vera e propria dipendenza.

E ancora meglio, a chi non piace comprare con i saldi, sconti e promozioni?

Il famoso Black Friday, il venerdì degli sconti e promozioni di tutte le attività commerciali, è il vero portavoce di  tutti gli effetti di questo fenomeno sempre più diffuso ma anche pericoloso.

Il venerdì nero di fine novembre, giorno delle occasioni e dello shopping compulsivo spesso per cose futili e non necessarie, è diventato un autentico problema in tema ambientale.

Difatti, il rito del Black Friday va avanti da diversi decenni ed è sempre più atteso e adorato da molte persone essendo un appuntamento importante sia per il commercio dal vivo, sia per quello online.

Venne istituito dai grandi magazzini americani nel 1924 proprio dopo il Ringraziamento per dare un impulso agli acquisti natalizi ma ad oggi, il giorno nero dello shopping globale è ormai diventato una ricorrenza in tutto il globo e anche in Italia, con tante offerte speciali e promozioni di cui approfittare.

Esiste però un lato oscuro del giorno deò Black Friday, a livello di impatto ambientale che non viene sempre ricordato: il suo effetto ricade non solo sulle tasche dei consumatori, ma anche sull’ambiente.

Difatti, diversi esperti in tutto il globo hanno provato a calcolare l’impatto nella settimana di sconti, in termini di inquinamento atmosferico e le stime che hanno portato alla luce sono numeri “neri” preoccupanti che devono portare a riflettere e agire.

Di seguito scopriamo tutti i dettagli.

LA NASCITA DEL BLACK FRIDAY

Il Black Friday è un evento made in USA, la cui nascita negli Stati Uniti coincide con il venerdì successivo al Giorno del ringraziamento (il quarto giovedì di novembre).

Dagli anni ’20 periodo della sua nascita effettiva, il fenomeno prende piede soprattutto dagli anni ’50 diventando a tutti gli effetti una ottima occasione per i consumatori e le attività, di inaugurare la stagione dei saldi e dello shopping per aiutare il portafoglio dei consumatori ed incentivare lo shopping natalizio che solitamente si svolgeva prima del periodo delle festività di Natale, durante il quale, i grandi magazzini venivano presi d’assalto in maniera caotica e nevrotica dalle orde dei clienti che cercavano le occasioni imperdibili.

Si racconta che il suo nome derivi dall’appellativo utilizzato dai poliziotti di Filadelfia per descrivere il caos che regnava nelle strade della città in quel giorno, definito appunto “venerdì nero”.

Solo a partire dagli anni ’80 il termine Black Friday ha assunto rilevanza nazionale e ancora di più con l’avvento di internet e dell’e-commerce, il fenomeno si è esteso a livello mondiale arrivando addirittura a dare origine a una nuova ricorrenza nel 2005: il Cyber Monday, il “lunedì virtuale” (successivo al Black Friday) dedicato allo shopping on-line direttamente dall’ufficio.

LA DIFFUSIONE DEL BALCK FRIDAY

Tutti i commercianti, sia le multinazionali sia i piccoli commercianti al dettaglio, aderiscono a questo evento ed ogni anno e studiano nuove strategie di vendita e forti scontistiche sui propri prodotti/servizi per indurre i consumatori all’acquisto compulsivo e sfrenato in modo da ottenere lauti guadagni.

Negli ultimi anni, il Black Friday serve soprattutto per incentivare l’acquisto online tramite e-commerce.

Negli USA, nel 2021, si sono spesi 109 miliardi di Euro. Nello stesso periodo, in Italia si è calcolato un volume d’affari di circa 3 miliardi di Euro, di cui 1,8 rappresentati dagli acquisti in rete (+21% rispetto al 2020).

Queste cifre sono destinate ad aumentare di anno in anno, grazie al crescente interesse da parte dei consumatori e il prolungamento della durata delle promozioni, non a caso al giorno d’oggi si parla addirittura di Black Week in quanto le promozioni si sono prolungate per una settimana e non più solo il venerdì canonico.

L’IMPATTO AMBIENTALE DEL BLACK FRIDAY

Sebbene questa iniziativa possa sembrare vantaggiosa dal punto di vista economico sulle tasche del consumatore e anche per le aziende, in quanto permette loro di affinare le tecniche di vendita e ottenere forti guadagni; in termini ambientale, la Black Week è un vero disastro ambientale per il pianeta e la società.

Dopo aver letto i numeri e la diffusione dell’evento capiamo come la mobilitazione causata da un avvenimento di simile portata porti delle conseguenze sull’ambiente non indifferenti.

I fattori chiave della diffusione del giorno del Black Friday e della relativa Black Week sono:

  • La comodità dell’esperienza di acquisto da dispositivo digitale (tablet, pc o smetphone).
  • Possibilità di acquistare con account registrati sui siti e mezzi di pagamento già salvati sui nostri dispositivi.
  • Il maggior agio che le piattaforme di e-commerce possono garantire nell’applicazione degli sconti e promozioni, coupon, tessere fedeltà e modalità di pagamento già verificate in pochi click.
  • La rapidità di consegna a casa dai corrieri (24-48 h o pochi giorni).
  • Risparmio di tempo e mobilità ridotta per il consumatore: si può acquistare senza doversi recare in negozio risparmiando tempo e spostamenti.

Tali aspetti determinano un incremento delle vendite online e un drastico aumento dell’inquinamento da trasporto da parte dei mezzi che consegnano la merce acquistata online.

Gli aspetti negativi del Black Friday e Black Week sono molteplici

  1. Inquinamento per emissioni CO2: uno studio britannico condotto nel 2020 ha stimato in circa 429 mila tonnellate di CO2 l’impatto del Black Friday per le consegne nel solo Regno Unito, l’equivalente di 435 voli A/R tra Londra e New York. Uno studio riporta come gli italiani che acquisteranno online e nei negozi fisici durante l’intera settimana contribuiranno all’immissione in atmosfera di circa 400mila di tonnellate di CO2 a livello globale.
  2. Altro aspetto da tenere in considerazione è quello relativo all’utilizzo di packaging e materiali poco sostenibili per la logistica.
  3. Aumento viabilità cittadina: l’aumento di persone in cerca di prodotti genera un aumento nel flusso di spostamenti e viabilità cittadina, generando traffico, ingorgi, disagi, confusione, percentuale di incidenti, inquinamento e altro con conseguenze negative sull’inquinamento atmosferico e il cambiamento climatico.
  4. Percorsi lunghi e con più passaggi per il pacco in transizione: il percorso che compie un prodotto prima di giungere a destinazione è spesso tortuoso e coinvolge più centri di spedizione passando da diversi paesi, nazioni, città, regioni aumentando la viabilità dei mezzi di trasporto mezzi.
  5. Molti materiali per l’imballaggio: per garantirne l’integrità si ricorre a imballaggi particolari, costituiti da cartone ondulato, pluriball, trucioli, polistirolo, foam, tutti materiali spesso non riciclabili che producono un accumulo di scarti senza eguali.
  6. Spreco di prodotti e generazione di rifiuti difficili da smaltire: inoltre, non è da sottovalutare il problema rappresentato dalla schiera di articoli perfettamente funzionanti – dispositivi elettronici in primis – abbandonati in favore degli ultimi modelli in circolazione. Questo eccessivo ricambio produce ingenti quantità di RAEE (Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche), le cui operazioni di smaltimento presentano ancora diverse criticità.
  7. Generazione di resi e ulteriore trasporto e relativo inquinamento: con l’aumento degli acquisti, aumentano anche i possibili errori e dunque i possibili resi con conseguente generazione di traffico, trasporto, inquinamento, e ulteriore spedizione con nuovo pacco con tutti i problemi annessi.

Tutti questi fattori negativi ci portano a riflettere: conviene chiedersi come poter fare, da consumatori, per contenere il più possibile questa ondata.

Tra over-produzione, grandi movimentazioni e trasporti poco sostenibili, il Black Friday è prima di tutto una giornata nera per il nostro Pianeta che, tra un acquisto d’impulso di troppo e infiniti resi, paga il conto di un consumismo sfrenato.

COME LIMITARE I DANNI DEL BLACK FRIDAY

Quali consumatori responsabili dell’ambiente e del futuro del pianeta possiamo intraprendere delle azioni per limitare i danni:

  • Se non si riesce a fare a meno di acquistare prodotti o si vuole usufruire delle promozioni meglio scegliere di acquistare prodotti ECOSOSTENIBILI di enti certificati che possano realmente dare un contributo in termini ambientali, per compensare le emissioni di CO2.
  • Scegli brand ecosostenibili: dalla tutela della biodiversità, alle iniziative sociali, fino alla scelta del biologico e delle formule, in prodotti non alimentari, con ingredienti biodegradabili e naturali, prediligi brand attenti alle tematiche sostenibili e ambientali in ogni settore.
  • Ridurre gli imballaggi: possibilmente è bene scegliere di acquistare prodotti presso i negozi locali in modo da evitare la spedizione, imballaggi inutili ed inquinanti dei pacchi.
  • Se si compra online scegli il packaging 100% sostenibile.
  • Promuovi l’artigianato locale: scegli pezzi di artigianato locali per aiutare il commercio del luogo e promuovere la scelta di prodotti non inquinanti, pezzi unici fatti a mano.
  • Evita di comprare in modo compulsivo, scegli con cura i tuoi acquisti: domanda a te stesso se realmente hai necessità di comprare un determinato prodotto, evita di comprare cose inutili che non userai mai, agisci consapevolezza per evitare sprechi, generazione di rifiuti, risparmiare soldi ed accumulo di prodotti futili che mettono solo più disordine in casa.
  • Promuovi il second hand (prodotti di seconda mano già usati, rivenduti o regalati): scegli di prolungare la vita ai tuoi prodotti più possibile riparando i capi vecchi, incentivando il recupero dell’usato e scegliendo di rivendere quelli che non usi più in modo da evitarne la produzione di nuovi e guadagnando qualcosa per ricompensare il prezzo iniziale che hai ormai pagato. Inoltre, scegli di acquistare l’usato, in modo da evitare nuova produzione e sprechi.
  • Aderisci ad iniziative nuove ed ecosostenibili- il Blu & Green Friday: segui gli enti e le associazioni che promuovono e sponsorizzano eventi e shopping ecosolidale, ecosostenibile e di aiuto per il pianeta, come ad esempio le iniziative Blu e Green, progetti e iniziative culturali, per trovare soluzioni concrete alle problematiche che minacciano il pianeta. Tali progetti sono per la salute e  a favore dell’oceano, dei corsi d’acqua e laghi, delle foreste, delle specie in estinzione. Acquistando i prodotti per salvare degli animali maltrattati, per promuoverne l’adozione o la salvaguardia nel loro ecosistema, per aiutare i volontari alla loro cura, mantenimento, per aiutare le associazioni che combattono contro inquinamento, deforestazione, che aiutano le specie protette o ancora che agiscono per il pianeta si potranno fare dei regali solidali, attenti al pianeta e con un significato profondo a fin di bene.

 

Canapa, cannabis, marijuana sono tre termini troppo spesso confusi.

Quando si parla di “erba” si assiste spesso a una confusione terminologica.

La marijuana è una sostanza psicoattiva che si ottiene facendo essiccare le infiorescenze della Cannabis sativa.

Non tutte le varietà di questa pianta sono però sfruttate a scopo ricreativo: solo quelle che appartengono al genotipo THCAS (volgarmente definite “canapa indiana”) hanno effetti psicoattivi dovuti al contenuto di tetraidrocannabinolo (THC), una sostanza psicotropa che provoca euforia, rilassamento, appetito, disorientamento spazio temporale.

Se il normale contenuto di THC in una pianta di cannabis è pari al 5-8%, oggi sono subentrate colture intensive di varietà che possono arrivare al 38% di THC, cioè 5 o 6 volte di più.[1]

PROPRIETA’ & CARATTERISTICHE[2]

La cannabis ha degli effetti sul corpo umano indotti dal suo utilizzo sono molteplici e dipendono prettamente dalle percentuali delle diverse molecole presenti nel preparato e dalle modalità di somministrazione.

La cannabis è a tutti gli effetti un farmaco, utile in diverse malattie, senza effetti collaterali.

È una sostanza che può indurre dipendenza, e alla lunga provocare danni al fisico e alla mente.

Il dibattito sulla cannabis, con diverse sfumature, ruota da tempo su queste due posizioni in netto contrasto.

Tra gli effetti che comporta il consumo di cannabis, troviamo l’effetto analgesico e rilassante come il principale.

Ciò avviene perché le principali sostanze contenute nella marijuana interagiscono con i recettori endocannabinoidi, particolari proteine responsabili della regolazione di dolore, appetito, umore e memoria.

In condizioni fisiologiche, per regolare queste funzioni, il nostro organismo produce sostanze molto simili –gli endocannabinoidi– a quelle presenti nel vegetale.

La cannabis terapeutica è stata centro di interesse e dibattito per molti medici, ricercatori e pazienti per molti anni.

È utile contro il dolore di il dolore, la spasticità e diversi sintomi che non si risolvono con i farmaci.

In Italia, dal 2006 è possibile ricorrere a preparazioni magistrali a base di cannabis per uso medico e dal 2013 è possibile ottenere la prescrizione per il Sativex, un farmaco usato per ridurre la spasticità dovuta a sclerosi multipla.

L’utilizzo medico della sostanza è stato approvato dal Ministero della Salute che lo ha approvato per trattare, oltre ai sintomi della sclerosi multipla, anche il dolore cronico, la nausea e il vomito causati dalle terapie antitumorali e da quelle per l’HIV, i disturbi legati alla sindrome di Gilles de la Toruette e la perdita di appetito dovuta a cachessia e anoressia.

LE MOLECOLE RESPONSABILI DEGLI EFFETTI SULL’ORGANISMO

Il THC (tetraidrocannabinolo) e il CBD (cannabidiolo) sono gli elementi responsabili rispettivamente dell’effetto farmacologico e dell’effetto per tamponare l’effetto farmacologico.

Al fine di ottenere un effetto terapeutico è fondamentale il controllo del dosaggio.

Se si rispettano gli standard di legge, la cannabis viene difatti considerata un fitoterapico.

E’ bene ricordare tuttavia, all’interno delle infiorescenze sono presenti centinaia di molecole appartenenti alla famiglia dei terpeni e dei flavonoidi fondamentali per ottenere l’effetto farmacologico in quanto aiutano il legame di THC e CBD ai recettori.

L’USO PER PATOLOGIE NEGLI UTLIMI ANNI

Nel 2016 sul mercato erano presenti 5 farmaci (prodotti dall’azienda olandese Bedrocan) a base di cannabis –ognuno contenente una percentuale differente delle diverse molecole attive- utilizzati principalmente per il controllo di nausea, vomito, appetito nei pazienti sottoposti a chemioterapia.

Accanto a questo utilizzo, ben documentato dalla letteratura scientifica, si affiancano alcuni studi sui vantaggi dell’utilizzo della cannabis nel controllo del dolore cronico.

Oltre a queste indicazioni la canmabis a scopo terapeutico viene utilizzata nella gestione del dolore in chi soffre di sclerosi multipla e sindrome di Tourette. Inoltre da alcuni anni è disponibile Sativex, un farmaco contenente solo THC e CBD utile nel controllo degli spasmi muscolari dovuti alla sclerosi multipla.

In questo caso non si tratta dell’utilizzo delle infiorescenze e per questa ragione, in quanto mancano terpeni e flavonoidi, gli studi su Sativex hanno dimostrato che il prodotto non è efficace nel controllo del dolore.

MODALITA’ DI ASSUNZIONE

Innanzitutto una premessa: i cannabinoidi presenti nel mondo vegetale per esplicare la loro azione devono essere attivati mediante un processo chimico noto comedecarbossilazione”.

Si tratta di una reazione che avviene quando le molecole sono sottoposte ad alte temperature, oltre i 100 gradi centigradi.

Ecco perché tra le vie più utilizzate c’è il fumo, la vaporizzazione e l’infusione. La scelta dipende dall’effetto che si vuole ottenere e dalla formulazione farmaceutica di partenza (olio, cartine ecc…).

STUDI E SCOPERTE

In letteratura scientifica esistono numerosi studi e ricerche da molti anni che portano avanti tesi sulle più sensazionali proprietà della cannabis in ambito medico.

Grazie allo studio pubblicato dalla National Academies of Sciences americana nel 2017, la quale ha esaminato la mole delle ricerche che ormai da anni vengono pubblicate sull’uso della cannabis per scopi medici o ricreativo, è stato possibile stabilire per la prima volta con una certa chiarezza quali siano gli effetti positivi e negativi sulla salute dell’impiego della cannabis.

IL THC

La cannabis agisce come farmaco, grazie all’effetto dei cannabinoidi, tra i quali il più famoso è il THC, il quale apporta sia gli effetti psicoattivi della canapa sia delle sue proprietà farmacologiche.

La proprietà fondamentale del THC è la sua innata propensione al legarsi facilmente in maniera specifici ai ricettori presenti sulla superficie delle cellule dell’organismo.

Il nostro organismo solitamente produce in modo naturale molecole quali gli endocannabinoidi, coinvolte in tantissime funzioni fisiologiche, dall’appetito al metabolismo, dalla memoria alla riproduzione.

Sebbene vi sia stato un acceso dibattito tra chi considerava la cannabis come utile ausilio medico e chi invece riteneva i suoi benefici sopravvalutati, e i rischi per la salute non trascurabili, oggi è indubbio che i benefici della cannabis superano gli svantaggi, tutto sta, nella regolazione del suo impiego.

Secondo il rapporto suddetto della National Academies of Sciences americana, che consiste in una vera e propria revisione della letteratura scientifica pubblicata a partire dal 1999 – oltre 10mila studi – è possibile confermare che la cannabis è un trattamento assai efficace del dolore cronico degli adulti, in particolare di quello dovuto alla spasticità in malattie come la sclerosi multipla.

In questo settore l’evidenza viene definita “conclusiva”, e la cannabis un farmaco valido e anche più sicuro rispetto ai farmaci oppioidi.

L’altro campo in cui si conferma efficace è il trattamento della nausea e del vomito indotto dalla chemioterapia nei pazienti affetti da tumori.

Altri effetti positivi sono stati provati (con minore azione probatoria tuttavia) sull’effetto della cannabis medica per contrastare e migliorare i disturbi del sonno per i pazienti affetti da svariate malattie.

Vi sono evidenze (anche se più limitate) che l’uso di cannabis aiuti che aiuti a migliorare l’appetito e la perdita di peso delle persone malate di Aids, a migliorare i sintomi della sindrome di Tourette, una malattia neurologica, o il disturbo d’ansia, tutte condizioni per le quali è stata sperimentata o viene utilizzata dai pazienti.

Non sembra invece che serva in alcun modo per tutta una lista di malattie che vanno dal glaucoma alla sclerosi laterale amiotrofica, dalla sindrome del colon irritabile al morbo di Parkinson e all’epilessia (mancano evidenze sia in un senso, serve a qualcosa, sia nell’altro, non serve a niente).

Più nel dettaglio a livello terapeutico, la pianta può essere utile per diverse applicazioni: ecco quali sono i suoi principali benefici.[3]

Sclerosi multipla

La cannabis terapeutica si è dimostrata efficace nel trattamento della rigidità muscolare e della spasticità causate sclerosi multipla. Secondo diversi studi, l’uso di alcuni cannabinoidi può migliorare alcuni dei sintomi legati a questa patologia. In Italia, il Ministero della Salute ha consentito l’utilizzo della marijuana medica contro la spasticità e, nel 2013 ha approvato l’introduzione di un farmaco apposito, il Sativex, che può essere prescritto con Ricetta RNRL, relativa ai medicinali soggetti a prescrizione medica limitativa, da rinnovare volta per volta, vendibili al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti.

Dolore cronico

Già nel 2017, un rapporto delle Accademie Nazionali di Scienze, Ingegneria e Medicina aveva indagato i possibili benefici della sostanza contro il dolore cronico. Il report evidenziava il fatto che i pazienti trattati con cannabinoidi avessero maggiori probabilità di sperimentare una significativa riduzione del dolore. Poi, qualche mese fa, un gruppo di ricercatori canadesi è tornato ad occuparsi della materia con uno studio pubblicato sul Canadian Journal of Anesthesia, che ha valutato l’efficacia della cannabis sul dolore di circa mille pazienti. Tra le persone che hanno completato lo studio, la maggior parte faceva affidamento sulla marijuana per alleviare il dolore e i risultati hanno mostrato un miglioramento nell’intensità del dolore e dei sintomi di salute generale. In Italia, è possibile ricorrere alla cannabis terapeutica per combattere il dolore cronico, nel caso i trattamenti tradizionali non si siano rivelati efficaci.

Nausea e vomito

La cannabis e i cannabinoidi sono stati studiati anche in relazione alla nausea e al vomito causati da radioterapia e chemioterapia, i due principali trattamenti contro il cancro. Diversi studi sono stati condotti in questa direzione e hanno dimostrato i benefici della marijuana medica contro la nausea, il vomito e la perdita di appetito, legati ai trattamenti antitumorali. Un recente studio ha dimostrato l’efficacia del CBD per contrastare e ridurre nausea e vomito. Inoltre, diversi medicinali a base di cannabis sono stati approvati dalla Food and Drug Administration statunitense, utilizzati proprio nel trattamento di questi sintomi. Anche in Italia, il Ministero della Salute approva l’uso della cannabis terapeutica per questo scopo.

Tumori

La marijuana medica può essere efficace anche contro diversi tipi di cancro. Nel 2007, per esempio, un gruppo di ricercatori di San Francisco ha condotto uno studio, mostrando le potenzialità del cannabidiolo (CBD), rivelatosi in grado di inibire uno dei regolatori chiave del potenziale metastatico del cancro al seno. “I cannabinoidi- avevano concluso i ricercatori- riducono la crescita delle cellule aggressive del cancro al seno umano”. Successivamente, nel 2014, i cannabinoidi sono stati identificati anche come inibitori della crescita del glioma, un tumore del Sistema nervoso centrale: studiando l’effetto di THC e CBD, sia da soli che in combinazione con la radioterapia, i ricercatori hanno concluso la possibilità dei cannabinoidi a “stimolare le cellule del glioma a rispondere meglio alle radiazioni ionizzanti e suggeriscono un potenziale beneficio clinico”.

Salute oculare

Già negli anni ’70, i risultati di alcuni studi mostravano che la cannabis terapeutica era in grado di ridurre per qualche tempo la pressione intraoculare, fattore chiave per il glaucoma, una malattia del nervo ottico, garantendo il mantenimento della salute oculare. È stato dimostrato che i cannabinoidi riescono a ridurre la pressione intraoculare se somministrati per via orale, endovenosa o per inalazione, ma non se la somministrazione avviene direttamente sull’occhio. Sembrano efficaci, quindi, pillole e iniezioni di cannabinoidi e il fumo di cannabis.

Alzheimer

Uno studio risalente al 2006 ha dimostrato che il THC è in grado di inibire l’enzima acetilcolinesterasi (AChE), marcatore patologico chiave dell’Alzheimer, prevenendo “l’aggregazione del beta-peptide amiloide (Abeta)”, che forma le placche in grado di uccidere le cellule del cervello. La cannabis terapeutica può essere quindi in grado di rallentare la progressione della malattia.

Infiammazioni intestinali

Già nel 2009, alcuni studiosi britannici individuarono un’interazione tra la marijuana medica e alcune delle cellule del nostro corpo che hanno un ruolo importante nella regolazione delle funzioni intestinali. “Le sostanze chimiche presenti nella cannabis- scrivevano- potrebbero rivelarsi un trattamento efficace per le malattie infiammatorie intestinali, la colite ulcerosa e il morbo di Crohn”. Infatti, test di laboratorio dimostravano il potenziale ruolo di THC e CBD nelle funzioni intestinali. Recentemente, anche un gruppo di ricercatori italiani ha indagato gli effetti della cannabis sull’infiammazione intestinale.

Danno cerebrale

La cannabis sembra avere anche proprietà neuroprotettive, stando agli studi su dati clinici e di laboratorio. Oltre a proteggere il cervello da un trauma, i cannabinoidi possono intervenire anche dopo un danno cerebrale, quale ictus o trauma cranico. Uno studio del 2002 ha mostrato la formazione di cannabinoidi cerebrali endogeni anche dopo un trauma cranico, nel ratto e nel topo. Non solo: “quando somministrati dopo un trauma cranico- spiegavano gli studiosi- riducono il danno cerebrale. Si notano una significativa riduzione dell’edema cerebrale, un migliore recupero clinico e una riduzione del volume dell’infarto e della morte delle cellule dell’ippocampo”.

Artrite reumatoide

I benefici della cannabis terapeutica si estendono anche ai pazienti che soffrono di artrite reumatoide. Una ricerca tedesca ha analizzato l’effetto del CBD in questo campo, mostrando la sua capacità di ridurre la vitalità e la produzione dei principali autori della distruzione articolare. Il CBD sembra quindi avere proprietà antiartritiche, che potrebbero aiutare i pazienti a combattere l’infiammazione.

EFFETTI NEGATIVI & CONTROINDICAZIONI[4]

Per quanto riguarda i possibili effetti negativi sulla salute di chi fuma la marjuana, il rapporto conferma l’idea che è in generale “meno pericolosa” di altre droghe, innanzitutto perché non è mai stata stabilita con certezza neppure una morte per overdose da cannabis.

Non è però neppure così innocua come molti tenderebbero a credere. L’analisi conferma alcuni dei sospetti di danni.

Innanzitutto, i fumatori di lunga data rischiano di più la bronchite e altri sintomi respiratori. Le donne incinte che ne fanno uso hanno una probabilità maggiore di partorire bambini con peso più basso alla nascita. E, in generale, chi la consuma abitualmente ha un rischio più alto di schizofrenia e psicosi. Oltre che di incidenti in macchina.

EFFETTI SU ALTRE PATOLOGIE[5]

Vi sono evidenze poco convincenti che l’uso di cannabis possa peggiorare i sintomi di depressione o le idee suicide e l’ansia, e che abbia a che fare con alcune malattie che talvolta sono state associate al suo consumo, come il cancro ai testicoli o gli attacchi di cuore.

In compenso c’è un’evidenza non definitiva, ma comunque moderata, che peggiori l’apprendimento, la memoria e l’attenzione.

Nessun legame è stato invece stabilito con i tumori comunemente associati al fumo di sigarette, come quello al polmone, e con altri tipi di tumori, asma o malattie cardiovascolari.

EFFETTI COME DROGA E SU ALTRE DROGHE[6]

Sul sospetto che la marjuana sia la porta d’ingresso per consumo di droghe pesanti, il rapporto ha trovato prove da “limitate” a “moderate”.

Mentre ne ha trovato di “sostanziali” sul fatto che più è forte il consumo più si rischia di incorrere successivamente in dipendenza.

Ci sono fattori che fanno rischiare di più (anche su questo aspetto l’evidenza è “sostanziale”) di finire in questa situazione: sono l’essere maschio, il fumare anche sigarette, il fatto di avere un disturbo depressivo e di avere cominciato molto presto.

Altri elementi ritenuti finora fattori di rischio, come il fatto di soffrire di ansia o disturbo bipolare, disturbo da deficit dell’attenzione o dipendenza da alcol o tabacco, sembrano invece meno importanti. Anche per il rapporto, insomma, la marijuana si conferma assai meno pericolosa di altre droghe, ma non così innocua come si tenderebbe a credere.

COLTIVAZIONE DELLA CANNABIS [7]

In termini di coltivazione si parla di Cannabis Light per indicare delle infiorescenze della cannabis con un basso contenuto di THC. Queste sono derivanti dalla coltivazione delle varietà Sativa, ossia la canapa industriale.

Con l’introduzione della normativa del 2017 si stabiliscono tutti i limiti di una legge dedicata all’uso industriale, e quindi non alla completa legalizzazione della cannabis.

Tale provvedimento ha dato vita a un nuovo stile di produzione e consumo della cannabis nel nostro Paese.

CANAPA E CANNIBIS: UNA STORIA ANTICA[8]

Come abbiamo analizzato precedentemente, la canapa per uso tessile fa parte della tradizione industriale del nostro Paese.

A titolo di esempio ricordiamo che la marina mercantile italiana, fin dopo l’ascesa delle repubbliche marinare, veniva allestita grazie alla fibra di questa pianta.

Fino ai primi anni del Dopoguerra, la coltivazione della canapa ha rappresentato uno dei comparti più vivi del settore agricolo-manifatturiero.

Dopo la Seconda guerra mondiale, però, questa importante coltivazione fu abbandonata. Le principali ragioni furono due.

La prima fu di tipo industriale, a causa del sopravvento del cotone, delle fibre sintetiche e della produzione di cellulosa dal legno (ossia la carta).

La seconda ragione è da ricercare nel proibizionismo, quest’ultimo importato dagli Stati Uniti.

L’interesse per la canapa industriale era forte fi dagli inizi del secolo scorso anche negli Usa

Difatti, si produceva la carta di canapa e si realizzavano materiali per l’epoca innovativi con la fibra di questa pianta. L’olio di cannabis veniva utilizzato per produrre carburante per auto.

E’ oramai storia il fatto che il primo grande produttore di automobili americane, Henry Ford, costruì la Hemp body car, un prototipo di automobile realizzato con fibra di canapa che, tra l’altro, si alimentava con bio-carburante all’etanolo di canapa.

La pianta era in sostanza una materia prima eco-sostenibile che avrebbe potuto alimentare numerosi settori industriali.

Ovviamente, per contrastare l’ascesa della canapa nel settore automobilistiAsopraggiunsero gli interessi dei magnati dell’industria dell’editoria (con il magnate William Randolph Hearst),  e dell’industria chimico-petrolifera.

La minaccia per l’industria del petrolio era tale a causa della diffusione dei prodotti concorrenziali a base di canapa, molto più economici e di qualità superiore.

Ingenti somme per la produzione di fibre derivanti dal petrolio (oggi, tutti conosciamo il nylon e il cellophane) vennero investite da alcune aziende petrolifere come la Du Pont (multinazionale attiva e potente ancora oggi).

Dunque, per evitare il tracollo economico, i vertici dell’azienda sarebbero corsi ai ripari esercitando pressioni politiche per far entrare in vigore una legge proibizionista nei confronti della canapa.

Un’altra teoria, alternativa o aggiuntiva, ma comunque probabile, sul motivo che ha portato gli Stati Uniti alla proibizione della cannabis è da ricercare nel crescente razzismo verso i neri e i messicani, che stava attecchendo anche il quel periodo. Essendone queste popolazioni, generalizzando, forti consumatrici, si divulgò in breve tempo il deprecabile sillogismo:

  • Neri e messicani = Consumo di cannabis
  • Criminalità = Neri e messicani
  • Consumo di cannabis = Criminalità

Con l’attuazione di una vera e propria campagna mediatica di criminalizzazione della cannabis capeggiata dai giornali del gruppo Hearst, gruppo editoriale molto influente sia all’epoca che oggi (la Hearst Corporation controlla Fitch Ratings, una delle tre agenzie internazionali di valutazione del credito più influenti al mondo), la cannabis fu degradata a pianta criminale.

Alla cannabis fu dato l’appellativo di marijuana, parola messicana quasi sconosciuta all’epoca. In questo modo la pianta iniziò ad evocare un Paese, il Messico, contro cui gli Usa avevano da non troppo tempo combattuto una guerra.

Inoltre furono realizzate campagne mediatiche di propaganda razzista basate sulla disinformazione circa i reali effetti della cannabis Indica.

Campagne informative false che miravano a una vera e propria demonizzazione della cannabis. Nei filmati dell’epoca si possono vedere allegre compagnie di amici che, dopo aver assunto “marijuana”, impazziscono nel giro di pochi minuti e finiscono per uccidersi in modo violento l’un l’altro.

Così, nel  1937 fu approvata una legge, la Marijuana tax act, che proibiva, in modo diretto o indiretto, la coltivazione della cannabis per qualsiasi uso, anche industriale o terapeutico.

Da qui in poi molti paesi occidentali, tra cui il nostro, si sono adeguati alla decisione americana (con alcuni distinguo come l’Olanda).

La conseguenza di tutto ciò è che la cannabis, da allora, viene considerata una droga pericolosa, da perseguire con ogni mezzo.

SITUAZIONE ODIERNA NEGLI USA[9]

Oggi sono gli stessi Stati Uniti a rivedere la loro posizione. In molti stati americani, infatti, l’uso e il consumo di cannabis è ritornato ad essere legale. E questo è vero non solo per la cannabis industriale o per quella terapeutica, ma anche per l’erba a uso ricreativo, tanto demonizzato in passato.

L’esempio più lampante è quello della California, dove a partire dai primi giorni del 2018 la marijuana è stata legalizzata.

CANNABIS, CANNABIS LIGHT E CANNABIS TERAPEUTICA, LA NORMATIVA ITALIANA[10]

Per fortuna negli ultimi anni anche nel nostro Paese vi è stata una profonda revisione della legislazione. Questa poneva in passato grossi limiti finanche nella coltivazione della cannabis light, la canapa industriale. Da qualche tempo si cerca di rivalorizzare questa straordinaria pianta, quantomeno per gli usi tecnici e, soprattutto, per quelli terapeutici.

Normativa sulla canapa per uso industriale. La legge 242

Oggi la produzione della cannabis light, ossia la canapa per uso industriale, è di nuovo in auge. L’attuale normativa ne consente la coltivazione, purché il contenuto di thc sia inferiore allo 0,2%.

Un altro appellativo della cannabis light è marijuana leggera. In sostanza è un’erba che non “sballa”, ma rilassa, grazie al buon contenuto di CBD, altro principio attivo della cannabis.
In realtà la nostra legislazione non hai mai vietato la coltivazione della canapa per uso industriale.

Vi è stata però un’errata interpretazione della legge, con la conseguente persecuzione da parte delle forze dell’ordine. Questo soprattutto negli Anni ‘70 e ‘80, quando qualcuno cercava di riprendere la coltivazione della cannabis light, per fibra o per seme.

Questa errata interpretazione è stata prassi fino all’emanazione, nel 1997, di una comunicazione del ministero delle Politiche agricole e forestali, integrata con la circolare n.1 dell’8 maggio 2002. In questo documento si sono disciplinati i limiti per la coltivazione della canapa industriale.

Alla fine del 2016 è stato approvato il decreto di legge numero 242. Questa legge, recante “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa” è entrata in vigore il 14 gennaio 2017.

La cannabis light ha incontrato un grandissimo favore da parte del pubblico, soprattutto negli adulti con più di trent’anni. Molti, infatti, ne hanno gradito l’approccio “soft”.

Grazie alle possibilità offerte dalla produzione e dalla commercializzazione della cannabis light, stanno nascendo centinaia di aziende agricole italiane. Sono spesso formate da giovani imprenditori che assumono giovani tecnici e giovani operai, creando anche un notevole indotto economico.

Queste aziende stanno contribuendo in modo importante all’enorme rilancio della coltivazione di cannabis nostrana, da sempre considerata un’eccellenza mondiale.

Insomma, sembra che il consumo a fini ricreativi della cannabis stia uscendo dall’illegalità e dall’ombra lunga delle mafie. Vedremo se tutto questo permetterà di mettere le basi per una vera e propria legge sulla legalizzazione.

Anche per quanto riguarda l’importante aspetto della cannabis terapeutica sono stati fatti negli ultimi anni importanti passi in avanti. Lo stato ne ha iniziato, in uno stabilimento militare di Firenze, una prima produzione.

Questa è prescrivibile e acquistabile (non senza difficoltà) dai pazienti che ne hanno diritto e a cui viene legalmente prescritta.

APPENDICE

CURIOSITÀ SULLA CANNABIS & STORIA [11]

STORIA

La cannabis come abbiamo detto ha una storia antica.

Sebbene le origini esatte della Cannabis sativa (la pianta da cui si ricava la marijuana) non siano note, si pensa possa aver avuto origine in Asia centrale.

Le prime evidenze tangibili del suo utilizzo risalgono al Neolitico (8.000 – 5.000 a.C.), quando veniva utilizzata per produrre fibre tessili e reti da pesca e ne venivano consumati i semi.

Tracce di queste consuetudini sono state trovate in siti neolitici di Cina, Siberia, Taiwan, Turkestan e Hong Kong. Residui di semi di cannabis bruciati sono stati rinvenuti in Romania. La più antica testimonianza letteraria legata alla marijuana usata in ambito medico si troverebbe invece nella letteratura cinese, ma su questo punto non tutti gli storici si trovano d’accordo.

ESPERIENZE “DIVISE”

Gli effetti del consumo di marijuana potrebbero essere diversi a seconda del genere. Uno studio sui ratti compiuto nel 2014 dagli psicologi della Washington State University ha evidenziato che le femmine sono più sensibili agli effetti analgesici del THC e che sviluppano più facilmente tolleranza alla sostanza (cioè devono aumentare la dose per ottenere lo stesso effetto), un fenomeno che può aprire le porte alla dipendenza.

La differenza sarebbe dovuta al ruolo degli estrogeni, i principali ormoni sessuali femminili. In ogni caso, almeno in Italia, i maschi fumano più spinelli rispetto alle ragazze: a ogni consumatrice corrispondono quasi due consumatori maschi.

PERICOLI IN ADOLESCENZA

Completamente unisex sono invece i danni che un consumo costante di marijuana può fare sul cervello – ancora in pieno sviluppo – degli adolescenti, i suoi principali consumatori.

In questo periodo più che in altri il cervello vive una fase di pieno sviluppo, rafforzamento e sfoltimento di precise connessioni neurali.

Il corretto funzionamento delle sue cellule è pertanto essenziale.

Il THC è simile agli endocannabinoidi, neurotrasmettitori naturali del cervello, e interferisce con la loro azione compromettendo le funzioni nervose. Danneggiando le sinapsi e lasciando i neuroni privati del loro naturale sistema di regolazione, il THC può favorire, con il tempo, l’insorgenza di depressione, schizofrenia, psicosi e disturbi nell’apprendimento.

Per alcuni ricercatori, l’uso costante di marijuana in questa particolare fase dello sviluppo finisce col produrre danni permanenti alle connessioni neurali.

 IN MEDICINA

L’azione prolungata del THC è stata anche collegata a danni non neurologici come un rischio raddoppiato di contrarre un tumore ai testicoli (per l’alterazione del sistema endocannabinoide, che è coinvolto anche nella regolazione della sintesi degli ormoni sessuali) e un accentuato rischio di infarto (perché aumenta frequenza di battito e pressione sanguigna).

Tuttavia, i benefici della marijuana in ambito medico – e quindi controllato – sono noti da millenni e includono effetti analgesici sul dolore cronico o di malati terminali, l’attenuazione degli effetti di malattie auto-infiammatorie e di alcuni disturbi legati alle demenze, benefici contro l’artrite, i tremori del Parkinson e gli effetti collaterali della chemioterapia, e buoni risultati nel trattamento di ansia patologica e disturbo post-traumatico da stress.

VARIETA’

La varietà più potente di marijuana è la Sinsimilla, che si ricava impedendo alle infiorescenze delle piante femmine di Cannabis di essere impollinate. La pianta rimane senza semi e produce un alto contenuto di resina, con un’alta concentrazione di THC.

 EFFETTI SUI CANI

Gli animali domestici non sono immuni agli effetti del THC: il “fumo passivo” sortisce sui cani effetti molto più macroscopici di quelli che ha sull’uomo.

E sono in aumento i casi di compagni a quattro zampe che finiscono nei pronto-soccorsi veterinari per aver ingerito per sbaglio pezzetti di hashish lasciati in giro dai padroni. Quando accade, gli animali presentano pupille dilatate, iper eccitamento e movimenti muscolari incontrollati. Gli si somministrano terapie di sostegno e lavanda gastrica e si aspetta, sperando che l’effetto passi nel giro di 24 ore.

FAME CHIMICA

Non è una suggestione: fumare cannabis fa davvero venire fame, e il motivo è da cercare ancora una volta negli effetti del THC. Questo principio attivo si lega infatti a una molecola presente nei neuroni del bulbo olfattivo, la zona del cervello che riceve gli stimoli provenienti dal naso: questo fa sì che la sensibilità agli odori risulti amplificata, aumentando di fatto l’appetito.

LA CANAPA (CANNABIS) E IL LEGAME CON L’ISOLA DI PASQUA

La canapa avrebbe un legame inaspettato anche con i misteriosi Moai dell’Isola di Pasqua. Secondo uno studio della California State University pubblicato nel 2012, per spostare le colossali statue di oltre 4 tonnellate di peso gli antichi polinesiani potrebbero essersi di corde di fibre di canapa intrecciate. Tese da 18 persone, avrebbero fatto percorrere alle sculture anche 100 m in poco meno di un’ora.

VENERAZIONE DELLA CANNABIS

Per i seguaci del rastafarianesimo, un movimento religioso sviluppatosi in Jamaica a partire dal Cristianesimo negli anni ’30 del Novecento (e all’origine della cultura “rasta”) la marijuana è un’erba non solo medicinale, ma anche da usare come ausilio nella meditazione e nella preghiera. Ritengono che il suo uso sia citato nella Bibbia e sia necessario per raggiungere una sorta di illuminazione spirituale.

CONTAMINAZIONE NELLE CITTA’

Uno studio del 2012 condotto in varie città italiane dall’Istituto di Inquinamento Atmosferico di Roma del CNR ha evidenziato tracce di marijuana – non massicce, ma comunque ben rintracciabili – nell’aria attorno al Colosseo e al Pantheon a Roma, e in quella di Torino, Firenze, Bologna, Milano e Napoli, con il capoluogo toscano in cima alla lista per le concentrazioni di “erba” (probabilmente per il gran numero di studenti che ospita).

DIFFERENZE TRA CANNABIS INDICA E SATIVA [12]

La differenza tra cannabis indica e cannabis sativa riguarda diversi aspetti: l’origine, la posizione geografica, il tempo di fioritura, i principi attivi, gli effetti psico-fisici e gli utilizzi.

CANNABIS SATIVA ORIGINI

La cannabis sativa ha origine in zone molto calde ed umide tipicamente Asiatiche, dalla Cina Occidentale all’India Settentrionale tra cui Thailandia, Cambogia, America Centrale, Colombia, Messico e Brasile. La canapa sativa è caratterizzata da foglie lunghe e sottili, un fusto alto e slanciato, tempi di fioritura molto lunghi che possono raggiungere i dieci mesi. Si tratta di una pianta molto resistente, non suscettibile a muffe al contrario della specie indica.

CANNABIS SATIVA EFFETTI

Gli effetti della cannabis sativa vengono chiamati “effetti hight – effetti alti” perché rivolti in particolare alla sfera psichica e celebrare: se assunta aumenta il senso creativo ed euforico.

Le sue qualità si esprimono al massimo grado sugli effetti psico-fisici che offre: aumenta l’energia positiva, contrasta l’ansia e la depressione portando una maggiore creatività e voglia di fare. Riduce la nausea portando un senso di pace e benessere al corpo e alla mente.

 CANNABIS INDICA ORIGINI

La cannabis indica ha origine in zone molto calde e secche tipicamente Mediorientali tra cui Afghanistan, Pakistan, India, Turchia. La canapa indica è caratterizzata da foglie larghe e un fusto corto e robusto, i suoi tempi di fioritura sono brevi, per questo è spesso privilegiata dai coltivatori. Rispetto alla canapa sativa nel momento della fioritura è necessaria attenzione e cura perché soggetta a muffe di vario tipo.

CANNABIS INDICA EFFETTI

Gli effetti della cannabis indica vengono chiamati “effetti stone – effetti pietra” perché rivolti in particolare al corpo e agli aspetti fisici in generale: se assunta aumenta i sensi e le percezioni corporee. Le sue qualità benefiche a livello psico-fisico sono svariate: rilassa e distende i muscoli del corpo migliorando contratture e dolori articolari. Aiuta a contrastare l’insonnia migliorando la qualità del sonno, riduce lo stress e l’ansia portando calma e serenità allo spirito, riduce i dolori e le infiammazioni.

 LA COLTIVAZIONE DI CANNABIS

Coltivare cannabis però non è propriamente un’attività “green”, a meno che non si coltivi all’esterno, o sotto LED a basso consumo energetico. In base a un report pubblicato nel 2011 dal Lawrence Berkeley National Laboratory (USA), per un singolo spinello si producono, nelle coltivazioni indoor, circa 0,9 kg di CO2, l’equivalente di quanto emesso da una lampadina accesa per 17 ore.

[1] Focus

[2] https://www.fondazioneveronesi.it/

[3] https://www.clinn.it

[4] Focus

[5] Focus

[6] Focus

[7] Coltivazionebiologica.it

[8] Coltivazionebiologica.it

[9] Coltivazionebiologica.it

[10] Coltivazionebiologica.it

[11] Focus

[12] https://www.olfattiva.it

Fin dalla antichità la canapa è stata impiegata non solo per le sue proprietà mediche, ma anche in diversi settori tra i quali quello della carta, il tessile, la cosmesi, la bioedilizia e molto altro.

Attualmente, vista la crescente attenzione ai prodotti green ed ecosostenibili, si è data sempre più risonanza alla coltivazione di canapa e al suo impiego, grazie ai notevoli benefici in termini ambientali che questa coltura apporta.

Difatti, la sua proprietà di coltura biocompatibile ed ecologica, la cui coltivazione non richiede pesticidi, erbicidi o fertilizzanti, ma anzi, bonifica e arricchisce la struttura dei terreni in cui viene introdotta e la capacità di crescere velocemente e con poche risorse, permettono alla canapa di annoverarsi come una delle principali colture ecosostenibili del pianeta.

 CANAPA: CARATTERISTICHE, PROPRIETÀ, USO E BENEFICI

La Canapa, è definita: pianta erbacea delle Cannabacee (Cannabis sativa), alta oltre 2 m, con stelo diritto, fistoloso e peloso e foglie stipolate e picciolate, composte da 5-11 foglioline lanceolate; è estesamente coltivata per la fibra che se ne ricava.[1]

Il frutto è un achenio, correntemente detto seme di canapa, da cui si può ricavare un olio (olio di c.) usato nella fabbricazione di saponi e vernici, in passato per illuminazione, e che, se depurato, ha anche usi alimentari. [2]

Forse originaria dell’Asia centrale, la canapa è oggi coltivata in molti paesi a clima temperato e tropicale per la fibra che da essa si ricava, ma la sua produzione, a causa della concorrenza di alcune fibre artificiali, è in costante declino. [3]

Da molti anni è una pianta protagonista nel panorama dell’industria tessile ed alimentare, grazie agli ampi impieghi e utilizzi vantaggiosi che ne derivano.

Gli utilizzi dei derivati della lavorazione della canapa industriale sono molteplici e molto diversi tra loro. Vanno dall’uso alimentare fino alla bioedilizia e alla cosmesi, passando per la classica filiera del tessuto e della carta.

Recentemente, vi sono stati inoltre, innovativi impieghi in campo ambientale, finalizzati alla bonifica dei terreni soggetti a grave inquinamento.

USO & BENEFICI

La Canapa è considerata una delle prime piante coltivate nella storia dell’umanità i cui antichi reperti più antichi (di cannabis) risalgono all’8.000 a.C. Ciò dimostra che gli esseri umani coltivano, lavorano ed utilizzano questa pianta da millenni.

La Canapa Sativa è certamente una tra le piante più conosciute e diffuse nel mondo.

Appartenente alle Cannabaceae, una famiglia di piante angiosperme dicotiledoni, la Canapa è caratterizzata da piante con fiori senza petali e frutti con un singolo seme. [4]

La canapa sativa è una pianta annuale che cresce senza l’utilizzo di pesticidi e concimi chimici, non necessita di costante manutenzione e irrigazione.

Costituita da un rigido fusto è caratterizzata da foglie palmate di forma seghettata che si estendono tutto intorno allo spazio. Di un colore verde brillante si adatta a tutti i tipi di ambienti bonificando i terreni.

Innumerevoli sono le proprietà della Canapa sativa che viene considerata una delle piante più complete in natura.

Le molteplici essenze si concentrano nell’inflorescenza femminile, che può arrivare a contenere oltre 100 diversi terpeni.

I terpeni rappresentano un gruppo di molecole aromatiche presenti in diverse piante, alimenti ed oli essenziali. Il loro ruolo primario è proteggere le piante da batteri, funghi e parassiti.[5]

In profumeria botanica la canapa rappresenta una nota davvero interessante per profumi da un’incredibile forza olfattiva.

In aromaterapia ha un’azione distensiva, rilassante e riequilibrante. Il suo aroma è fresco, dolce, erbaceo, una carezza di rugiada che rasserena lo spirito, un canto vibrante di felicità e di fiducia.

OLIO ESSENZIALE DI CANAPA

L’olio essenziale della canapa sativa è prodotto dai fiori delle piante femmine o ermafrodite attraverso distillazione in corrente di vapore. La varietà della canapa sativa produce tipicamente alti livelli di Cannabidiolo (CBD) il quale conferisce alla pianta molteplici effetti benefici e terapeutici, tra i quali, effetti antinfiammatori e antidolorifici. La coltivazione per la produzione dell’olio essenziale deve seguire delle chiare specifiche: la coltivazione è senza utilizzo di additivi chimici e senza pesticidi in modo che l’olio essenziale risulti puro e 100% naturale.

OLIO ESSENZIALE DI CANAPA BENEFICI

L’olio essenziale è un prezioso concentrato di terpeni presenti naturalmente nella Canapa, i quali agiscono positivamente sulla sfera psico-fisica della persona combattendo ansia, stress, insonnia, mal di testa e cefalee. Tramite l’energia sottile della pianta, la Canapa ha lo scopo di rilassare e distendere corpo e mente inducendo una sensazione di calma e serenità. Ideale diffusa in ambienti rilassanti per beneficiare appieno delle sue potenzialità aromaterapiche.

 CANAPA: USO E BENEFICI NELL’INDUSTRIA TESSILE,  COSMESI,  BIOEDILIZIA, ALIMENTARE & CO

 COLTIVAZIONE DEI CANAPA IN ITALIA[6]

Già da tempi molto antichi è possibile ricostruire la storia della coltivazione di canapa in Italia.

Recenti ritrovamenti sul lago di Albano, nei pressi di Roma, hanno dimostrato che la canapa fosse presente allo stato selvatico in Europa già intorno all’11.000 secolo a.C.

L’Italia per un lungo arco di tempo ne è stata la seconda produttrice più grande del mondo: dalla produzione tessile (vestiti, carte e tessuti tradizionali ricamati), a materiali di costruzione di bioedilizia (mattoni, vele e corde per la navigazione) cosmetici, sostanze alimentari, prodotti oleosi e molto altro ancora. Per questo viene da sempre definita “sativa utile” una pianta incredibilmente versatile.

Nella tradizione contadina l’economia italiana si basa dalla prima metà del’900 sulla produzione di prodotti alla canapa totalmente ecologici di alto livello qualitativo.

La mentalità del riciclo si attuava nel quotidiano lavorando ogni singola parte della pianta in modo intelligente e innovativo.

Nonostante i cambiamenti socio-culturali avvenuti nel tempo, la cultura della canapa si è radicata nella nostra identità sociale e storica. Intere generazioni sono cresciute al fianco di questa preziosa risorsa conferendole rispetto e valore.

CANAPA INDUSTRIALE: IMPIEGHI [7]

Anticamente impiegata per l’utilizzo di carta e abiti nell’industria tessile, è ancora impiegata in altri settori quali isolanti per l’edilizia, in ambito cosmetico, filtri carburanti e oli CBD.

Più nello specifico, Il cannabidiolo (CBD) è un composto chimico scoperto nella Cannabis sativa essiccata e nell’hashish nel 1940. È uno dei 142 fitocannabinoidi identificati nelle piante di Cannabis sativa.

La canapa non a caso, differenza della Cannabis (e della marijuana), conosciuta da molti, sviluppa livelli di THC irrisori e ricche dosi di CBD (cannabidiolo).

Per THC si intende il Δ-9-tetraidrocannabinolo, il più importante principio attivo contenuto nella cannabis o canapa. Si tratta di un componente psicoattivo, ovvero, di un principio che esercita azioni sul sistema nervoso centrale. Può essere considerato il capostipite della famiglia dei fitocannabinoidi.

Sono noti vari isomeri del THC, due dei quali presenti naturalmente nella cannabis. Il più rilevante è l’isomerom (-)-trans, noto farmacologicamente come dronabinol.

È una sostanza psicotropa prodotta dai fiori di cannabis, può essere ingerito, comunemente fumato o inalato grazie ad un vaporizzatore. Con proprietà antidolorifiche (Es: farmaci contenenti THC come il Sativex o il Bedrocan, sono usati per il trattamento del dolore), euforizzante, antinausea, antiemetico, anticinetosico, stimolante l’appetito, che abbassa la pressione endooculare, ed è capace di abbassare l’aggressività.[8]

Visto che per molti consumatori è meglio evitare gli effetti psicoattivi associati al THC, la canapa è diventata la pianta preferita dagli agricoltori che coltivano materia prima per la realizzazione di prodotti contenenti CBD.

La canapa viene poi lavorata in modo simile alla cannabis, per creare burro, edibili, oli e molto altro.

Prima di acquistare prodotti professionali contenenti CBD, è opportuno cercare un fornitore affidabile. La produzione di CBD di alta qualità richiede complesse lavorazioni, ma il settore non è ancora pienamente regolamentato.

LA CANAPA NEL SETTORE TESSILE (abbigliamento & fibre)[9]

Tra le prime piante ad essere trasformate in fibre, la canapa ha dei reperti antichissimi: in Cina sono stati ritrovati resti di fibra di canapa risalenti all’8.000 a.C.

Oggi, la canapa viene ancora impiegata per realizzare vestiti ed è tornata in auge nel settore della moda.

Difatti, gli abiti in fibra di canapa vengono spesso associati alla “moda hippy” (le tuniche e i pantaloni ampi in canapa).

Tuttavia, gli stilisti stanno utilizzando il tessuto per creare capi di abbigliamento moderni, in grado di sfidare questo pregiudizio.

LA CANAPA & LA CARTA[10]

L’uso della canapa è esteso anche alla produzione di fibre di carta, al pari dell fibra di legno.

Se fino al 1800 la canapa era impiegata come prima fonte per la produzione di carta venne successivamente sostituita dal legno.

Si pensi che la canapa sia in realtà più adatta alla produzione di carta in quanto rispetto al legno contiene una maggiore quantità di cellulosa che dona struttura alla pianta: maggiore è il contenuto di cellulosa, maggiore sarà la capacità della pianta di produrre carta di qualità, con minor impiego di sostanze chimiche per la lavorazione.

LA CANAPA & LA PLASTICA[11]

L’utilizzo della canapa ha molteplici applicazioni anche in ambito della produzione di plastica.

Viene difatti utilizzata per produrre differenti tipi di plastica. È interessante ricordare che negli anni ’40, Ford ideò persino un prototipo di auto in plastica ricavata da canapa e soia.

Sebbene l’auto non venne mai prodotta, esiste una celebre fotografia di Henry Ford che colpisce il suo progetto con un’accetta per dimostrarne la resistenza.

Oggi viene utilizzata una miscela di fibra di vetro, fibra di canapa, kenaf e lino per realizzare pannelli compositi per automobili. La plastica di canapa viene usata anche per ottenere rivestimenti per tende da doccia, custodie CD e DVD, e molto altro.

LA CANAPA & IL CARBURANTE [12]

La canapa, come tutte le altre piante produce oli essenziali vegetali.

Dagli oli essenziali vegetali della canapa è possibile produrre carburante, nello specifico, lavorando ulteriormente l’olio di canapa per ottenere biodiesel.

È possibile fermentare la pianta per creare etanolo o metanolo. Tuttavia, la produzione di canapa per carburante è piuttosto limitata, poiché i biodiesel e biogas attualmente in commercio vengono realizzati con materiali più economici.

LA CANAPA & IL FILTRAGGIO[13]

Per la realizzazione di filtri tra cui le bustine da tè e i filtri da caffè, o i filtri per l’olio viene impiegata la canapa.

Vista la grande resistenza della fibra di canapa, soprattutto in condizione umide, questa pianta è il materiale ideale per la produzione di filtri per sostanze liquide.

Difatti, Le bustine da tè sono realizzate con un mix di fibre di canapa e legno, oltre a polimeri plastici. Sono disponibili anche filtri e bustine in pura canapa, lavabili e riutilizzabili.

LA CANAPA NELL’EDILIZIA

Nel campo dell’edilizia l’impiego della canapa viene finalizzato all’ottenimento di diversi materiali da costruzione in particolare quelli utili per l’isolamento termico.

Nei Paesi Bassi, in Irlanda, e in molte altre nazioni del mondo si utilizza la canapa come materiale isolante per l’edilizia

Grazie all’impiego della canapa è possibile realizzare pannelli di fibra e truciolati, e persino un’alternativa al cemento con i cosiddetti “mattoni di canapa”, poiché più resistenti, leggeri ed ecologici.

LA CANAPA & LA COSMESI

Nel settore della Cosmesi si attua da sempre un largo impiego della canapa per la creazione di creme, lozioni, balsami, e gel ricavati da questa pianta.

Questo dipende dalla disponibilità di un vasto assortimento di sostanze benefiche per la pelle, incluse vitamine e acidi essenziali presente all’interno della pianta.

Non a caso, le creme ricche di CBD a base di canapa vengono utilizzate per il trattamento di determinate condizioni, tra cui eczema, artrite, eruzioni cutanee, infiammazioni o irritazioni.

LA CANAPA & LA PURIFICAZIONE DI ACQUA & SUOLO

Talvolta definita come coltura “spazzina”, la canapa viene largamente impiegata per attuare la purificazione di acqua e suolo.

Per la purificazione delle acque si utilizza la canapa per depurare le acque reflue o eliminare il fosforo dagli escrementi del pollame. Ciò permette agli agricoltori di evitare l’uso di erbicidi, aspetto fondamentale per chi desidera coltivare secondo metodi biologici.

Una delle applicazioni più interessanti relative alla canapa si realizzò negli anni ’90, quando diversi esemplari vennero piantati nella zona di Chernobyl in Ucraina e si mostrarono potenzialmente in grado di ripulire i terreni contaminati.

LA CANAPA PER USO ALIMENTARE

In ambito alimentare famosi sono i semi di canapa, considerati un vero superfood e apprezzati su larga scala per il loro valore nutrizionale, e per il contenuto di proteine, calcio, ferro, acidi grassi essenziali e molto altro. Vengono considerati un supercibo e venduti come integratori alimentari.

Si utilizza la canapa anche per la produzione di olio e latte vegetali e viene impiegata come additivo a bevande quali birra e vino. Inoltre, i semi di canapa rappresentano una valida alternativa al classico mangime per animali.

Se in passato in Oriente i semi di canapa venivano considerati un ottimo alimento povero utili per combattere i periodi di carestia, oggi, grazie alle loro interessanti proprietà e la ricchezza di sostanze nutrienti, sono diventati un ingrediente piuttosto ricercato nella moderna cucina occidentale, dove vengono utilizzati anche per sopperire alle carenze conseguenti a regimi dietetici restrittivi.

 PROTEINE DELLA CANAPA: PROPRIETÀ E CARATTERISTICHE [14]

I semi di canapa contengono proteine dagli innumerevoli vantaggi e benefici per l’organismo.

Spesso commercializzate in polvere per un più semplice applicazione nell’integrazione, le proteine della canapa sono complete ricche di amminoacidi e per questo, molto indicate per coloro che seguono una alimentazione vegetariana e vegana.

A seguito del processo di spremitura dei semi (dal quale si ottiene l’olio di canapa),  si genera un residuo solido che viene macinato e dalla cui farina ottenuta vengono scorporate le fibre.

Da tale processo si ottengono le proteine.

La lavorazione è quindi molto semplice, a basse temperature senza solventi o contaminazioni varie.

I benefici derivanti dalle proteine della canapa oltre a rappresentare un valido integratore per vegetariani e vegani, si riverberano sulle principali funzionalità del nostro organismo:

  • Nutrimento muscolare.
  • Regolarità intestinale, grazie alla componente in fibre.
  • Ccontrollo dei fattori di rischio cardiovascolaricome colesterolo e glicemia grazie alla presenza di grassi essenziali polinsaturi come l’acido linoleico, il gamma linoleico (omega 6) e l’acido alfa-linoleico (omega 3).
  • Aaumento dell’energia fisicagrazie al complesso vitaminico B1, B2, B6
  • Riduzione della stanchezza.
  • Controllo del pesograzie al senso di sazietà.

Solitamente in commercio si fa uso dei semi di canapa eduli, i quali, venduti a scopo alimentare, sono ricavati dalla pianta di cannabis sativa, che si differenzia dalla cannabis indica (classificata in base a differenti criteri sia come sottospecie, che come varietà a parte) per l’assenza di componenti ad azione psicotropa, in effetti non presenti in quantità che si possano definire sotto qualche aspetto rilevanti. È buona norma, nella scelta, privilegiare coltivazioni biologiche di provenienza e qualità certificata.

I semi di canapa si differenziano per l’avere come caratteristica distintiva, l’alto contenuto di proteine a medio valore biologico (pari circa al 20% del peso totale).

Questo comporta che i semi di canapa siano riconosciuti utili a soddisfare il fabbisogno giornaliero di proteine, maggiormente se nell’ambito di una dieta vegetariana o vegana, che potrebbe risultare carente di amminoacidi essenziali.

Oltre che come fonte di proteine, i semi di canapa sono fonte di fibre insolubili con un vantaggio non indifferente al benessere generale dell’organismo.

Similmente ad altri semi, possono essere acquistati sia in forma integrale che decorticata, anche se in forma integrale conservano il maggiore apporto di fibre.

Dal punto di vista dell’apporto lipidico, i semi di canapa nel quadro nutrizionale già positivo annoverano anche la proprietà di possedere acidi grassi essenziali. Gli Omega 3 e gli Omega 6 forniti in proporzioni ottimali dai semi di canapa contribuiscono, all’interno di una dieta sana, a contrastare colesterolo alto e ipertensione, e quindi all’efficienza del sistema cardiocircolatorio.

Anche l’utilizzo a crudo dai semi dell’olio vegetale che se ne ricava permette di avere una ottima fonte di acido linoleico. Quando viene spremuto a freddo l’olio di semi di canapa conserva intatte e in parte potenzia le proprietà dei semi e viene impiegato non solo come alimento, ma anche come ingrediente di creme e unguenti, in quanto estremamente nutriente per pelle e capelli nell’industria cosmetica.

L’olio di canapa è possibile acquistarlo facilmente nei negozi online. E’ un prodotto davvero pregiato con alcune eccellenti proprietà alimentari. Infatti è ricco di acidi grassi essenziali, appartenenti al tipo omega 6 e omega 3 (in una proporzione di 3 a 1, valore considerato ottimale per l’alimentazione). Inoltre è anche ricco di vitamina E, che è un antiossidante naturale.

L’olio di canapa ha un sapore delicato e molto gradevole, può essere utilizzato come condimento a crudo, per non perderne i benefici. Purtroppo, essendo la produzione di canapa alimentare alimentare limitata, il prezzo di mercato è, per il momento, un po’ elevato.

Dal punto di vista alimentare, anche come apporto di vitamine e sali minerali i semi di canapa si contraddistinguono: forniscono anche una buona dose di minerali, in particolare calcio, ferro e magnesio. Sono infine, una fonte di vitamina E, nota per le proprietà antiossidanti e per l’azione rigenerante sulla pelle, che contribuisce a nutrire dell’interno.

Altro importante variante ottenuta dalla canapa è la farina di canapa Questa si ottiene dalla macinazione del panello, vale a dire il residuo rimasto dalla spremitura del seme.

A livello di proprietà ricalca i valori nutrizionali dei semi e dell’olio, che abbiamo visto in precedenza. Qui evidenziamo che si tratta di una farina molto leggera, contiene infatti circa il 20% in meno di calorie rispetto alle normali farine. In secondo luogo, essendo priva di glutine, è l’ideale per una dieta celiaca.

IMPIEGO IN CUCINA [15]

L’uso in cucina dei semi di canapa è vario: si può impiegare la polvere proteica come integratore ai normali alimenti sia a caldo sia a freddo: nelle zuppe, nei succhi di frutta, nello yogurt.

Non è stato indicato un dosaggio standard, ma viene fornito un range da 1 a 4 cucchiaini al giorno da miscelare agli alimenti che si assumono.

I semi di canapa possono essere consumati sia crudi sia cotti o come aggiunte a prodotti da forno e, al pari della frutta secca e dei cereali, vengono utilizzati per arricchire yogurt e insalate.

La loro conservazione è solitamente a temperatura ambiente, in un contenitore ermetico, al riparo dalla luce e dall’umidità.

Dai semi di canapa si ricava inoltre una farina adatta a diversi usi in cucina, alla produzione di biscotti, lievitati e altri prodotti da forno.

Con la farina di canapa vengono anche prodotte alcune varietà di pasta. Aromatica e nutriente, la pasta di canapa consente di preparare primi piatti particolarmente ricchi di proteine e fibre.

Dai semi di canapa macinati si ricavano anche alcune varianti di tofu (hemp-fu) e di seitan.

L’olio di canapa è invece esclusivamente consumato a crudo, come condimento per arricchire la dieta di acidi grassi essenziali.

Va conservato al riparo dalla luce in un luogo fresco e asciutto, e in frigorifero una volta aperto, perché, come accade anche all’olio di semi di lino, tende a irrancidire.

Forse non tutti sanno che i semi di canapa si possono anche bere. Il latte di canapa (hemp milk) è infatti un latte vegetale prodotto da semi di canapa frullati in acqua e filtrati, naturalmente privo di lattosio ma ricco di nutrienti.

CONTROINDICAZIONI AI SEMI DI CANAPA

Eventuali controindicazioni possono sopraggiungere grazie alla assunzione dei semi di canapa in quantità eccessive.

Questi, potrebbero interferire con l’assunzione di farmaci anticoagulanti; sono semi oleosi e il loro elevato contenuto in grassi potrebbe essere responsabile di fenomeni di diarrea.

Esiste una remota possibilità che i semi di canapa sebbene sgusciati possano essere entrati in contatto con la sostanza psicotropa (THC) della pianta e dare sensibilizzazione.

CONCLUSIONI

Come si può dedurre dai numerosi esempi riportati di sopra, la canapa è una pianta estremamente versatile.

Difficilmente possiamo prevedere come si svilupperà uno specifico settore, ma per il settore della canapa, l’aumento della sua produzione segnala il suo ritorno in numerosi mercati commerciali con l’aggiunta di valore che finalmente il mondo sta veramente cambiando in ottica di estensibilità.

 APPENDICE

Per chi fosse interrato ai semi di canapa in maniera più dettagliata riportiamo interessanti dettagli qui di seguito.

Calorie e valori nutrizionali dei semi di canapa

Elementi principali

Semi di canapa (100 g)
Acqua 4,96 g
Energia 553 kcal
Proteine 31,56 g
Grassi 48,75 g
Carboidrati 8,67 g
Fibre 4 g
Zuccheri 1,5 g

Minerali

Semi di canapa (100 g)
Calcio 70 mg
Ferro 7,95 mg
Magnesio 700 mg
Fosforo 1650 mg
Potassio 1200 mg
Sodio 5 mg
Zinco 9,9 mg

Vitamine

Semi di canapa (100 g)
Vitamina C 0,5 mg
Tiamina 1,275 mg
Riboflavina 0,285 mg
Niacina 9,2 mg
Vitamina B6 0,6 mg
Folato, DFE 110 µg
Vitamina A, RAE 1 µg
Vitamina E 0,8 mg

Grassi

Semi di canapa (100 g)
Grassi saturi 4,6 g
Grassi monoinsaturi 5,4 g
Grassi polinsaturi 38,1 g

Fonte: USDA Food Composition Databases

[1] Oxoford Dictonary

[2] TRECCANI

[3] TRECCANI

[4] https://www.olfattiva.it

[5] https://www.cibdol.it/

[6] https://www.olfattiva.it/

[7] https://www.cannaconnection.it/

[8] UNODC – Bulletin on Narcotics – 1968 Issue 2 – 009, su www.unodc.org.

^ (EN) Leo E. Hollister, Tetrahydrocannabinol Isomers and Homologues: Contrasted Effects of Smoking, in Nature, vol. 227, n. 5261, 1970-08, pp. 968–969, DOI:10.1038/227968a0.

^ (EN) Pubchem, Dronabinol, su pubchem.ncbi.nlm.nih.gov.

^ (EN) G. Mazzoccanti, O. H. Ismail e I. D’Acquarica, Cannabis through the looking glass: chemo- and enantio-selective separation of phytocannabinoids by enantioselective ultra high performance supercritical fluid chromatography, in Chemical Communications, vol. 53, n. 91, 2017, pp. 12262–12265, DOI:10.1039/C7CC06999E.

^ Cannabis: Proprietà chimico-farmacologiche

[9] https://www.cannaconnection.it/

[10] cannaconnection.it

[11] cannaconnection.it

[12] cannaconnection.it

[13] cannaconnection.it

[14] https://www.cure-naturali.it/

[15] -https://blog.everli.com

-Curenaturali

In natura, come nella vita, la fama marchia le persone e anche gli elementi senza risparmiare nessuno.

Nel tempo, piante come la Cannabis non hanno ricevuto la giusta attenzione che meritavano per la loro nomea legata al mondo degli stupefacenti.

Esistono legami, proprietà ed impieghi specifici e spesso contraddittori all’interno del vasto panorama della flora naturale che nel tempo hanno suscitato l’interesse e le attenzioni di studiosi, ricercatori, scienziati e appassionati.

Seppur vero che la Cannabis viene ancora impiegata nel mondo della droga come psicoattivo, è stato spesso sottovalutato il suo grande apporto in termini positivi sulla salute dal punto di vista medico-curativo.

Canapa e Cannabis sono due facce della stessa medaglia interconnesse tra loro poichè entrambe piante facenti parte della stessa famiglia, con proprietà e vantaggi (è il caso di dire) STUPEFACENTI.

Come moltissime piante, la Canapa, è una specie dai molteplici ed incredibili benefici, che nel tempo, vista la sua declinazione in Cannabis (spesso chiamata erroneamente Marijuana), intesa solamente in veste negativa quale droga, è stata ingiustamente accantonata o non più completamente sfruttata.

Tuttavia, grazie a numerosi studi, ricerche e recenti scoperte, che sono parte di un filone molto copioso di studi portati avanti dai ricercatori da diversi anni, oggi, in questo articolo, vogliamo mettere in luce i numerosi benefici apportati dalla Canapa, dalla sua vicina parente la Cannabis e la stretta correlazione tra i cannabinoidi e il sistema Endocannabinoide umano.

Vediamo di seguito tutti i dettagli.

Per maggiore chiarezza e per facilitarne la lettura, abbiamo distinto in tre articoli differenti le varie parti, uno sulla canapa, uno sulla cannabis e uno sul sistema endocannabinoide umano.

CANAPA & CANNABIS: DEFINIZIONE E DIFFERENZE

Prima di iniziare con le varie specifiche parti dell’articolo, iniziamo con il chiarire alcuni punti chiave e definizioni.

Una prima definizione:

CANAPA: Pianta annua, dioica, delle dicotiledoni amentifere, attualmente inclusa nella famiglia delle cannabacee (Cannabis sativa), a foglie opposte o alterne, composte da 5 o 9 o 11 foglioline lanceolate; i fiori sono disposti, negli individui maschili, in pannocchie terminali o ascellari, nei femminili in glomeruli raccolti in una infiorescenza compatta; il frutto è un achenio, correntemente detto seme di c., da cui si può ricavare un olio (olio di c.) usato nella fabbricazione di saponi e vernici, in passato per illuminazione, e che, se depurato, ha anche usi alimentari. Forse originaria dell’Asia centrale, la canapa è oggi coltivata in molti paesi a clima temperato e tropicale per la fibra che da essa si ricava, ma la sua produzione, a causa della concorrenza di alcune fibre artificiali, è in costante declino.

CANNABIS: (Linnaeus, 1753) è un genere di piante angiosperme della famiglia delle Cannabaceae. Secondo alcuni comprende un’unica specie, la Cannabis sativa, la pianta storicamente più diffusa in occidente, a sua volta comprendente diverse varietà e sottospecie; secondo altri invece si distinguono tre specie, C. sativaC. indica e C. ruderalis. Originaria dell’Asia centrale e sacra per gli hindu, la pianta era indicata in sanscrito con i termini bhangavijaya e ganjika; in hindi, ganjaÈ generalmente accettata l’ipotesi secondo cui la canapa sia giunta nelle Americhe dopo Colombo; tuttavia alcuni scienziati hanno trovato residui di cannabis, tabacco e foglie di coca in numerose mummie (1500 a.C.) scoperte in Perù.

Dalle sue infiorescenze essiccate è possibile ottenere la marijuana, un complesso di molecole che agiscono principalmente a livello del sistema nervoso centrale e periferico.

Le molecole più note sono il THC-ovvero il delta-9-tetraidrocannabinolo– e CBD –il cannabidiolo.

Anche se canapa e cannabis appartengono alla stessa specie vegetale, sono due piante che presentano delle differenze importanti da non sottovalutare

Non soltanto esteriormente, ma anche dal punto di vista del chemiotipo (componenti chimici).

A titolo di esempio: la canapa possiede concentrazioni di THC decisamente inferiori, mentre nella Cannabis e dunque anche nella marijuana e hashish (che derivano entrambi dalla cannabis), questo cannabinoide è presente in quantità abbondanti.

Canapa e cannabis vengono prodotte per ragioni completamente diverse, pertanto devono essere coltivate in specifiche condizioni ambientali.

La cannabis destinata alla produzione di marijuana e hashish è stata allevata e selezionata per sviluppare esemplari femmina che producono grandi quantità di fiori.

Le piante di canapa possono essere di sesso femminile, ma quelle coltivate per scopi industriali sono generalmente maschi e non producono fiori. Anche questi esemplari vengono allevati in modo selettivo e coltivati in condizioni che favoriscono la crescita verticale e lo sviluppo di steli lunghi e spessi.

I maggiori impieghi della canapa legale in Italia sono la base di alimenti (nella produzione di semi, olio, farina, biscotti, condimenti) tessuti, carte, cosmetici, materiali edili, sportivi, accessori di moda ma anche aromaterapici come l’impiego dell’olio essenziale.

In Italia negli anni ‘30 la coltivazione della canapa occupava 85 mila ettari di terreno vantando il titolo di seconda produttrice mondiale per quantità dopo l’Urss e prima per qualità.

Solo dopo il 1950, con l’avvento della produzione di fibre sintetiche, la canapa ha smesso di essere un’importante fonte di guadagno per l’economia italiana fino ad essere posta quasi nel dimenticatoio.

DIFFERENZE TRA CANAPA, CANNABIS & MARIJUANA

Nel corso del tempo si sono verificate diverse incomprensioni riguardo la differenza tra canapa e cannabis e conseguentemente tra canapa, cannabis e marijuana.

La marijuana scientificamente viene definita come la sostanza psicoattiva derivante dalle infiorescenze della pianta femminile della cannabis (anche chiamata canapa a volte).

La cannabis è riconosciuta dalla maggioranza degli studiosi come Cannabis sativa L. della quale si distinguono tre varietà: la cannabis sativa (utile), cannabis indica (indiana) e cannabis ruderalis (russa o americana) tutte con dimensioni, origini, concentrazioni, percentuali e principi attivi differenti.

Il termine marijuana etimologicamente non ha alcun significato. Veniva così definita dai messicani per il suo effetto stupefacente ad uso ricreativo.

Nel corso della storia sono stati inventati diversi termini per identificare la marijuana sempre in riferimento alle infiorescenze essiccate per essere successivamente fumate, benché la canapa abbia una storia molto più prestigiosa e vi siano innumerevoli veicoli per beneficiare di tutte le sue qualità.

Indubbiamente la sua ‘fama di stupefacente’ ha indebolito la grande storia della canapa, tra le piante più complete e utili che la natura ha da offrire.

Ad oggi importanti ricerche scientifiche hanno permesso a questa pianta di riacquistare valore e interesse.

 CANAPA SATIVA LEGALE & CANNABIS LEGALE[2]

La Cannabis Legale detta anche Cannabis Light, Marijuana light o Canapa Light è un’infiorescenza proveniente dalla stessa pianta: la Cannabis Sativa.

La Cannabis legale viene anche definita Canapa sativa legale, per la quale si intende la varietà sativa, quella che nella legge n.242 del 2 dicembre 2016 permette la libera coltivazione di canapa con contenuti di THC inferiori allo 0,2%.

La canapa legale si definisce quindi, anche cannabis light, o anche cannabis legale, ossia la varietà di cannabis che presenta una percentuale di THC estremamente ridotta, tanto da eliminarne gli effetti psicotropi.

In Italia i valori di riferimento di THC che rendono una pianta di cannabis light legale si attestano tra lo 0,2% e lo 0,5%.

La pianta della canapa produce infatti una vasta gamma di cannabinoidi – finora ne sono stati scoperti oltre 100 tipi – tra cui i due più famosi sono certamente il THC (tetraidrocannabinolo) e il CBD (cannabidiolo).

Il THC è la componente responsabile dell’effetto psicoattivo della marijuana e dell’hashish, quello che conferisce la sensazione di sballo e di alterazione delle facoltà mentali.

La pianta di canapa non produce livelli di THC così alti da essere inebrianti, contenendo invece una grande quantità di CBD. Quest’ultimo è pur sempre un cannabinoide ma non ha una composizione in grado di produrre effetti psicoattivi.

Al contrario le numerose proprietà della canapa sativa, come quella antidolorifica o quella antidepressiva, derivano proprio dall’elevata concentrazione di CBD.

Questa è la caratteristica più lampante che differenzia la canapa sativa dalla cannabis e anche dunque, dalla marijuana. È anche il discrimine utilizzato da molti Governi, i quali definiscono canapa sativa legale la canapa che contiene livelli di THC entro i limiti previsti dalle leggi.

Come suddetto, a questa concentrazione di THC il consumo di cannabis light non presenta controindicazioni per la salute ed anzi, diversi studi recenti mostrano come il consumo di cannabis legale possa avere diversi effetti benefici grazie alla sua alta concentrazione di CBD (cannabidiolo).

Il CBD, anche detto cannabidiolo, è una delle sostanze che si trovano all’interno delle piante di canapa ed è presente in alte concentrazioni nelle diverse varietà di cannabis legale.

Fino a pochi anni fa gli studi sulla cannabis light erano pochi e le interessanti proprietà del CBD erano dunque poco note. Grazie però allo sviluppo del commercio di cannabis legale, l’attenzione verso il CBD ed i suoi effetti benefici è andata via via crescendo.

Come suddetto, e ci teniamo a ripeterlo, attualmente diversi studi dimostrano come il CBD non abbia alcun effetto psicoattivo e porti invece numerosi benefici al sistema immunitario e all’organismo.

E’ proprio grazie al CBD che la cannabis legale è considerata avere un’ampia varietà di effetti terapeutici, tanto da risultare estremamente versatile.

Negli ultimi anni sono stati sviluppati numerosi prodotti a base di CBD che si sono rivelati estremamente utili nelle forme più disparate.

Il CBD, e di conseguenza il consumo di cannabis light, ha dimostrato attraverso diversi studi scientifici di avere diverse proprietà, tra le quali: proprietà analgesiche, anti-infiammatorie, ansiolitiche ed antipsicotiche.

VARIETA’ DI CANNABIS LIGHT

Da un punto di vista scientifico e botanico, la principale distinzione tra i differenti tipi di cannabis deriva da uno studio del 1785 di Jean-Baptiste Lamarck.

Il naturalista francese effettuò uno studio sugli effetti stupefacenti della Cannabis proveniente da due diverse regioni, quella del Medio Oriente e quella proveniente dalle zone equatoriali. I risultati portarono alla distinzione ancora oggi in uso tra Cannabis Sativa e Cannabis Indica. Le due tipologie hanno caratteristiche peculiari che ne definiscono non soltanto gli effetti psicoattivi ma anche il fenotipo.

Parlando di cannabis legale è giusto sottolineare come questa venga classificata come Cannabis Sativa e dunque, con un basso contenuto di THC ed alti livelli di CBD.

Il consumo di cannabis light è indicato soprattutto per persone con uno stile di vita frenetico che possono essere spesso sottoposte a stress. La cannabis legale aiuta a ridurre ansia, stress ed efficacie anche contro l’insonnia.

Sono disponibili diverse varietà ed infiorescenze con diversi livelli di CBD, proprietà e diversi gusti.

L’invito è dunque quello di sperimentare per riuscire a trovare la cannabis light perfetta per voi e le vostre esigenze.

DIFFERENZA TRA CANAPA, CANNABIS, MARIJUANA E HASHISH[3]

DI SEGUITO UN BREVE RECAP PER MAGGIORE CHIAREZZA:

CANAPA: Pianta erbacea delle Cannabacee ( Cannabis sativa ), alta oltre 2 m, con stelo diritto, fistoloso e peloso e foglie stipolate e picciolate, composte da 5-11 foglioline lanceolate; è estesamente coltivata per la fibra che se ne ricava.La fibra tessile ottenuta dagli steli essiccati al sole e quindi messi a macerare in acqua, oppure ottenuta dagli stessi con altri procedimenti industriali (fisici o chimici) o trattamenti microbiologici.

CANNABIS: Genere di pianta della famiglia Cannabacee, con le varietà sativa (canapa) e indica (canapa indiana). La Cannabis, sotto forma di preparati (foglie di marijuana) e resine (hashish), viene utilizzata come sostanza stupefacente. Tra gli effetti più frequentemente descritti: sensazione di benessere, ilarità, alterata percezione del tempo, intensificazione delle sensazioni e delle emozioni. Al di là delle discussioni sociali e politiche sull’uso della C. come stupefacente, essa è stata a lungo un’importante pianta medicinale. Negli ultimi anni si è accumulato un notevole volume di ricerca sulle sue proprietà farmacologiche e le possibili applicazioni cliniche, per es., nella terapia del dolore

MARIJUANA: Uno dei nomi con cui viene indicata in America e in Europa la droga ottenuta facendo seccare i fiori e le foglie della canapa indiana (Cannabis indica): generalmente fumata in sigarette o in pipe, procura uno stato di estatica euforia provocando modificazione delle percezioni uditive e visive e, in forti dosi, alterazioni del comportamento e delle funzioni psichiche.

HASHISH: per Hashish si intende la resina derivata dalla lavorazione della Cannabis ovvero: la sostanza stupefacente il cui nome arabo (ḥashīsh) significa «erba».Viene ricavata dalla Cannabis sativa (varietà indica), per purificazione dell’estratto alcolico privato della componente oleosa volatile o anche per secrezione della pianta in fiore. Ridotto in polvere viene successivamente trasformato in pasta pressata a forma di bastoncini o pani. Il principale componente attivo, il Δ9,-tetraidrocannabinolo, determina ebbrezza; Può essere fumato o assunto per via orale, e i suoi effetti variano a seconda della quantità assunta e della personalità del soggetto. In genere determina euforia, sensazione di rallentamento del tempo, iperemia congiuntivale, aumento di appetito. L’uso continuato provoca intossicazione. È la droga storicamente più diffusa tra le popolazioni musulmane e il suo uso è andato estendendosi ai paesi occidentali a partire dal 19° secolo. L’hashish, che è prodotto, in modi diversi dalla resina, ha normalmente maggiore potenza psicoattiva della marijuana.

 

[1] The Plant List.

[2] https://www.olfattiva.it

[3] Treccani

Madre Terra sta cambiando a causa dello sfruttamento da parte dell’uomo e su questo c’è poco da discutere.

Tutte le azioni barbare intraprese dalla razza umana hanno avuto effetti devastanti sul clima, sul pianeta, sulle specie viventi e in modo più assoluto, condizionano rilevantemente il nostro futuro e l’evoluzione del pianeta.

A dispetto di cosa si possa pensare, non solo l’esterno del pianeta sta risentendo dei danni causati dall’uomo, ma anche l’essenza stessa della Terra.

Non è possibile escludere per certo, che alcuni fenomeni fisici siano accaduti per evoluzione naturale, ma sicuramente, i grandi sconvolgimenti terrestri degli ultimi 50 anni per mano umana, hanno probabilmente influenzato ancora di più, l’evoluzione naturale di alcuni fenomeni fisici potenzialmente pericolosi per il pianeta.

Un interessante Studio pubblicato sulla rivista Earth and Planetary Science Letters svolto da un team internazionale del Politecnico federale di Zurigo ha messo in luce l’incalzante cambiamento che sta intercorrendo nel pianeta: il nucleo interno si sta raffreddando ad un ritmo maggiore del previsto con risultati impattanti sull’evoluzione del pianeta.

Tale affermazione è stata possibile grazie allo studio della conduttività termica di un minerale che si trova al confine tra nucleo e mantello.

La ricerca ha portato alla misurazione della conduttività termica del minerale chiamato bridgmanite, locato al confine tra le rocce viscose del mantello e lo strato bollente di ferro e nichel fusi del nucleo esterno.

Il team di ricerca capeggiato da Motohiko Murakami indica una maggiore conduttività termica del minerale superiore per una volta e mezza la normale condizione, con conseguente rialzo del flusso di calore tra il nucleo e il mantello ancora maggiore del previsto.

Anche la convenzione del mantello ne viene influenza: implicando un raffreddamento più rapido dell’interno della Terra e una conseguente più rapida decelerazione della tettonica a placche che alimenta i moti convettivi.

Per maggiore chiarezza ricordiamo alcune definizione:

  • La struttura interna della Terra: l’interno della Terra è disomogeneo e presenta rocce di diversa densità e composizione.

Le superfici di discontinuità sono superfici sferiche all’interno della Terra in corrispondenza delle quali si verificano brusche variazioni nella velocità e nella direzione di propagazione delle onde sismiche.

Le superfici di discontinuità separano due strati con proprietà fisiche e/o composizione chimica differenti.

In base alla composizione chimica si distinguono tre principali strati:

  • crosta
  • mantello
  • nucleo
  • Il mantello terrestre: uno degli involucri concentrici che costituiscono la terra, un involucro solido plastico compreso tra la crosta terrestre e il nucleo terrestre avente spessore di circa 2890 km. Rappresenta l’84% del volume terrestre. È prevalentemente solido e inferiormente si trova a contatto con il nucleo caldo terrestre ricco di ferro e magnesio, il quale cuba circa il 15% del volume del pianeta. La composizione del mantello è prettamente roccia ultrafemica o ultrabsica, stabile e ad alta pressione.
  • Convezione: intendiamo il fenomeno fisico che riguarda i moti convettivi della terra: ossia il movimento delle rocce all’interno del mantello.

Tale fenomeno dipende dalla differenza di temperatura fra la superficie della Terra e il nucleo esterno e dalla capacità delle rocce cristalline, sottoposte ad alta pressione e temperatura, di subire deformazioni viscose nel corso di milioni di anni.

La circolazione convettiva di materiale all’interno del mantello che si viene a creare, comporta che il materiale caldo salga verso il confine superiore del mantello, mentre il materiale più freddo (e denso) sprofondi.

 Le rocce calde che salgono verso la superficie si raffreddano durante la risalita poiché cedono calore all’atmosfera e, aumentando la loro densità, aumentano i loro peso e sprofondano nuovamente all’interno del pianeta dove, riscaldandosi nuovamente, ricominciano a risalire nel nuovo ciclo convettivo alimentando così, il moto delle celle convettive in un circolo virtuoso in continuo andamento.

A causa di tale moto convettivo all’interno della Terra, il fenomeno fisico della convezione muove ingentissime masse di materiali e produce notevoli fenomeni geologici sulla superficie.

  • Placche: enormi parti di superficie terrestre creati dalla frammentazione della stessa, causata dai moti convettivi all’interno del mantello. Le placche sono state individuate in una ventina di enormi “frammenti”.

L’estremità superiore del mantello solido a contatto con la crosta forma la litosfera, l’involucro rigido che avvolge il pianeta che si estende fino a 100 Km di profondità.

Le placche sono formate appunto da litosfera, cioè da questa combinazione di crosta e parte superiore del mantello.

  • Tettonica a placche: è il modello di dinamica della Terra su cui concorda la maggior parte degli scienziati che si occupano di scienze della Terra, secondo cui la Terra è divisa in una ventina di placche principali. Secondo la Teoria della Tettonica delle placche, la litosfera (l’involucro rigido più esterno della crosta terrestre) è suddivisa in 20 placche (o zolle) rigide. Le placche, galleggiando, possono allontanarsi l’una dall’altra; avvicinarsi e scontrarsi; avvicinarsi e scorrere l’una accanto all’altra. In particolare quando due placche premono una contro l’altra, si possono avere tre casi:
  • se sono due placche oceaniche, una scivola sotto l’altra in una fossa detta fossa di subduzione. Parte della litosfera oceanica che sprofonda nel mantello fonde dando origine a volumi di magma. Il magma risale verso la superficie terrestre e fuoriesce formando una serie di vulcani.
  • se si tratta di una placca oceanica e di una continentale, la placca oceanica, più pesante, scivola sotto quella continentale. L’oceano tra le due placche si riduce e poi scompare; il fondo dell’oceano emerge; la litosfera oceanica sprofonda nel mantello dando origine a volumi di magma che, risalendo in superficie, generano una serie di vulcani.
  • se si tratta di due placche continentali, nessuna delle due sprofonderà sotto l’altra, ma i loro bordi si accavalleranno l’uno sull’altro dando origine alle montagne.

L’opinione del Dott. Carlo Doglioni, presidente dell’Ingv (l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), è più cauta e atta a sottolineare come nessuno sappia esattamente quanta bridgmanite sia presente tra nucleo e mantello né quale sia la temperatura a quella profondità. “Partire dallo studio di un singolo minerale per estrapolare conclusioni sull’evoluzione dell’intero pianeta mi pare azzardato, anche perché non si tiene conto di evidenze emerse negli anni circa la reale capacità di convezione del mantello” – ha spiegato Doglioni.

Nonostante le varie opinioni contrastanti quel che è certo è che la specie ha il dovere di salvaguardare il PIaneta, la nostra Casa, perchè non solo dipendiamo da essa fortemente, ma soprattutto perchè senza una casa adeguata non si può vivere.

In questo articolo riportiamo un report del WWF molto interessante.

Molte specie stanno reagendo al cambiamento: alcuni uccelli migratori stanno ca“Fino a pochi anni fa erano i modelli matematici a prevedere che il clima del Pianeta stava cambiando e alcuni governi e pochissimi esponenti del mondo scientifico mostrava scetticismo. Oggi siamo di fronte a fenomeni climatici sempre più estremi, frequenti e devastanti. mbiando le date di arrivo e di partenza anno dopo anno, le fioriture stanno anticipando, le specie montane si spingono, finché possono, in alta quota.

Ormai nessuno ha più dubbi sul fatto che siano in atto importanti mutazioni nel clima del Pianeta e sulla nostra responsabilità.

Gli ultimi cinque anni sono stati i più caldi della storia e anche il decennio 2010-2019, è stato il più caldo da quando esistono registrazioni attendibili e regolari della temperatura. Dagli anni Ottanta, ogni decennio successivo è stato più caldo di tutti i precedenti tornando indietro fino al 1850.

Le misurazioni strumentali, la frequenza e la violenza di eventi climatici che stiamo osservando, i cambiamenti nei comportamenti, nelle abitudini migratorie e riproduttive di molte specie animali e vegetali lasciano poco spazio a interpretazioni: la crisi climatica è ormai un dato di fatto.

La comunità scientifica è ormai unanime nell’indicare le attività umane quali responsabili della crisi climatica, in particolare a causa dell’aumento dei gas serra immessi nell’atmosfera. La concentrazione di gas serra nell’atmosfera ha raggiunto livelli record: l’anidride carbonica è aumentata del 147%, il metano del 259% e il protossido di azoto del 123% rispetto ai livelli preindustriali.

La CO2 in atmosfera viene attualmente stimata, in media, in 413 parti per milione, una concentrazione che non si registrava da almeno 650 mila anni, ma probabilmente da molto prima.

Questi cambiamenti rendono sempre più frequenti fenomeni di inondazioni, siccità, dissesto idrogeologico, diffusione di malattie, crisi dei sistemi agricoli, crisi idrica e estinzione di specie. Non possiamo più attendere, dobbiamo invertire la rotta”.

Credit to: https://www.wwf.it/cosa-facciamo/clima/cambiamenti-climatici

 

Gli allevamenti intensivi sono tra i maggiori distruttori del Pianeta perché producono quantità enormi di gas serra, che sappiamo tutti quanto siano nocivi per il pianeta.

E se sappiamo che tutto ciò che mangiamo ha un impatto ambientale, possiamo capire come il consumo di carne, pesce, uova e latticini sia un processo DEVASTANTE PER L’AMBIENTE.

Di seguito riporto alcune info significative riprese da un articolo dell’associazione Animal Equality:

“Le attività agricole rappresentano il 24% di tutte le emissioni di gas serra ogni anno. Di queste, l’80% è dovuto direttamente o indirettamente ad attività zootecniche, ossia quelle attività che potremmo tranquillamente chiamare allevamenti. Vuol dire che la maggior parte delle emissioni legate alla nostra alimentazione dipendono dalla nostra personale scelta di rinunciare o meno a carne e altri prodotti animali.  Spesso ci dimentichiamo di come i piccoli cambiamenti collettivi alle nostre routine possano avere effetti di vasta portata.

È stato calcolato che se solo la popolazione degli Stati Uniti decidesse di rinunciare a carne e derivati per un solo giorno alla settimana, in un anno, risparmieremmo alla nostra atmosfera l’inquinamento prodotto da 7.6 milioni di automobili. Benché nel dibattito sui gas serra il monossido di carbonio catalizzi sempre tutta l’attenzione, esso rappresenta solo il 9% delle emissioni del settore agricolo. Il metano (CH4), è un gas serra 25 volte più pericoloso, occupa una fetta che va dal 35% a 45% mentre l’ossido nitroso (N2O), 300 volte più pericoloso, oscilla ogni anno fra il 45% ed il 55%.

Cosa c’entra il metano con gli allevamenti?

I ruminanti (bovini e ovini) producono metano come effetto secondario dei propri processi digestivi e lo rilasciano in atmosfera proprio con questi processi digestivi o con le esalazioni derivanti dal loro letame in decomposizione. Se considerate che solo gli animali allevati negli Stati Uniti producono 500 milioni di tonnellate di letame ogni anno, ossia 3 volte la quantità di rifiuti prodotti dalla popolazione statunitense nello stesso arco di tempo, inizierete a farvi un’idea di cosa significhi per l’ambiente il nostro insaziabile appetito per la carne.

Facciamo presente che stiamo parlando di un unico gas nocivo e solamente del suo effetto in atmosfera. Ma il letame che si decompone, parlando di quantità così grosse, va a contaminare anche la nostra falda acquifera.

E poi esistono anche altre sostanze, come ad esempio il protossido di azoto.

Cosa c’entra il protossido di azoto con gli allevamenti?

Il protossido di azoto è anch’esso un prodotto secondario della decomposizione del letame dei ruminanti, ma viene immesso in atmosfera in quantità maggiore con la produzione e l’applicazione di fertilizzanti azotati, così come durante il deterioramento di un terreno ricco di carbonio, appena disboscato per creare spazio ad uso agricolo.

Continuiamo con l’esempio statunitense per farci un’idea: 60 milioni di ettari di terre coltivate, 167 milioni di kg di pesticidi e 19 miliardi di euro vengono spesi ogni anno per nutrire la popolazione di ruminanti negli allevamenti.

Cosa c’entrano gli allevamenti con il disboscamento?

Secondo la FAO, gli allevamenti equivalgono al 26% di tutte terre emerse, ghiacciai inclusi. A questo dato possiamo aggiungere che l’area totale dei terreni in cui si coltiva il cibo per gli allevamenti equivale al33% di tutta la terra arabile del pianeta. Sempre secondo la FAO l’allevamento occupa il 70% di tutti i terreni agricoli presenti nel mondo ed il 30% della superficie del pianeta, in crescita. Si calcola che tra il gennaio e l’agosto del 2019 5,950 chilometri quadrati di foresta pluviale sono stati bruciati per fare spazio a terreni adibiti alla coltivazione di soia o al pascolo di bovini.

Degli oltre 200 milioni di tonnellate di soia prodotti in Brasile, solamente il 6% è destinato al consumo umano, il 3% al combustibile biodiesel, il restante 91% è destinato a mangimi e farine destinate al consumo animale. Non è solo la produzione di soia la colpevole della deforestazione: il Brasile, infatti, è anche il primo esportatore di carne bovina al mondo e anche in questo caso la domanda continua a crescere. Per allevare bovini destinati all’industria della carne è necessario fare spazio, ed ecco perché gli allevatori bruciano parti di foresta da destinare a terreni da pascolo per gli animali.

A questo punto, probabilmente starai iniziando a realizzare come tutte quelle costine, quegli hamburger o quei formaggi che finiscono ogni giorno nei nostri piatti non facciano poi così bene all’ambiente.

Non serve prendersela con gli allevamenti, con i macelli, i supermercati o i ristoranti; le attività commerciali, infatti, rispondono ad una domanda. E quella domanda… la crea chi acquista prodotti animali. Dal 1971 al 2010, a fronte di una crescita della popolazione globale del 81%, la produzione di carne mondiale è triplicata raggiungendo una cifra di circa 670 miliardi di euro.

Quindi, quali alimenti sono più dannosi per l’ambiente?

Esiste un’analisi dettagliata della Carbon Footprint totale delle fonti di proteine più comunemente diffuse, siano esse carne, formaggi o vegetali.

Per Carbon Footprint si intende l’emissione di gas nocivi attribuibile ad un prodotto, un’organizzazione o un individuo e serve a misurare l’impatto che tali emissioni hanno sui cambiamenti climatici legati all’attività dell’uomo.

Secondo questa lista, agnello, manzo e formaggio occupano in questo ordine le tre posizioni più inquinanti. La lista procede poi includendo carne di maiale, salmone d’allevamento, tacchino, pollo, tonno in scatola, uova per poi terminare con patate, riso, burro di arachidi, noci, broccoli, tofu, fagioli secchi e le lenticchie.

È una lista che ingloba tutti i momenti della vita del cibo, trasporti inclusi. Secondo questa analisi ogni kg di cibo consumato produce circa 86.4 kg di CO2 se si tratta di carne di agnello, 59.6 kg se si tratta di manzo, 29.7 kg se si tratta di formaggio. I broccoli generano circa 1.9 kg di CO2 contro le lenticchie che ne producono solo 0.89. Va inoltre notato che per le fonti vegetali, la maggior parte delle emissioni nocive è legata al trasporto, alla cottura ed allo smaltimento dei rifiuti.

E l’impatto sulla salute?

L’impatto ambientale ha già di per sé effetti sulla nostra salute. E questo anche se siamo lontani centinaia di km dalle fonti di inquinamento: acque ed aria non conoscono confini, il problema ormai è globale.

Ma se l’impatto ambientale delle nostre diete non fosse sufficiente a farci ripensare le nostre routine alimentari, forse potrebbe farcela l’impatto del cibo sulla nostra salute.

L’Istituto Nazionale per il Cancro statunitense ha studiato ben 500.000 cittadini americani nel 2009 ed è arrivato a conclusioni pesanti: nella parte di questo campione che si è cibata maggiormente di carne rossa si riscontra un +20% di probabilità di morte per cancro e +27% per infarto.

Per le donne, i risultati sono ancora meno confortanti: fra le consumatrici di alte quantità di carne rossa, il rischio di morte per malattie cardiovascolari è più alto del 50%”.

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