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Spiritualità nel Mondo & nel Tempo

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L’autunno è una stagione davvero affascinante sotto diversi punti di vista.

Periodo di passaggio tra le calde giornate estive e i primi freddi invernali, è una stagione molto caratteristica: la natura si prepara ad affrontare l’inverno, cadono le foglie ormai inutili dagli alberi e le piante si preparano a superare le basse temperature dell’inverno.

In un certo senso l’autunno è la stagione dell’ordine, della pulizia, nella quale la natura si ripulisce dal superfluo (fa cadere le foglie ormai non più utilizzabili) e rimane con l’essenziale pronta per il periodo più intenso che la attende.

Allo stesso modo della natura, anche noi come individui possiamo sfruttare questo periodo a nostro vantaggio cercando di seguire il flusso naturale della stagione al fine di riordinare priorità, obiettivi, progetti, concentrarsi solo sul necessario e il realizzabile scartando il superfluo e creare i nostri spazi interiori di pace e serenità nei quali rifugiarci per sfuggire dal trambusto della routine di tutti i giorni ed evadere dei pensieri/preoccupazioni; in modo da organizzare al meglio le nostre attività e allo stesso tempo, ritagliare tempo alla cura di noi stessi in termini di benessere spirituale e psicologico.

Le stagioni influenzano sempre il mood e le emozioni e in particolare, l’autunno influenza il tono dell’umore e le emozioni in modo significativo grazie all’arrivo del freddo, delle ore di luce ridotte e del passaggio all’oro solare.

Di seguito riportiamo tutti i dettagli sugli insegnamenti da applicare ispirandosi alla stagione autunnale, i benefici che può apportare sulla nostra psiche e le influenze positive e negative che comporta in termini di benessere psichico e spirituale.

 I COLORI DELL’AUTUNNO: l’influenza sulla psiche [1]

Alla stagione autunnale spesso si associano stati d’animo di tristezza, malinconia, irritabilità e una predisposizione ad una maggiore introspezione.

Nella stagione dei colori rosso, marrone, giallo e arancio queste tonalità sono percepite dal nostro cervello come meno attivanti e per tale motivo, le persone che soffrono di bassa autostima o insicurezza potrebbero essere predisposti a maggiori episodi di depressione, malinconia, attacchi di panico, sperimentando stati di ansia e depressione autunnale (simile alla SAD sindrome da depressione stagionale di cui trovi l’articolo nella sezione https://auxiliawellness.it/winter-blues-il-disturbo-affettivo-stagionale-dellinverno/).

Se in estate le gradazioni estive stimolano l’azione e l’intraprendenza, le tinte autunnali stimolano la nostra psiche alla riflessione, alla solitudine, all’osservazione e alla calma.

Tale aspetto non è certamente negativo in quanto permettono di rallentare, fermarsi, riflettere a livello più profondo e di prendersi del tempo per ascoltare la propria voce interiore sviluppando maggiore conoscenza del proprio mondo interiore e permettendoci di relazionarsi con il nostro IO e con le persone che ci stanno intorno in maniera più bilanciata, conscia e attenta.

Tale mood incentrato sulla propria interiorità permette inoltre, di fare spazio alle cose davvero utili, importanti, tralasciando e accantonando il superfluo per focalizzarsi solamente sugli obiettivi, sentimenti, emozioni e questioni che davvero contano e ci rendono felici, su ciò che ci fa stare bene.

 AUTUNNO: il momento dell’abbondanza e della raccolta

Dal latino autumnus, (participio passato del verbo augère) il cui significato è “aumentare, arricchire” deriva la caratterizzazione dell’autunno come stagione appunto dell’abbondanza, ricchezza.

L’autunno è la stagione di raccolta dei frutti dell’estate per accantonare tale abbondanza come scorta in vista dell’inverno quale stagione di ristrettezze.

Dal punto di vista dell’interiorità è il momento più idoneo per raccogliere i frutti dell’anno in termini di obiettivi conseguiti (che erano stati i propositi di gennaio) e tirare le somme delle varie situazioni che si sono andate a creare durante l’anno.

L’autunno è il momento per vedere e valutare ciò che abbiamo conseguito ed esserne GRATI, proiettando il sentimento potente della gratitudine su ogni cosa ottenuto sia a livello lavorativo, familiare, relazionale e sia a livello personale in modo da sentirci FELICI E APPAGGATI per tutti i risultati conseguiti. È un modo vero e proprio di rendersi conto di ciò che abbiamo ottenuto ed apprezzarlo a PIENO.

“La felicità non deriva dall’ottenere ciò che desideri ma dal desiderare ciò che già possiedi”.

Inoltre, la stagione autunnale è la stagione dei SEMI, che sono l’origine della vita per le future piante e che una volta impiantati, scendendo nelle profondità del terreno, si attiveranno e germoglieranno in primavera come nuova fonte di vita appena nata.

Questa attività, per analogia a livello della nostra psiche ha un valore simbolico notevole.

Attraverso una semplice trasposizione del seme come pensiero o emozione all’interno della nostra psiche, impiantare il seme significa a livello psicologico per noi impiantare una MAGGIORE CONSAPEVOLEZZA e dunque, attivare un PROCESSO DI RISVEGLIO INTERIORE che avviene a livello molto profondo della nostra aurea energetica.

In questo modo, attraverso una maggiore consapevolezza del proprio IO interiore, si potrà affrontare l’autunno come stagione del CAMBIAMENTO in maniera più serena e con meno timori. Per ottenere questo stato di calma interiore è necessario riconoscere ed accettare la funzione essenziale delle proprie emozioni (sia positive, sia negative).

“Per poterti evolvere e rinnovare hai bisogno di volgerti al tuo interno e affrontare le tue emozioni, anche quelle meno piacevoli, fare i conti con la tua realtà e dove possibile agire per modificarla”.

LA DEPRESSIONE AUTUNNALE: caratteristiche e rimedi

A volte scavare a fondo nella propria psiche andando a conoscere i tasselli complessi della propria interiorità porta degli scompensi notevoli che possono sfociare nella depresione autunnale.

Per evitare il sopravvento di depressione e pensieri negativi bisogna imparare a gestire il cambiamento stagionale adattandosi ed integrandosi con i cambiamenti fisici e di umore della stagione.

MALINCONIA

Ad esempio la tipica malinconia autunnale non deve sfociare in depressione ma deve essere presa come una analisi lucida sul passato, sugli insegnamenti che si sono ricavati da tali esperienze e sul fatto che quel passato ormai concluso doveva andare in quel modo per permetterci di apprendere quelle lezioni e che ormai come ciclo chiuso della nostra vita non va riaperto e anzi, va accolto e analizzato solo come ricordo di insegnamenti che ci hanno aiutato a diventare le persone che oggi siamo.

La tristezza che si genere dal ricordo non deve essere presa come negativa, ma anzi va accolta e interpretata come lucida testimonianza che quelle vicissitudini del passato sono grandi maestre di vita a tutti gli effetti.

Questa accettazione del DOLORE permette di RINNOVARSI continuamente e adattarsi al cambiamento in quanto accettando la tristezza passiamo oltre e affrontiamo le novità con maggiore consapevolezza.

I BENEFICI DELL’AUTUNNO: come sintonizzarsi con il mood della stagione

  1. L’AUTUNNO COME STAGIONE INTERIORE DEL LASCIAR ANDARE e DEL RINNOVAMENTO

Basta osservare il cadere delle foglie dagli alberi per capire ed intuire facilmente il messaggio che questa stagione porta con sé: LASCIA ANDARE.

Il processo naturale parla chiaro: le foglie cadono dai rami poiché ormai secche e prive di sostanze nutritive e l’albero si prepara all’inverno spostando la propria energia dal tronco alle radici per prepararsi ad accogliere i le gemme che sbocceranno con la primavera le quali si nutriranno anche grazie al nutrimento che le foglie secche lasciano sul terreno dopo la caduta arricchendo e nutrendo le gemme indirettamente.

Allo stesso modo, interiormente la nostra psiche e la nostra aura energetica possono abbracciare lo stesso percorso: chiudere con i cicli del passato, lasciar cadere le vicende morte, passate e lasciar andare ciò che non serve più, per poterci RINNOVARE E PREPARARE PER LE FUTURE STAGIONI, TRA CUI LA PRIMAVERA INTERIORE COME PERIODO DI NUOVA FIORITURA SPIRITUALE.

Assorbire le esperienze seppur dolorose del passato imparando dai propri errori e facendo tesoro di tali insegnamenti permette di allenare la RESILIENZA e COLTIVARE LA FIDUCIA IN SE STESSI e nelle proprie ENERGIE INTERIORI.

Nei periodi difficili di incertezza e solitudine bisogna ricercare le proprie radici riconnettendosi alla propria parte più saggia e profonda.

BISOGNA essere FORTI ma FLESSIBILI.

Stare a contatto con la natura permette di acquisire fiducia e sicurezza che difficilmente si acquisiscono lontano dal contesto naturale e se non ben allineati con la fase stagionale.

Il processo naturale del lasciar andare” non è uguale per tutti e consiste nel guarire le proprie ferite e si ottiene imparando a gestire le emozioni e a connettersi con la propria voce interiore.

  1. ALIMENTAZIONE NATURALE: i cibi autunnali nutrono mente e spirito

Il cibo e l’alimentazione hanno una forte influenza sulle nostre emozioni e sull’umore, e viceversa, le alterazioni a livello psicologico influenzano i comportamenti alimentari e la scelta del cibo che consumiamo.

Le persone con una maggiore sensibilità al cambio stagione spesso sono soggette a maggiori sbalzi umorali e attacchi di irritabilità e di conseguenza sono soggetti ad attacchi di fame emotiva che spingono a ricercare dolci e carboidrati.

Per proteggere il corpo da questi attacchi evitando di indurre diversi squilibri emotivi assumere i cibi di stagione può aiutare notevolmente a prevenire i malanni stagionali, affrontare l’autunno e prepararsi al meglio all’arrivo del freddo invernale.

Si consiglia infatti, di nutrirsi con molte vitamine e sali minerali per per proteggere l’organismo, prevenire i mali di stagione e gli squilibri emotivi.

  1. AUTUMN LIFESTYLE: vivere in armonia con la natura

La psiche è un complesso di abitudini ed emozioni che influenzano e determinano la qualità della nostra vita.

Per tale motivo è importantissimo prendersi CURA DELLA PROPRIA ROUTINE ABITUALE per evitare che abitudine nocive danneggino il proprio equilibrio interiore.

A tal proposito, può essere utili inserire nella propria ruotine delle routine POTENZIANTI che aiutino ad abituarsi alla diminuzione della luce senza sfociare in insonnia, stanchezza e cali d’umore.

7 SEMPLICI SUGGERIMENTI DI ROUTINE POTENZIANTI:

  1. Fai passeggiate all’aperto, possibilmente nel verde, un recente studiodimostra che il contatto con la natura abbassa i livelli di stress, ansia e depressione. 
  2. Dedicati al movimento e ad attività di concentrazione al mattino, facendo pause rigeneranti, magari praticando pochi minuti di meditazione.
  3. Rallenta invece le tue attività nel pomeriggio ed evita sforzi mentali e fisici la sera. Dormirai meglio e potrai anticipare la sveglia.
  4. Svegliati presto per fare scorta di luce solare (fonte preziosa di vitamina D e buon umore).
  5. Coltiva le tue relazionie ritaglia anche uno spazio per te.
  6. Dedicati alle tue passioni e concediti dei momenti di piacere e di rilassamento durante le tue giornate.
  7. Rendi accoglienti gli spazi in cui vivi, non dimenticare di prenderti cura dell’ambiente in cui trascorri il tuo tempo, la tua casa o il tuo ufficio.

La chiave di tutto è sempre L’EQUILIBRIO DEL PROPRIO BIORITMO e poiché esso viene influenzato dalle stagioni SINTONIZZARSI CON LA NATURA è la migliore strategia in ogni ambito.

[1] https://psicoterapiaolistica.it

Nel mondo moderno del digitale, dove l’informazione e la connettività sono KING, ovvero governano il panorama della comunicazione, comunicare non è stato mai più difficile.

Siamo costantemente bombardati da informazioni, dati, circondati da modi e mezzi per comunicare tamite le innumerovoli app, i social network, la tecnologia con le web cam integrate in qualsisi dispositivo, le call, le live, i real, le stories, eppure molti si sentono ISOLATI e SOLI.

Si ha la percezione che non si riesca a comunicare a fondo, nonostante tutti i mezzi di comunicazione e le numerose oppurtinità di intrattenimento sia sociale, sia individuale alle quali partecipare: siamo letteralmente invasi da proposte di adesioni a gruppi FB dai temi più disparati (sport, alimentazione, benessere, interessi, hobby, viaggi e altro); abbiamo la posssibilità di partecipare ad eventi, party, feste, conferenza, convegni, festival, sagre, mostre, concerti, spettacoli; eppure, in pochi si sentono di poter avere davvero una socializzazione concreta.

L’importante infatti, non è tanto l’aderire o meno a tali proposte o il far parte di gruppi per poter mostrare agli altri quanto si è mondani e festaioli, ma dovrebbe essere il sentirsi parte di una COMUNITA’ o di un gruppo con il quale si INTERAGISCA veramente, fatto di amici sinceri o persone con affinità di intenti e di interessi.

Troppo spesso ormai si assite al fenomeno della solitudine sociale, ossia dell’essere perennemente connessi ma pur sempre isolati e soli, senza davvero avere rapporti umani autentici e concreti.

Il virtuale, troppo spesso ha preso il sopravvento sul REALE, e le persone si stanno disabituando a comunicare tra di loro, a socializzare e a scambiare opinioni, idee, interessi.

Laddove questo accade spesso si sfocia nella depressione, nell’incapacità di evolversi e ancor più grave, si alimentano il pregiudizio, l’ignoranza, la paura del prossimo, la paura del diverso (xenofobia in greco) e la paura dello straniero.

Tali sentimenti portano alla conseguente alimentazione di aggressività verso chi è diverso, chi è alieno in ogni senso: per sesso, età, ceto, paese, cultura, religione, orientamento sessuale, condizione lavorativa e sociale.

In un contesto così alientante sempre di più, si sta cercando di ritrovare consapevolezza nei rapporti REALI, trovando nuove strade per alimentare lo sviluppo della socializzazione all’interno della popolazione, sia attraverso contesti formativi, sia ludici che intrattenitivi.

Soprattutto tra i più giovani, tali iniziative sono state considerate assolutamente necessarie per evitare che la popolazione dei giovanissimi, schiava della tecnologia sempre più rispetto alle generazioni precedenti, sviluppi preoccupanti caratteristiche e problematiche relazionali con annessi problemi psicologici quali autismo, bipolarità, disturbo dell’attenzione, disturbi ossessivo-compulsivi, manie, bullismo, anoressia, bulimia e un uso irresponsabile di droghe, fumo e alcol sempre più frequenti tra i bambini e gli adolescenti.

Non a caso, in ottica di ricostruzione di una SANA concezione della socializzazione e della capacità di relazionarsi con rapporti concreti e reali, nasce l’iniziativa della Human Library, traduzione inglese di Biblioteca Vivente, un metodo innovativo, semplice e concreto per promuovere il dialogo, ridurre i pregiudizi, rompere gli stereotipi e favorire la comprensione tra persone di diversa età, sesso, stili di vita e background culturale.

DEFINIZIONE & CARATTERISTICHE

Nata in Danimarca, la Biblioteca Umana sostituisce i libri con le persone che raccontano le proprie vicende, storie ed esperienze.

Se ogni persona è una storia, ogni storia viene scritta attraverso le proprie vicende personali giorno dopo giorno.

La Onlus no profit danese Human Library Organisation ha fondato la Bliblieteca Umana con lo scopo di dar voce alle storie delle tante persone che decidono di raccontarsi attraverso le proprie esperienze, mostrando la loro storia personale a coloro che sono disposti ad ascoltarla.

Queste storie sono pubblicate e presentate ai lettoni non per farne delle biografie di carta, ma sono raccontate a voce.

Difatti, in questa Biblioteca Umana i libri sono le persone stesse, che si raccontano apertamente a chi desidera sedersi ed ascoltare la loro storia.

La biblioteca vivente si presenta come una vera biblioteca, con i bibliotecari e un catalogo di titoli da cui scegliere, la differenza sta nel fatto che per leggere i libri non bisogna sfogliare le pagine ma parlare con le persone che incarnano i libri viventi.

Questi “libri viventi” vengono “presi in prestito” per la conversazione: ogni lettore sceglie il suo libro e ascolta la loro storia.

Il valore di tale progetto riprende il valore che nel tempo si è attribuito alle biblioteche come centri e luoghi di arricchimento culturale ed umano imprescindibili.

La diffusione del sapere è garantita essenzialmente dai servizi e dalle infrastrutture che incorporano, dalle competenze del personale che le gestisce e dall’ampiezza, la ricchezza e l’accuratezza delle collezioni che popolano i loro scaffali.

Nondimeno, è stata riconosciuta nel tempo la profonda e ramificata valenza socio-antropologica delle Biblioteche grazie a studi de settore quali ad esempio le rilevazioni del Pew Research Center, che nella esperienza quotidiana hanno messo in luce ed evidenziato come le biblioteche statunitensi siano state percepite dalle comunità di riferimento come centri di aggregazione e di progresso sociale, oltre che di cultura e d’informazione.

Il progetto della Human Library, rafforza tale concetto e lo sublima, facendo una ulteriore evoluzione grazie alla sostituzione dei tomi con persone in carne ed ossa ed enfatizzando la funzione di contatto e d’interscambio che ogni luogo deputato alla cultura dovrebbe proporsi di avere.

Nata negli anni 2000 in Danimarca, su iniziativa ONG Stop the Violence, la prima Biblioteca Umana, si basa sul concept e format di sostituire i libri con le persone al fine di incentivare le persone a “prendere in prestito” le storie degli altri, per imparare nuove cose, scambiarsi punti di vista ampliando il proprio orizzonte e la propria mentalità.

Nel corso di questi 20 anni di iniziativa, il progetto si è notevolmente arricchito ed ampliato, includendo collezionando spin off in diverse città del mondo e strutturando e arricchendo la sua offerta.

Se facciamo un parallelismo con la lettura, che porta il pubblico lettore a iniziarci a mondi lontani, arricchendoci di esperienze profondamente diverse da quelle che viviamo nella vita di tutti i giorni e facilitando la nostra percezione dell’altro, la Human Library amplifica l’effetto permettendo ai suoi utenti di «leggere» anche quelle storie che è difficile scrivere, guidati dalla voce dei loro protagonisti.

All’interno della biblioteca si affrontano temi eterogenei raccontati da persone con esperienze molto variegate ed estreme, spesso protagonisti involontari di violenze, pregiudizi e stereotipi appartenenti a minoranze soggette a discriminazione di vario tipo.

Ex tossici, disoccupati, musulmani, convertiti, veterani, prostitute, genitori single, persone affette da sindrome bipolare e da autismo, rifugiati, poliamorosi, naturisti, vittime di abusi e di violenze, senzatetto, alcolisti, sieropositivi, appassionati di body modification estrema sono esempi del catalogo di Human Library ancora ampio e in divenire, e consente ai frequentatori della biblioteca di dialogare per mezz’ora con la persona scelta.

Per imparare cose nuove, per allargare la propria conoscenza del mondo o semplicemente per attenuare la paura del diverso e per godere dell’inestimabile ricchezza dell’eterogeneità.

Oltre che come utenti, ci si può avvicinare al mondo a Human Library proponendosi come «libri» nuovi da mettere in catalogo, oppure si può partecipare a uno degli incontri itineranti organizzati dall’associazione in giro per il mondo, durante i quali i «best seller» della collezione bibliotecaria vengono coinvolti in momenti di confronto corali, stimolando l’empatia, la tolleranza, la comprensione e il desiderio di scoperta dei presenti.

Per attirare l’attenzione del pubblico si utilizzano volutamente titoli di impatto quali ragazza lesbica”, “donna islamica col velo”, “emigrato albanese”, proprio per suscitare le reazioni emotive dei potenziali lettori attivandone la curiosità, ma anche gli stereotipi e i pregiudizi.

La forza di questo progetto consiste nell’offrire ai lettori l’opportunità di entrare in contatto con persone con cui difficilmente avrebbero occasione di confrontarsi.

L’incontro rende concreta ed unica la persona che si ha davanti, che smette quindi di essere percepita come rappresentante di una categoria sulla base di una generalizzazione, ma viene riconosciuta nella sua unicità, una persona che non rappresenta nessuno se non la propria esperienza e storia.

La durata della Biblioteca Umana solitamente è ristretta ad un tempo ridotto: ogni anno sono destinate al progetto circa due giornate, in rarissimi casi arriva a tre o quattro in quanto, coinvolgendo delle persone in carne ed ossa, rende l’interazione molto di impatto.

La conversazione intesa quale la lettura di un libro vivente, dura solitamente circa mezz’ora.

Tutti i parteciapanti sia come libri che lettori, descrivono come un’esperienza di grande impatto, che ha arricchito in modo significativo la loro umanità.

STORIA

Grazie all’iniziativa un ristretto gruppo di giovani come risposta all’aggressione a sfondo razzista subita da un loro compagno nel 1993 la Human Library fu creata a Copenhagen.

Questa iniziativa si basava sulla convinzione che la comprensione fosse la pre-condizione della tolleranza.

Di fatti questi giovani fondarono l’associazione “Stop The Violence”, raggiungendo in breve tempo 30.000 adesioni fra i giovani danesi.

Grazie alla richiesta di preparare un intervento su larga scala per il festival di Roskilde nel 2000, “Stop The Violence” sviluppò il metodo Human Library, che mette le persone di fronte ai loro pregiudizi offrendo uno spazio protetto in cui ospitare un dialogo franco ed aperto.

L’iniziativa ha avuto un enorme successo, e dal 2003 è stata riconosciuta dal Consiglio d’Europa come buona prassi, e come tale incoraggiata. Da allora è stata esportata in tutto il mondo con grande successo.

Poco conosciuti ma molto interessanti sono i Riti legati ai culti degli animali selvaggi soprattutto per i popoli della Scandinavia e del Nord in generale per tutti i popoli antichi.

I riti legati agli animali selvaggi ricoprono da sempre una branca della ricerca storica-sociologica e culturale molto affascinante in quanto, sono spesso legati a connotazioni religiose, spirituali e magiche molto suggestive e misteriose, che da sempre affascinano studiosi di ogni generazione e cultura.

Un animale tra questi molto ambito, amato, temuto e venerato è certamente l’Orso selvaggio, animale sacro per molti popoli in differenti epoche e culture.

L’orso nell’antichità veniva considerato come un re, un guerriero, una divinità e molte cerimonie, divinità, costruzioni, altari celebrativi, divinazioni, riti e usanze sono stati soggetti alla sua influenza e alle credenze ad esso legate.

Vediamo di seguito il mito dell’Orso nella storia e il suo legame con i riti dei popoli di varie culture.

CREDENZE E RITI DELL’ORSO NELLA STORIA [1][2]

Nella preistoria vi è testimonianza della presenza dell’Orso grazie a delle pitture rupestri rivenute in Francia nella caverna di grotta di Chauvet (scoperta nel 1994), raffiguranti animali selvaggi appunto l’orso, pantere, leoni, rinoceronti e cavalli, senza la presenza dei più comuni erbivori sempre raffigurati nelle pitture del tempo.

Si tratta dell’orso delle caverne, estinto intorno al 15.000 a.C.: una belva possente alta 3,5 metri in posizione eretta (contro i 2,10 metri dell’attuale orso bruno) e del peso di 500/600 chili che viene riportato nella caverna non solo come pittura ma anche attraverso la presenza di un grosso teschio del cranio di un esemplare di questa specie, sopra ad un altare celebrativo.

Questo ritrovamento è molto importante poiché sebbene non stabilisce con sicurezza l’epoca di creazione di tale altare celebrativo (se in epoca dell’Uomo di Neanderthal o di Cro-Magnon), stabilisce l’esistenza di un culto ursino (orsino o ursino, di orso, che ha attinenza con l’orso o che presenta qualche qualità propria dell’orso), già nella antica preistoria.

La sacralità dell’orso viene ripresa anche in epoca storica, e non solo preistorica.

EPOCA GRECA[3]

Tale sacralità viene ad esempio testimoniata in epoca Greca da Artemide, dea Greca della caccia, della caccia, figlia di Zeus e sorella gemella di Apollo, era ritenuta signora dei boschi e delle montagne.

Sebbene venisse indicata come “straniera”, forse per la sua origine non propriamente greca, era considerata una dea “differente” poiché associata ai territori selvaggi e a quelli di confine, come le aree di frontiera, le coste, le zone d’acqua e aveva tra i suoi attributi principali il cervo e l’orso appunto, l’animale preferito dalla divinità per il quale molti miti legano Artemide all’animale.

Un mito tra questi riguarda ad esempio la Metamorfosi di Callisto, splendida principessa e compagna di caccia di Artemide: la giovane, infatti, fu trasformata in orsa dalla dea selvaggia in un impeto d’ira, probabilmente per aver infranto il voto di castità, dopo essere stata posseduta da Giove.

Arcade, il piccolo che Callisto portava in grembo, fu però risparmiato e, nel volgere di qualche anno, divenne re dell’Arcadia (etimologicamente, in greco, “la terra degli orsi”).

Un giorno il giovane, recatosi a caccia, venne trasformato da Zeus in un cucciolo d’orso per impedirgli di uccidere la madre e, successivamente, i due furono trasportati nella volta celeste dove formarono le Costellazioni dell’Orsa Maggiore e Minore, le uniche a non tramontare mai sotto la linea dell’orizzonte.

Se in questo mito Callisto era la compagna di caccia di Artemide, si è pensato tuttavia che la Stessa Artemide, poiché chiamata spesso Kalliste, cioè “la bellissima” fosse in realtà che le due figure femminili in realtà fossero la stessa persona: questo potrebbe confermare la natura divina dell’orsa, personificata dalla stessa dea Artemide.

La fusione dell’orso con la divinità dei boschi e della caccia può trovare una conferma ulteriore nell’etimologia del nome “Artemide” che presenta, infatti, la particella “art”, che nell’antica lingua indoeuropea costituisce la radice della parola “orso” (arctos, appunto, in greco).

Un altro mito molto interessante riguarda il sacrificio di Ifigenia, figlia del re Agamennone. Narra la leggenda che Artemide, adirata contro il re per essere stata offesa, colpì la flotta greca con una spaventosa bonaccia, impedendole di salpare alla volta di Troia. Alla fine, il responso di un oracolo comunicò che la dea si sarebbe placata solamente con il sacrificio della bella figlia di Agamennone, Ifigenia.

In un primo tempo il grande re, furioso, si rifiutò, ma poi fu costretto ad acconsentire. Artemide, però, proprio all’ultimo momento, si impietosì e rapì la ragazza sostituendola con una cerva o un’orsa. Questa versione del mito è molto avvincente, anche perché ci introduce ad un rituale greco decisamente sorprendente: la giovane Ifigenia, infatti, salvata dalla stessa dea, fu condotta a Braurone (oggi Vravrona), sul mare, dove divenne grande sacerdotessa del tempio di Artemide e dove morì. In questo luogo di culto, almeno dal VI secolo a.C, si recavano le giovani ateniesi, chiamate “orsette” (artktoi), per partecipare ad una cerimonia misteriosa e iniziatica, in parte segreta.

Per quello che è possibile sapere le fanciulle arrivavano in processione da Atene al grande santuario vestite con abiti color zafferano; qui danzavano, spesso nude, imitando le movenze delle orse, come riportano alcuni storici dell’antichità.

I riti si concludevano probabilmente con l’uccisione di un’orsa: il sacrificio di un animale, magari accompagnato da un pasto rituale, aveva un’importanza fondamentale nell’antichità (e nelle culture sciamaniche), perché permetteva alle proprietà dell’animale di trasferirsi alle persone.

In questo caso, la qualità preponderante dell’orsa, cioè il suo istinto materno, si sarebbe così trasmesso alle giovani ateniesi in procinto di diventare spose e madri.

Si trattava evidentemente di un rito di passaggio dalla condizione puerile a quella adulta: a testimonianza di questa versione, nella fonte sacra del tempio, ancora visibile, sono stati rinvenuti oggetti personali delle giovani adolescenti e legati alla loro condizione infantile, offerti ad Artemide.

Quindi la dea selvaggia, vergine ed indipendente, era associata alla maternità proprio attraverso la sua identificazione con l’orsa.

Per questo si diceva che Artemide si allontanasse dai boschi solamente per soccorrere le donne afflitte dalle doglie: a questo proposito, a Braurone, sono state trovate delle piccole figure umane, forse degli ex voto, consegnati alla dea dopo il felice esito dei parti e, nello stesso luogo, i mariti e i familiari erano soliti offrire gli abiti indossati delle spose decedute durante il travaglio.

Se Artemide è fortemente collegata all’orso, fin dalla stessa etimologia, la dea non compare solamente nella mitologia greca, ma è presente con nomi molto simili anche nel mondo celtico e germanico: nelle zone dell’Europa centrale e insulare sono presenti, infatti, Arduina e Andarta, venerate rispettivamente nelle Ardenne e sulle Alpi, e soprattutto la dea Artio, adorata nella Germania del sud e in Svizzera, il cui attributo principale era un’orsa, appunto.

I POPOLI DEL NORD EUROPA[4]

Anche presso i popoli del Nord Europa l’orso aveva una grande importanza: associato alla forza e al coraggio, veniva affrontato in un corpo a corpo che doveva mettere in luce tutta l’abilità del cacciatore.

I riti di iniziazione dei giovani prevedevano uno scontro diretto con il possente animale: dal momento che l’unico modo di ucciderlo era quello di conficcargli un grosso coltello nel petto, i guerrieri erano costretti a resistere al terribile abbraccio dell’orso per non essere soffocati.

Prima di una battaglia, poi, gli uomini cercavano di assumere la forza dell’animale attraverso un pasto rituale in cui si cibavano della carne e del sangue della belva, a volte immergendovisi totalmente, in una sorta di bagno rituale.

Nell’antichità, e fino al Medioevo, i Berserkir (letteralmente “tuniche d’orso”), guerrieri scandinavi conosciuti anche come i “Guerrieri di Odino”, combattevano vestiti con pelli d’orso, terrorizzando gli avversari con il loro terribile aspetto di orsi-mannari: prima dello scontro, probabilmente, partecipavano ad una cerimonia sciamanica in cui danzavano e gridavano come le belve.

Al termine del rituale, condizionati anche dall’uso di droghe, si sentivano realmente trasformati in orsi, diventando selvaggi e terribili.

I POPOLI GRMANICI E CELTICI[5]

Se presso i Germani l’orso era legato ad un’idea di forza e di guerra, presso i Celti l’animale rappresentava la regalità.

Il leggendario re Artù, protagonista di una serie di romanzi cortesi redatti nel XII secolo, mostra sorprendenti analogie con l’orso, a cominciare, ancora una volta dall’etimologia del nome (art – Artù).

Prima ancora di essere un famoso eroe, Artù si collega ad un mito ancestrale, tramandatoci da un tempo remoto.

Alcuni episodi della saga arturiana, infatti, sotto la patina letteraria, riconducono il prode sovrano alla sua origine ursina.

Artù estrae la spada dalla roccia, mostrandosi come l’eletto destinato a salvare il regno dagli invasori sassoni, in febbraio, proprio quando l’orso si rivelava agli uomini uscendo dal letargo.

Il sovrano, poi, viene mortalmente ferito in novembre e soccorso agonizzante da Morgana e da alcune fate che lo conducono su una barca ad Avalon, tra le fitte nebbie autunnali: l’eroe quindi non muore realmente, ma è condotto in un altro regno da cui probabilmente farà ritorno, una condizione che richiama il lungo letargo invernale dell’orso, che iniziava, appunto, in novembre.

La natura ursina di Artù emerge ancora più chiaramente poco prima della terribile battaglia di Salesbiéres, quando il re abbraccia Lucano, il suo coppiere, soffocandolo tra le poderose braccia; nemmeno il nome del servitore sembra casuale, poiché l’etimologia si riferisce chiaramente alla luce (lucano da lux), e l’episodio potrebbe essere allegoricamente letto come l’azione dell’inverno che spegne l’abbagliante luce estiva.

IL CULTO DELL’ORSO OGGI[6]

Presso moltissime popolazioni del nord del pianeta, nell’Eurasia, dalla Siberia al Giappone, dove la religione è di tipo sciamanico, l’orso riveste un’importanza particolare, dal momento che l’animale è considerato in grado di accedere al mondo superiore nuotando nel grande fiume infero e di arrampicarsi sugli alberi per raggiungere le più alte sfere celesti.

Si tratta di un mediatore tra gli uomini e gli dei, adorato per le sue qualità terrificanti, ma anche per le sue doti di generosità e di coraggio, per la sua capacità di rinascere ogni primavera dopo il letargo e quindi di garantire il ritorno della stagione calda dopo il buio periodo invernale.

Ancora in tempi molto recenti, presso gli Ainu giapponesi (forse gli unici superstiti dell’antico ceppo euroasiatico preistorico), l’orso veniva allevato con cura e, successivamente, sacrificato, al termine di un rituale in cui gli uomini chiedevano perdono all’animale e in cui lo rassicuravano sulla sua sorte ultraterrena: quindi la belva veniva mangiata per assorbirne le qualità di forza e di coraggio.

La possibilità per gli uomini di trasformarsi in orso, presente nella cultura siberiana, trova un’eco in tempi molto recenti, anche nei cartoni animati per bambini: è significativo, a questo proposito, il film di animazione “Koda, fratello orso”, in cui il giovane inuit Kenai acquisisce la maturità solo dopo essersi trasformato in un orso.

La scelta del giovane di trascorrere la vita nelle sembianze ursine per rimanere accanto al piccolo Koda, non gli impedirà di lasciare le sue impronte sulle pareti della caverna locale, insieme a quelle dei grandi uomini della sua tribù, un rito che sembra curiosamente collegarsi alle tracce umane e animali trovate nella caverna di Chauvet.

 APPENDICE PER APPROFONDIMENTI:

  • I RITUALI DELLA CACCIA ALL’ORSO IN FINLANDIA E CARELIA:

https://books.openedition.org/aaccademia/1381?lang=it#text

  • IL SACRIFIO DELL’ORSO

https://rosa.uniroma1

[1] L’orso nell’antichità : un guerriero, un re, una divinità

di Casini C.

[2] Pastoreau M., “L’orso, storia di un re decaduto”, Torino, 2008.

AA.VV., “Antropologia e storia delle religioni. Saggi in onore di A.M. Di Nola”, Roma, 2000.

Walter P., “Artù, l’orso e il re”, Roma, 2005.

  1. Cardini, Il simbolismo dell’orso, in http://www.centrostudilaruna.it/simbolismodellorso.html

[3] L’orso nell’antichità : un guerriero, un re, una divinità

di Casini C.

[4] L’orso nell’antichità: un guerriero, un re, una divinità

di Casini C.

[5] L’orso nell’antichità: un guerriero, un re, una divinità

di Casini C.

[6] L’orso nell’antichità: un guerriero, un re, una divinità

di Casini C.

Il mondo è ENERGIA.

Non a caso, i maggiori scienziati al mondo hanno studiato e dedicato la loro intera vita alla ricerca del legame tra energia e materia e come spesso si cita la famosa frase ricorrente «Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma» di Antoine-Laurent Lavoisier (chimico e fisico francese vissuto dal 1743 al 179); è importante ricordarsi che anche noi siamo fatti di materia ed energia, e che come i pianeti, le piante, gli animali siamo soggetti a forti interconnessioni tra questi due elementi, subendone benefici ed influenze.

Lo stesso Einstein coniò la famosissima relazione matematica tra materia ed energia, E = mc² l’equazione che stabilisce la relazione tra l’energia e la massa di un sistema fisico dove E indica l’energia totale relativistica di un corpo, m la sua massa relativistica e c la costante velocità della luce nel vuoto.

In fisica, la materia e l’energia sono davvero parte di un unico equilibrio, e così come a livello macroscopico, anche a livello microscopico il nostro Organismo, al pari di un Pianeta che subisce tutte le influenze energetica sulla propria massa, viene influenzato a livello di materia (a livello cellulare) e dunque psico-fisico, dai cambiamenti energetici dai quali viene colpito.

Seguendo una famosa frase di Einstein: Tutto è energia e questo è tutto quello che esiste. Sintonizzati alla frequenza della realtà che desideri e non potrai fare a meno di ottenere quella realtà. Non c’è altra via. Questa non è Filosofia, questa è Fisica”, si deduce come non si possa prescindere dal considerare la realtà come un unico sistema reale di equilibrio MASSA-ENERGIA, MATERIA-ENERGIA, CORPO-ENERGIA e dunque, CORPO-SPIRITO.

La spiritualità intesa come relazione energetica e connessione del nostro corpo con una dimensione più energetica-spirituale non deve essere scambiata per RELIGIONE.

Nel nostro Blog, come spiritualità intendiamo una connessione energetica che dona benessere psico-fisico e che attraverso i giusti canali permette al nostro organismo di lavorare meglio, alla nostra mente di distendersi, rilassarsi e di trovare un equilibrio interno solido e stabile nel tempo e al nostro spirito inteso come AUREA (come la  parte più intima della nostra persona, la nostra sfera energetica); di sbocciare e raggiungere l’equilibrio interiore, più come una dimensione di centralizzazione del nostro IO, che non la credenza di qualsivoglia principio religioso.

Non a caso, oggi analizzeremo il legame, le caratteristiche e i brefici di una disciplina ancora poco conosciuta ma davvero intrigante: la CRISTALLOTERAPIA, la terapia con i cristalli.

Questa antica terapia di medicina complementare sfrutta le poco conosciute proprietà dei cristalli per ribilanciare e ristabilire l’equilibrio fisico, mentale ed energetico favorendo il benessere psico-fisico dell’organismo con il quale entra in connessione.

La cristalloterapia sfrutta le proprietà dei cristalli in modo ottimale per il raggiungimento di un equilibrio psico-fisico ed energetico influenzando l’aurea del corpo con cui entra in contatto rimuovendo eventuali blocchi energetici e riequilibrando la sfera energetica.

Di seguito ne riportiamo tutti i dettagli.

DEFINIZIONE, CARATTERISTICHE E STORIA

Definita una pratica di medicina complementare, la cristalloterapia utilizza le proprietà dei cristalli, pietre e minerali, (preziose e semi preziose) al fine di raggiungere e mantenere uno stato di benessere psico-fisico apportando piccoli e grandi cambiamenti nella sfera energetica dell’organismo.

Questa terapia naturale di origine indiana utilizza la capacità di assorbimento di energia da parte del corpo umano per ristabilire lo stato di benessere fisico e psichico, attraverso i chakra, i centri energetici collocati lungo la spina dorsale, che hanno la capacità di assorbire l’energia vitale dei cristalli.

È una disciplina praticata fin dall’antichità da differenti popoli in diverse culture e per ognuna di esse, la terapia ha assunto nel tempo connotati e valenze magico-religiose, quasi mistiche.

Difatti, le proprietà dei cristalli vennero studiate, utilizzate e potenziate da diversi popoli antichi quali Egizi, Maya, Sumeri, soprattutto nelle cerimonie religiose per divinare il futuro, come portafortuna e per la cura di specifici disturbi.

Era usanza credere che grazie ai differenti colori, proprietà, luce e trasparenza delle varie gemme preziose, il cristallo o gemma veniva considerato avente le energie necessarie a sconfiggere disgrazie e malattie e altri eventi di sventura.

In antichità e ancora oggi, le pietre e i cristalli venivano impiegati nella creazione di gioielli (bracciali, collane, orecchini, tiare e simil) e considerati come amuleti di guarigione.

Tutte le pietre sono considerate come potenti forze influenti sul nostro organismo che lo curano, risanano e modificano al meglio tirando fuori e sviluppandone le sue potenzialità lavorando sul piano psicologico-sirituale.

Il colore della pietra, la sua forma, i minerali che la compongono, il sistema cristallino sono tutti gli elementi preponderanti che rendono peculiare un cristallo, definendone la propria vibrazione.

Difatti, ogni sistema vivente (anche le pietre e cristalli in questo caso) ha una propria energia e vibrazione ad una certa intensità e nonostante la pietra sia considerata un essere inanimato ha una propria crescita e sviluppo nel tempo (seppur considerato eterno rispetto ai nostri tempi umani).

Per tale motivo, entrando in contatto con un organismo, la vibrazione del cristallo ne cambia la sfera energetica.

Considerata come facente gruppo delle tecniche di auto guarigione, la cristalloterapia non vuole però sostituire la medicina tradizione come medicina alternativa, ma la vuole affiancare ed integrare la tradizionale come medicina complementare.

La cristalloterapia riprende diversi concetti della visione orientale:

  1. Il concetto di Chakra: i centri energetici: primo chakra alla base della colonna, il secondo chakra nella zona lombare, il terzo al di sopra dell’ombelico, il quarto al centro del petto, il quinto a livello della tiroide, il sesto corrisponde al terzo occhio e il settimo nella parte più alta della testa.
  2. Il concerto di Nadi: i canali in cui fluisce questa energia per arrivare ai vari organi.
  3. Il concetto di Prana: gli organi dell’organismo.

E con tali elementi elabora delle terapie ad hoc per ogni centro energetico da riequilibrare secondo il bisogno e le caratteristiche dei cristalli che meglio soddisfano tale necessità, basandosi su alcuni principi base:

  • Nel corpo umano esiste un campo energetico che interagisce con l’energia universale.
  • I disturbi sia psichici, sia fisici non sono altro che uno squilibrio energetico tra l’uomo e l’ambiente.
  • Per debellare il malessere si deve riequilibrare questo flusso energetico.
  • I cristalli trasmettono vibrazioni energetiche che, riflettendosi sui flussi energetici umani, ne amplificano o ne riducono l’intensità.

Difatti, la cristalloterapia, come altre discipline olistiche e di medicina tradizionale, si fonda su un concetto base molto concreto:

Un disturbo fisico o un disagio emotivo dipendono da uno o più squilibri energetici.

Questa caratteristica del corpo umano dipende dal fatto che esso sia capace di assorbire le energie attraverso i Chakra, le porte di accesso del flusso energetico vitale del corpo, e di trasformarle.

Se il corpo assorbe energie negative o se si creano squilibri, si manifestano problemi di salute.

Secondo i principi condivisi dalla cristalloterapia, ogni pietra e cristallo hanno la capacità di emanare una protezione dalle energie negative e dannose e di attuare una vera e propria azione purificatrice emanando energia positiva, purificatrice appunto, che possa modificare l’equilibrio energetico dell’organismo, riportando benessere fisico e mentale.

L’azione benefica dei cristalli si tramuta in una vera e propria rimozione dei blocchi energetici, per curare i disturbi di origine psicosomatica, stati di ansia, esaurimento fisico e nervoso, depressione.

La Cristalloterapia viene spesso coadiuvata dall’utilizzo di altre terapie come l’aromaterapia e il reiki (pratica spirituale ed energetica).

Sebbene non abbia riscontri scientifici e non venga considerata una metodologia di medicina tradizionale, la cristalloterapia e i suoi benefici terapeutici condivisi da altre discipline quali Yoga, Agopuntura e Ayurveda (medicina alternativa di relazione dell’organismo con la natura al fine di allungare e migliorare la vita); viene comunque considerata valida, in quanto non vi sono ricerche scientifiche con le quali vada in contrasto.

I CRISTALLI E IL LEGAME ENERGETICO

Il motivo per il quale i cristalli sono considerati equilibratori energetici nasce della concezione maggiore del sistema di UNIVERSO come ENERGIA.

In natura, tutti gli elementi dell’Universo, che siano piante, animali, elementi quali i cristalli hanno una loro energia e conseguentemente una loro vibrazione.

Le pietre in particolare, avendo una loro energia primordiale accumulata nel lungo tempo della loro vita riescono ad influenzare il benessere attraverso l’energia stessa interagendo con ogni piano dell’essere umano: fisico, mentale, energetico e spirituale.

I cambiamenti apportati dall’influenze dei cristalli sono dovuti allo loro interazione energetica sul nostro organismo.

L’effetto di guarigione dei cristalli sul corpo umano può avvenire attraversi diversi canali:

  • Indossarli: in questo modo si bilancia il campo energetico attraverso l’azione di assorbimento e trasmissione d’energia attuata dal cristallo.
  • Posizionarli: è possibile posizionare i cristalli su una parte del corpo per ottenere l’effetto specifico che si necessita. Ad esempio in caso di mal di testa si può appoggiare sulla fronte o nel punto dolente della testa.
  • Meditarci: i cristalli aiutano a distendere la mente e allo stesso tempo a ricevere incredibili intuizioni. Non a caso, i cristalli hanno esistenze di milioni di anni e custodiscono nella loro memoria un numero incredibile di informazioni che possono direttamente trasmettere all’organismo ricevente.
  • Dormirci: dormire con le pietre permette che esse possano agire direttamente su di noi senza che la nostra mente razionale possa in qualche modo interferire con i dubbi e le paure. È consigliato posizionarli sotto il cuscino.
  • Muoverli: muovere le pietre all’interno del proprio campo energetico permette di fargli sprigionare le sue proprietà. Si utilizzano a tal proposito spesso una classica pietra, una punta di cristallo di rocca o una bacchetta.
  • Esporli: è possibile anche semplicemente tenere fermi i cristalli sulla scrivania dove si lavora, in una in camera da letto, una in cucina o in sala. Ogni pietra ha la propria energia e aiuterà tutta la sfera energetica della casa.

UTILIZZO e BENEFICI

Sono innumerevoli i benefici riconosciuti ed attribuiti all’uso dei cristalli e all’applicazione della cristalloterapia a livello mentale, spirituale, emotivo e fisico.

Le proprietà dei cristalli che sono veri e propri catalizzatori di energia, permettono di operare in accordo con l’energia del corpo con il quale entrano in contatto, con il flusso di pensieri della persona che li utilizza in maniera consapevole.

Difatti, l’evoluzione del cristallo viaggia sulla stessa lunghezza d’onda dell’evoluzione

Le proprietà dei minerali sono impiegate per due scopi principali:

  • Assetto e riequilibrio energetico.
  • Apporto di relax e benessere in caso di stress, ansia, agitazione e altri stati emotivi che possono provocare o aggravare disturbi fisici.
  • Protezione dalle onde elettromagnetiche.

Difatti, interagendo con l’organismo le pietre entrano in risonanza con la vibrazione del corpo e apportano serenità, aiutano ad alleviare tensioni muscolari, dolori, problemi digestivi, insonnia e altri sintomi legati allo stress.

Esistono molte varietà di cristalli che si differenziano per forma, colore e proprietà in base al Chakra con il quale si connettono e attuano la propria azione curativa:

ad esempio:

  • Lo smeraldo è consigliato per portare chiarezza nei pensieri
  • il topazio favorisce l’ottimismo
  • il quarzo rosa aiuta a liberarsi dalle preoccupazioni

I cristalli inoltre, sono legati a un elemento specifico (terra, fuoco, aria e acqua) ed a un segno zodiacale.

Difatti esistono 12 pietre per 12 segni zodiacali:

  1. Ariete: corallo rosso, rubino, diaspro, corniola, granato
  2. Toro: giada verde, tormalina verde, flurite verde, avventurina verde
  3. Gemelli: topazio, agata, quarzo citrino
  4. Cancro: perla, pietra di luna, cristallo di rocca, rubino, smeraldo
  5. Leone: diamante, ambra, quarzo citrino
  6. Vergine: zaffiro, corniola, ametista, quarzo rosa
  7. Bilancia: quarzo rosa, tormalina verde, opale, malachite, crisoprasio
  8. Scorpione: rubino, corniola, diaspro rosso, opale di fuoco
  9. Sagittario: turchese, azzurrite, topazio, zircone, tanzanite, quarzo citrino
  10. Capricorno: onice nera, tormalina nera, quarzo fumè, giaietto, ossidiana nera
  11. Acquario: cristallo di rocca, zaffiro blu, turchese, acquamarina
  12. Pesci: ametista, acquamarina, amazzonite

Per scegliere la pietra più idonea alle proprie necessità è bene studiare le differenti caratteristiche delle varie pietre e cristalli e di individuare secondo l’obiettivo da portare a termine quel cristallo che rispecchia meglio tale esigenza.

Alcuni fattori influenzano notevolmente le caratteristiche del cristallo:

  • il colore: ogni colore rispecchia una specifica armonizzazione e interconnessione con i 7 chakra.
  • Il sistema cristallino: In cristallografia, il sistema cristallino è il raggruppamento di più classi di simmetria aventi caratteristiche simili. In altre parole, ogni sistema cristallino accomuna le strutture cristalline che presentano una cella primitiva della stessa forma. Si hanno in totale 7 sistemi cristallini: monoclino, triclino, rombico, tetragonale, esagonale, trigonale, cubico. Infine c’è un ottavo sistema ed è quello amorfo.
  • Sostanze minerali: sono le sostanze minerali contenute nella pietra e conferiscono una vibrazione diversa in base alla tipologia di sostanza. La sostanza chimica presente incide sulla funzione del cristallo, ad esempio il ferro dell’ematite migliora le difese immunitarie, il cromo del rubino riduce il colesterolo; il litio dell’acquamarina combatte le alterazioni dell’umore.

Esiste una vera e propria classificazione dei minerali, che consiste in una suddivisione sistematica dei minerali in classi in base a delle caratteristiche comuni in modo da facilitare lo studio e soprattutto l’identificazione dei campioni provenienti dalle rocce raccolte sul campo.

La classificazione Dana (da James Dwight Dana nel 1837) è basata sia sulle proprietà chimiche che sulla struttura cristallina dei minerali. Ogni specie di minerale è identificata da un insieme univoco di quattro numeri separati da punti che rappresentano rispettivamente:

  1. la classe del minerale
  2. il tipo di minerale, basato su diversi criteri legati alle caratteristiche atomiche del minerale
  3. il gruppo, dipendente dalla struttura cristallina e dal gruppo spaziale del minerale
  4. un numero assegnato in modo univoco ad ogni specie di minerale del gruppo.

Esistono 10 classi di minerali, che hanno una grande rilevanza sotto il profilo terapeutico:

  1. elementi nativi
  2. solfuri e solfosali
  3. ossidi e idrossidi
  4. alogenuri
  5. carbonati e nitrati
  6. borati
  7. solfati, cromati, tungstati e molibdati
  8. fosfati, arseniati e vanadati
  9. silicati
  10. minerali organici.

Il potere energetico si diversifica in base al colore della pietra. Una sintetica rappresentazione è la seguente:

  • cristalli rossi, come il rubino e la tormalina, stimolano la circolazione, combattono la debolezza fisica e mentale.
  • cristalli blu, come acquamarina, lapislazzuli, zaffiro, alleviano dolori e crampi.
  • cristalli verdi, smeraldo, tormalina verde, hanno potere disintossicante.
  • cristalli arancioni, come opale, topazio, corniola – agiscono su metabolismo, polmoni e cuore e sui dolori.
  • cristalli gialli, come quarzo citrino e granato, sono depurativi, agiscono sulla digestione e sull’intestino e sul sistema immunitario.
  • cristalli viola, come ametista, fluorite viola, combattono stanchezza e stress.
  • cristalli neri, onice, tormalina nera, normalizzano le energie.
  • cristalli trasparenti, non sono attribuiti poteri curativi in senso proprio, ma si dice potenzino le virtù terapeutiche degli altri.

Sebbene la cristalloterapia sia solitamente utilizzata da Naturopati, operatori olistici che aiutano chi vi si rivolge a scegliere la pietra giusta e a impiegarla in modo corretto, è possibile usare i cristalli anche in modo autonomo scegliendo i più adatti a sé per forma, colore e proprietà.

Come abbiamo visto i cristalli possono essere impiegati in vari modi, posizionandoli sul corpo, come gioielli, sotto il cuscino, tenuti all’interno della stanza, appoggiate direttamente sulla zona malata o con dei disturbi per agire direttamente guarendola e infondendo energia.

Dopo l’utilizzo è sempre bene purificare i cristalli lavandoli sotto acqua corrente o posizionandoli nella terra per farli ricaricare energeticamente a seconda del tipo di pietra. Qualora un cristallo si rompesse è possibile sotterrarlo nella terra per restituire alla natura le sue proprietà in un punto dove vogliamo anche far crescere una pianta.

Non esistono controindicazioni di alcun genere all’utilizzo della cristalloterapia che può essere impiegate ad ogni età e genere, anche in dolce attesa.

Esattamente un mese fa, il 21 dicembre, si celebrava il famoso Solstizio di inverno, la notte più lunga dell’anno, che è il culmine del sopraggiungere delle tenebre durante tutto il mese di dicembre, nel quale, le ore di luce diminuiscono sempre di più per lasciare spazio alle ore di buio e raggiungendo il 21 dicembre appunto, l’apice come giorno con meno ore di luce di tutto l’anno.

Questo giorno è fortemente simbolico poiché incarna a pieno il concetto di passaggio e trasformazione del ciclo della Natura, la quale sembra fermarsi per un momento in sospensione nell’attesa di trasformarsi e rinascere. È un vero momento di passaggio drammatico e se vogliamo intimo, non solo a livello naturale, ma anche e soprattutto a livello intimo, spirituale.

Dal punto vista astronomico, il solstizio segna l’inizio della stagione più fredda, l’arrivo dell’inverno vero e proprio ed è esattamente il giorno più breve dell’anno. Dopo il 21 dicembre, le ore di luce ricominciano ad aumentare giorno dopo giorno, fino ad arrivare alla concretizzazione dell’arrivo della primavera con l’equinozio di marzo.

Questo fenomeno, come gli altri solstizi ed equinozi, dipendono dalla inclinazione dell’asse terrestre in concomitanza con il movimento rotatorio della Terra rispetto al Sole durante le diverse stagioni.

Scientificamente parlando, il solstizio sancisce l’inizio dell’Inverno astronomico. La sua importanza tuttavia, non va solo ricercata nel fenomeno astronomico, ma va associata ai riti pagani delle tradizioni popolari che sono state tramandate nei secoli.

In particolare, il Solstizio, come suggerisce la parola, è una festa, un rito e una tradizione popolare legati alla Luce e al Sole e la sua essenza consiste nell’esorcizzare e scacciare le tenebre incombenti.

Tale festa richiamava l’importanza del tema della rinascita e della trasformazione come evoluzione da compiere singolarmente per ognuno. Capire l’importanza di una pulizia spirituale, nella quale è possibile svuotare la mente e lo spirito e predisporlo ad accogliere i nuovi propositi del nuovo anno è fondamentale per predisporre la nostra energia in sintonia non solo con il ciclo vitale, ma anche con gli obiettivi che vogliamo raggiungere nel nuovo anno.

Solstizio deriva dalla parola latina (“sol stat”) che significa “sole fermo” proprio perché durante questa transizione la luce del sole o perdura a lungo, rimanendo fermo appunto, (in estate) o viene a mancare a lungo (in inverno). Mentre nel solstizio d’estate avremo la durata massima del giorno (numero massimo di ore di luce in un giorno), in quello di inverno, accade esattamente l’opposto.

Secondo la tradizione popolare, il giorno del Solstizio di inverno è preludio della rinascita che porterà la primavera, in quanto, a partire da questo giorno le ore di luce aumentano sempre di più permettendo alla natura di risvegliarsi.

Solitamente il solstizio cade ogni anno o il 21 o il 22 dicembre e comporta che il sole tocchi il punto più basso dell’orizzonte rispetto alla linea del parallelo locale iniziando a salire successivamente dal giorno dopo. Dopo il solstizio, la luce, come potere del sole inizierà nuovamente a crescere, come se avesse subito una vera e propria rinascita.

Data la forte presenza di radici profonde di questo rito nella tradizione popolare, la Chiesa, con Papa Giulio I, non a caso instituì la festa di Natale il 25 dicembre, proprio per voler sostituire il rito del solstizio con un nuovo rito, stavolta cristiano, che potesse scacciare via in qualche modo le vecchie tradizioni pagane.

Seguendo la tradizione popolare troviamo il solstizio coniato in diverse feste e Riti Pagani:

  • Riti latini: nel mondo latino gli antichi Saturnali: un ciclo di festività della religione romana, dedicate all’insediamento nel tempio del titano Saturno o Dio Saturno e alla mitica età dell’oro. In epoca imperiale si svolgevano dal 17 al 23 dicembre, periodo fissato da Domiziano e il primo giorno era solitamente dedicato agli schiavi che potevano vivere in totale libertà per un giorno. In queste giornate era solito usare piante sempreverdi per decorare le dimore e porre delle decorazioni di stagno agli alberi. Per gli antichi Romani, il solstizio di inverno era il giorno della rinascita del Sole Bambino, durante l’antica festività del “Sol Invictus”, detta in latino “Dies Natalis Solis Invicti” (il Giorno di Nascita del Sole Invincibile).
  • Riti germanici: nel mondo germanico esso corrisponde alla festa detta Yule nel quale giorno venivano eseguite le onoranze a Freyr, dio della Fecondità.
  • Riti Celtici e Isole Britanniche: secondo la tradizione druidica (dei sacerdoti celtici, i Druidi) la festa del solstizio si chiamava Alban Arthan, ossia la festa della Luce di Re Artù ed un vero e proprio rito propiziatorio per il risveglio del Sole.
  • Riti Egizi: in Egitto il solstizio era legato al rito di celebrazione di RA, Dio del Sole.
  • Riti dell’antica Grecia: in Grecia si celebrava il 25 dicembre il giorno della rinascita di Dioniso, dio del vino e della ebrezza, spesso associato e pregato per la ciclicità delle colture vegetali, in particolare alla Vigna, pianta simbolo della cultura greca.
  • Riti Sassoni: per i Sassoni il solstizio coincideva con la Modranect, la Notte della Madre, festa sempre incentrata sulla rinascita solare.
  • Riti Scandinavi: nelle ragioni della Scandinavia, il rito legato alla festa del solstizio è chiamato Yule e addirittura sia il Natale cristiano, sia Yule, vengono chiamati entrambi con il termine “Jul” e in Finlandia non a caso il Natale viene chiamato “Joulo”. In Isalnda, nel periodo del medioevo la festa di Yule veniva ancora celebrata.
  • Riti Wicca e neopagani: ancora oggi, le tradizioni di un tempo sono state assorbite e trasferite nei nuovi culti neopagani e Wicca (definita come la “antica religione”, è un nuovo movimento religioso afferente ai fenomeni cosiddetti di “neopaganesimo”, di tipo misterico che celebra i cicli della natura). Il Solstizio celebra la morte del Re Agrifoglio (Holly King), simbolo del Vecchio Sole e dell’Anno passato, ucciso dal Re Quercia (Oak King), che incarna l’Anno Nuovo e il Sole Nascente.
  • Religione Ebraica: nella cultura ebraica si celebra Hanukkah, una festa rivolta al rinnovamento e alla luce, con le tipiche lampade ad olio a sette braccia accese (chiamate menorah) Infatti, Hanukkah è chiamato anche “Festa delle Luci”.

Il comune denominatore di tutte le varie declinazioni di questa festa è la volontà di lasciarsi alle spalle l’oscurità e i momenti caotici dell’anno passato per accogliere con una mente e uno spirito nuovi, puliti e resettati, il nuovo anno con auspicio di prosperità e benessere.

I simboli che venivano utilizzati per spiegare tale rinascita solitamente erano il vischio e altre piante che servivano a richiamare la vita e la generazione.

In particolare, il Ceppo di Yule, dedicato al ritrovamento della luce, consisteva in un grande ceppo di quercia o frassino che veniva accesso da tutta la famiglia raccolta attorno al focolare con il tizzone utilizzato nell’anno precedente e conservato meticolosamente, con l’intento di allontanare gli spiriti malvagi nascosti nelle tenebre. Tale ceppo di legno, veniva fatto bruciare per tutta la notte, veniva spento con un rituale preciso e seppellito nelle sue ceneri per i successivi 12 giorni di festeggiamenti. Il tizzone rimanente veniva conservato fino al successivo solstizio. Veniva adornato con rametti di piante differenti strette intorno ad esso con un fiocco rosso e racchiudeva le singole proprietà magiche e spirituali delle piante ornamentali con le quali veniva abbellito. In particolare:

  • Agrifoglio per simboleggiare l’anno passato.
  • Betulla per la fertilità e celebrare l’anno nuovo.
  • Edera perché era la pianta tipica del Solstizio.
  • Tasso per indicare la morte del vecchio anno.

Un altro oggetto di rito poi ripreso dalla tradizione cristiana per l’albero di Natale, era l’albero sempreverde, che simboleggiava la resistenza della vita all’accorrere delle oscurità ed era considerato di buon auspicio per ottenere prosperità. Veniva adornato con frutta secca, candele associati al tema della rinascita e del ritorno della luce.

Nel contesto moderno, in diverse parti del mondo il giorno del solstizio è diventato un importante occasione di ritrovo e socializzazione per meditare, purificare e riflettere sull’anno passato e preparare lo spirito ad accogliere il nuovo anno.

Nella tradizione celtica, in questa data si celebra Yule, la festa pagana della luce e della rinascita. Yule si ipotizza derivi dalla parola di origine norrena Hjól”, ossia “Ruota”.

Questa associazione deriva dal fatto che nella simbologia pagana l’evento del Solstizio corrisponde al punto più basso nella Ruota dell’Anno celtico.

Secondo il calendario tradizionale celtico esistono 8 festività principali che scandiscono l’anno, chiamati Sabba.

4 Sabbat Maggiori:

  • Samhain: Il Capodanno Celtico, celebrato il 31 ottobre, che ha dato origine al nostro Halloween.
  • Imbolc: La festa per il ritorno della luce, celebrata il 2 febbraio.
  • Beltane: Primo giorno d’estate, festeggiato il 1º maggio.
  • Lughnasadh: La festa del raccolto, onorata il 1º agosto.

4 Sabbat Minori, che coincidono coi due solstizi e i due equinozi:

  • Yule: Solstizio d’inverno (21-22 dicembre).
  • Ostara: Equinozio di Primavera (22-23 marzo).
  • Litha: Solstizio d’Estate (21-22 giugno).
  • Mabon: Equinozio d’Autunno (22-23 settembre).

In particolare Yule, detto anche Farlas veniva celebrato appunto il 21 o 22 dicembre, le cui celebrazioni duravano per ben 12 giorni con termine il 1° e 2 gennaio.

Era una festa ricca di simbologia, significati e come tutte le feste pagane era fortemente legata alla Natura, poiché ne racchiudeva la fine del suo ciclo e al tempo stesso la sua rinascita.

Nonostante sia il giorno più breve dell’anno, e quindi la notte più lunga, la vera protagonista del rito è la LUCE e non le tenebre come si potrebbe pensare. Secondo la leggenda: il momento del tramonto dell’ultimo sole del solstizio di inverno sanciva la morte del Vecchio Sole che comportava la durata della notte così a lungo, mentre la Grande Madre Terra, sposa del Sole, dava alla luce nell’oscurità il Sole bambino, il nuovo sole, auspicio di nuova luce e preludio della feconda primavera in arrivo.

Nella tradizione, si sottolineava l’importanza da parte della popolazione di aiutare la luce a ripristinarsi per poter vivere e prosperare nell’anno in arrivo proprio perché, le azioni umane si consideravano perfettamente connesse con le azioni della Natura. Difatti, i riti di Yule nei paesi nordici si contraddistinguono in un periodo di danze, riposo e festeggiamenti composti da veri e propri atti di stimolazione del processo di rinascita della luce.

Un rito che merita menzione è quello nel quale le donne durante questa notte attendere l’arrivo degli uomini con una candela accesa da consegnare a loro per poter accendere il fuoco sacro del focolare e dare inizio ai festeggiamenti.

Spesso nella concezione moderna, i riti pagani sono visti come mere stregonerie.

In Realtà sono semplici riti, usanze e costumi che si tramandano di generazione in generazioni da secoli e che fanno parte delle credenze e dei costumi popolari.

In particolare oggi vorrei parlare di un rito con la cannella da fare in autunno:

“✨🍂 CROCE DI CANNELLA 🍂✨

🍂☀️ Governata dal Sole la cannella ha il potere di promuovere la spiritualità.

🍂 La Cannella, secondo la forma della magia, può attirare fortuna, salute, successo, protezione e amore. Per mezzo della sua forma in croce che rappresenta i 4 punti cardinali e i 4 elementi, ha una grande forza spirituale e un potere protettivo che si impone sul luogo depositato.

✨🍂 La Cannella è consacrata dal Sole * ed elimina l’oscurità e il negativo del luogo.

🍂🧙🏻 ♀️ CONFEZIONA LA TUA PROPRIA

CROCE DI CANNELLA:

✨🍂 La croce di cannella è uno dei migliori amuleti che possiamo fare. Il suo potere può essere utilizzato a casa, a lavoro e, se non le dispiace l’odore, che amo, può essere portato in un portafoglio o portafoglio.

🍂✨🧙🏻 ♀️ Ti serviranno due bastoncini di cannella grandi.

Uno più lungo dell’altro per dare la forma di una croce.

E quando si rimette in forma, inizia con una liston o un cordone del colore scelto per il rituale ❤️ ROSSO: Amore, 💛 GIALLO: prosperità,

💙 BLU: Salute, 🤍 BIANCO: Protezione

Facendo nove giri.

Ripeti le parole 3 volte mentre tiene le parti:

✨🧙🏻 ♀️ Come il potere dell’aroma della cannella che sgorga dalla terra, quindi allontanati dalla mia casa, i conflitti che causano il male e la discordia tra i miei.

Lo voglio così, così sia fatto. ✨ ✨🧙🏻🏻 ♀️

🍂✨ Appenderai la tua croce dietro la porta principale, il tavolo da lavoro o dove hai bisogno di protezione. Rifare e sostituire dopo aver perso completamente il profumo”.

Credit to: l’Almanacco della strega 🧙🏻‍♀️

Forse non a tutti sarà capitato di poter campeggiare di notte nel bosco.

Certamente molti di voi avranno fatto esperienza di trekking, ma passare la notte in tenda accanto al fuoco è certamente una di quelle esperienze da raccontare nella vita.

A me è capitato diverse volte nel corso della mia esistenza, sia in Italia, sia all’estero e oggi vorrei provare a condividere una riflessione.

Il contatto con la natura è qualcosa che non ha prezzo ed è insostituibile, non a caso, le migliori idee e in generale i momenti più profondi si apprezzano quando si viene a contatto con gli elementi naturali.

Questa sensazione di “illuminazione” deriva dal fatto che il contatto con la natura ci riconnette con glie elementi essenziali, ci spoglia della maschera costruita di convinzioni, attaccamenti, istruzione, cultura e ogni altra costruzione “umana” ricollegando il nostro IO interiore alla parte più ancestrale, naturale, primordiale del nostro essere: la parte naturale, animale, che ci lega alla Madre Terra e alla Natura in generale e che ci permette di ritornare al principio, alla parte più istintiva e più semplice di noi stessi, liberandoci così da costruzioni e permettendo alla mente di fluire e raggiungere dei momenti illuminati.

Il fuoco, è un elemento molto potente e il suo potere rigenerante ed energizzante è matrice di molte credenze, riti e conoscenze di numerose popolazioni nel mondo e i riti intorno al fuoco si tramandano da generazioni e trovano ancora oggi un riscontro nel moderno con continuità.

In particolare, la magia del fuoco è una magia che io amo definire purificatrice in quanto permette attraverso la sua energia di ripulire il nostro spirito.

Questo perché, la sua potenza non risiede solo nella capacità di distruzione della materia che fisicamente è visibile quando un elemento brucia e si disintegra, ma risiede anche nel potere di distruzione delle negatività insite in ognuno di noi a livello energetico-spirituale. Se pensiamo ai pensieri negativi come a delle foglie, il fuoco con la sua energia le distrugge piano piano nutrendosi della loro materia.

Con questa metafora, volevo riportare il concetto che una serata intorno al fuoco, ovunque ci troviamo (sia al mare, sia in montagna) ha avuto per me e come per molti altri, un risvolto terapeutico, e un effetto purificatore sullo spirito, poiché mi ha permesso di purificare il mio campo energetico dalle negatività bruciando i pensieri, le ansie e lo stress come fossero ciocchi di legno arsi dal fuoco.

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