Canapa, cannabis, marijuana sono tre termini troppo spesso confusi.

Quando si parla di “erba” si assiste spesso a una confusione terminologica.

La marijuana è una sostanza psicoattiva che si ottiene facendo essiccare le infiorescenze della Cannabis sativa.

Non tutte le varietà di questa pianta sono però sfruttate a scopo ricreativo: solo quelle che appartengono al genotipo THCAS (volgarmente definite “canapa indiana”) hanno effetti psicoattivi dovuti al contenuto di tetraidrocannabinolo (THC), una sostanza psicotropa che provoca euforia, rilassamento, appetito, disorientamento spazio temporale.

Se il normale contenuto di THC in una pianta di cannabis è pari al 5-8%, oggi sono subentrate colture intensive di varietà che possono arrivare al 38% di THC, cioè 5 o 6 volte di più.[1]

PROPRIETA’ & CARATTERISTICHE[2]

La cannabis ha degli effetti sul corpo umano indotti dal suo utilizzo sono molteplici e dipendono prettamente dalle percentuali delle diverse molecole presenti nel preparato e dalle modalità di somministrazione.

La cannabis è a tutti gli effetti un farmaco, utile in diverse malattie, senza effetti collaterali.

È una sostanza che può indurre dipendenza, e alla lunga provocare danni al fisico e alla mente.

Il dibattito sulla cannabis, con diverse sfumature, ruota da tempo su queste due posizioni in netto contrasto.

Tra gli effetti che comporta il consumo di cannabis, troviamo l’effetto analgesico e rilassante come il principale.

Ciò avviene perché le principali sostanze contenute nella marijuana interagiscono con i recettori endocannabinoidi, particolari proteine responsabili della regolazione di dolore, appetito, umore e memoria.

In condizioni fisiologiche, per regolare queste funzioni, il nostro organismo produce sostanze molto simili –gli endocannabinoidi– a quelle presenti nel vegetale.

La cannabis terapeutica è stata centro di interesse e dibattito per molti medici, ricercatori e pazienti per molti anni.

È utile contro il dolore di il dolore, la spasticità e diversi sintomi che non si risolvono con i farmaci.

In Italia, dal 2006 è possibile ricorrere a preparazioni magistrali a base di cannabis per uso medico e dal 2013 è possibile ottenere la prescrizione per il Sativex, un farmaco usato per ridurre la spasticità dovuta a sclerosi multipla.

L’utilizzo medico della sostanza è stato approvato dal Ministero della Salute che lo ha approvato per trattare, oltre ai sintomi della sclerosi multipla, anche il dolore cronico, la nausea e il vomito causati dalle terapie antitumorali e da quelle per l’HIV, i disturbi legati alla sindrome di Gilles de la Toruette e la perdita di appetito dovuta a cachessia e anoressia.

LE MOLECOLE RESPONSABILI DEGLI EFFETTI SULL’ORGANISMO

Il THC (tetraidrocannabinolo) e il CBD (cannabidiolo) sono gli elementi responsabili rispettivamente dell’effetto farmacologico e dell’effetto per tamponare l’effetto farmacologico.

Al fine di ottenere un effetto terapeutico è fondamentale il controllo del dosaggio.

Se si rispettano gli standard di legge, la cannabis viene difatti considerata un fitoterapico.

E’ bene ricordare tuttavia, all’interno delle infiorescenze sono presenti centinaia di molecole appartenenti alla famiglia dei terpeni e dei flavonoidi fondamentali per ottenere l’effetto farmacologico in quanto aiutano il legame di THC e CBD ai recettori.

L’USO PER PATOLOGIE NEGLI UTLIMI ANNI

Nel 2016 sul mercato erano presenti 5 farmaci (prodotti dall’azienda olandese Bedrocan) a base di cannabis –ognuno contenente una percentuale differente delle diverse molecole attive- utilizzati principalmente per il controllo di nausea, vomito, appetito nei pazienti sottoposti a chemioterapia.

Accanto a questo utilizzo, ben documentato dalla letteratura scientifica, si affiancano alcuni studi sui vantaggi dell’utilizzo della cannabis nel controllo del dolore cronico.

Oltre a queste indicazioni la canmabis a scopo terapeutico viene utilizzata nella gestione del dolore in chi soffre di sclerosi multipla e sindrome di Tourette. Inoltre da alcuni anni è disponibile Sativex, un farmaco contenente solo THC e CBD utile nel controllo degli spasmi muscolari dovuti alla sclerosi multipla.

In questo caso non si tratta dell’utilizzo delle infiorescenze e per questa ragione, in quanto mancano terpeni e flavonoidi, gli studi su Sativex hanno dimostrato che il prodotto non è efficace nel controllo del dolore.

MODALITA’ DI ASSUNZIONE

Innanzitutto una premessa: i cannabinoidi presenti nel mondo vegetale per esplicare la loro azione devono essere attivati mediante un processo chimico noto comedecarbossilazione”.

Si tratta di una reazione che avviene quando le molecole sono sottoposte ad alte temperature, oltre i 100 gradi centigradi.

Ecco perché tra le vie più utilizzate c’è il fumo, la vaporizzazione e l’infusione. La scelta dipende dall’effetto che si vuole ottenere e dalla formulazione farmaceutica di partenza (olio, cartine ecc…).

STUDI E SCOPERTE

In letteratura scientifica esistono numerosi studi e ricerche da molti anni che portano avanti tesi sulle più sensazionali proprietà della cannabis in ambito medico.

Grazie allo studio pubblicato dalla National Academies of Sciences americana nel 2017, la quale ha esaminato la mole delle ricerche che ormai da anni vengono pubblicate sull’uso della cannabis per scopi medici o ricreativo, è stato possibile stabilire per la prima volta con una certa chiarezza quali siano gli effetti positivi e negativi sulla salute dell’impiego della cannabis.

IL THC

La cannabis agisce come farmaco, grazie all’effetto dei cannabinoidi, tra i quali il più famoso è il THC, il quale apporta sia gli effetti psicoattivi della canapa sia delle sue proprietà farmacologiche.

La proprietà fondamentale del THC è la sua innata propensione al legarsi facilmente in maniera specifici ai ricettori presenti sulla superficie delle cellule dell’organismo.

Il nostro organismo solitamente produce in modo naturale molecole quali gli endocannabinoidi, coinvolte in tantissime funzioni fisiologiche, dall’appetito al metabolismo, dalla memoria alla riproduzione.

Sebbene vi sia stato un acceso dibattito tra chi considerava la cannabis come utile ausilio medico e chi invece riteneva i suoi benefici sopravvalutati, e i rischi per la salute non trascurabili, oggi è indubbio che i benefici della cannabis superano gli svantaggi, tutto sta, nella regolazione del suo impiego.

Secondo il rapporto suddetto della National Academies of Sciences americana, che consiste in una vera e propria revisione della letteratura scientifica pubblicata a partire dal 1999 – oltre 10mila studi – è possibile confermare che la cannabis è un trattamento assai efficace del dolore cronico degli adulti, in particolare di quello dovuto alla spasticità in malattie come la sclerosi multipla.

In questo settore l’evidenza viene definita “conclusiva”, e la cannabis un farmaco valido e anche più sicuro rispetto ai farmaci oppioidi.

L’altro campo in cui si conferma efficace è il trattamento della nausea e del vomito indotto dalla chemioterapia nei pazienti affetti da tumori.

Altri effetti positivi sono stati provati (con minore azione probatoria tuttavia) sull’effetto della cannabis medica per contrastare e migliorare i disturbi del sonno per i pazienti affetti da svariate malattie.

Vi sono evidenze (anche se più limitate) che l’uso di cannabis aiuti che aiuti a migliorare l’appetito e la perdita di peso delle persone malate di Aids, a migliorare i sintomi della sindrome di Tourette, una malattia neurologica, o il disturbo d’ansia, tutte condizioni per le quali è stata sperimentata o viene utilizzata dai pazienti.

Non sembra invece che serva in alcun modo per tutta una lista di malattie che vanno dal glaucoma alla sclerosi laterale amiotrofica, dalla sindrome del colon irritabile al morbo di Parkinson e all’epilessia (mancano evidenze sia in un senso, serve a qualcosa, sia nell’altro, non serve a niente).

Più nel dettaglio a livello terapeutico, la pianta può essere utile per diverse applicazioni: ecco quali sono i suoi principali benefici.[3]

Sclerosi multipla

La cannabis terapeutica si è dimostrata efficace nel trattamento della rigidità muscolare e della spasticità causate sclerosi multipla. Secondo diversi studi, l’uso di alcuni cannabinoidi può migliorare alcuni dei sintomi legati a questa patologia. In Italia, il Ministero della Salute ha consentito l’utilizzo della marijuana medica contro la spasticità e, nel 2013 ha approvato l’introduzione di un farmaco apposito, il Sativex, che può essere prescritto con Ricetta RNRL, relativa ai medicinali soggetti a prescrizione medica limitativa, da rinnovare volta per volta, vendibili al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti.

Dolore cronico

Già nel 2017, un rapporto delle Accademie Nazionali di Scienze, Ingegneria e Medicina aveva indagato i possibili benefici della sostanza contro il dolore cronico. Il report evidenziava il fatto che i pazienti trattati con cannabinoidi avessero maggiori probabilità di sperimentare una significativa riduzione del dolore. Poi, qualche mese fa, un gruppo di ricercatori canadesi è tornato ad occuparsi della materia con uno studio pubblicato sul Canadian Journal of Anesthesia, che ha valutato l’efficacia della cannabis sul dolore di circa mille pazienti. Tra le persone che hanno completato lo studio, la maggior parte faceva affidamento sulla marijuana per alleviare il dolore e i risultati hanno mostrato un miglioramento nell’intensità del dolore e dei sintomi di salute generale. In Italia, è possibile ricorrere alla cannabis terapeutica per combattere il dolore cronico, nel caso i trattamenti tradizionali non si siano rivelati efficaci.

Nausea e vomito

La cannabis e i cannabinoidi sono stati studiati anche in relazione alla nausea e al vomito causati da radioterapia e chemioterapia, i due principali trattamenti contro il cancro. Diversi studi sono stati condotti in questa direzione e hanno dimostrato i benefici della marijuana medica contro la nausea, il vomito e la perdita di appetito, legati ai trattamenti antitumorali. Un recente studio ha dimostrato l’efficacia del CBD per contrastare e ridurre nausea e vomito. Inoltre, diversi medicinali a base di cannabis sono stati approvati dalla Food and Drug Administration statunitense, utilizzati proprio nel trattamento di questi sintomi. Anche in Italia, il Ministero della Salute approva l’uso della cannabis terapeutica per questo scopo.

Tumori

La marijuana medica può essere efficace anche contro diversi tipi di cancro. Nel 2007, per esempio, un gruppo di ricercatori di San Francisco ha condotto uno studio, mostrando le potenzialità del cannabidiolo (CBD), rivelatosi in grado di inibire uno dei regolatori chiave del potenziale metastatico del cancro al seno. “I cannabinoidi- avevano concluso i ricercatori- riducono la crescita delle cellule aggressive del cancro al seno umano”. Successivamente, nel 2014, i cannabinoidi sono stati identificati anche come inibitori della crescita del glioma, un tumore del Sistema nervoso centrale: studiando l’effetto di THC e CBD, sia da soli che in combinazione con la radioterapia, i ricercatori hanno concluso la possibilità dei cannabinoidi a “stimolare le cellule del glioma a rispondere meglio alle radiazioni ionizzanti e suggeriscono un potenziale beneficio clinico”.

Salute oculare

Già negli anni ’70, i risultati di alcuni studi mostravano che la cannabis terapeutica era in grado di ridurre per qualche tempo la pressione intraoculare, fattore chiave per il glaucoma, una malattia del nervo ottico, garantendo il mantenimento della salute oculare. È stato dimostrato che i cannabinoidi riescono a ridurre la pressione intraoculare se somministrati per via orale, endovenosa o per inalazione, ma non se la somministrazione avviene direttamente sull’occhio. Sembrano efficaci, quindi, pillole e iniezioni di cannabinoidi e il fumo di cannabis.

Alzheimer

Uno studio risalente al 2006 ha dimostrato che il THC è in grado di inibire l’enzima acetilcolinesterasi (AChE), marcatore patologico chiave dell’Alzheimer, prevenendo “l’aggregazione del beta-peptide amiloide (Abeta)”, che forma le placche in grado di uccidere le cellule del cervello. La cannabis terapeutica può essere quindi in grado di rallentare la progressione della malattia.

Infiammazioni intestinali

Già nel 2009, alcuni studiosi britannici individuarono un’interazione tra la marijuana medica e alcune delle cellule del nostro corpo che hanno un ruolo importante nella regolazione delle funzioni intestinali. “Le sostanze chimiche presenti nella cannabis- scrivevano- potrebbero rivelarsi un trattamento efficace per le malattie infiammatorie intestinali, la colite ulcerosa e il morbo di Crohn”. Infatti, test di laboratorio dimostravano il potenziale ruolo di THC e CBD nelle funzioni intestinali. Recentemente, anche un gruppo di ricercatori italiani ha indagato gli effetti della cannabis sull’infiammazione intestinale.

Danno cerebrale

La cannabis sembra avere anche proprietà neuroprotettive, stando agli studi su dati clinici e di laboratorio. Oltre a proteggere il cervello da un trauma, i cannabinoidi possono intervenire anche dopo un danno cerebrale, quale ictus o trauma cranico. Uno studio del 2002 ha mostrato la formazione di cannabinoidi cerebrali endogeni anche dopo un trauma cranico, nel ratto e nel topo. Non solo: “quando somministrati dopo un trauma cranico- spiegavano gli studiosi- riducono il danno cerebrale. Si notano una significativa riduzione dell’edema cerebrale, un migliore recupero clinico e una riduzione del volume dell’infarto e della morte delle cellule dell’ippocampo”.

Artrite reumatoide

I benefici della cannabis terapeutica si estendono anche ai pazienti che soffrono di artrite reumatoide. Una ricerca tedesca ha analizzato l’effetto del CBD in questo campo, mostrando la sua capacità di ridurre la vitalità e la produzione dei principali autori della distruzione articolare. Il CBD sembra quindi avere proprietà antiartritiche, che potrebbero aiutare i pazienti a combattere l’infiammazione.

EFFETTI NEGATIVI & CONTROINDICAZIONI[4]

Per quanto riguarda i possibili effetti negativi sulla salute di chi fuma la marjuana, il rapporto conferma l’idea che è in generale “meno pericolosa” di altre droghe, innanzitutto perché non è mai stata stabilita con certezza neppure una morte per overdose da cannabis.

Non è però neppure così innocua come molti tenderebbero a credere. L’analisi conferma alcuni dei sospetti di danni.

Innanzitutto, i fumatori di lunga data rischiano di più la bronchite e altri sintomi respiratori. Le donne incinte che ne fanno uso hanno una probabilità maggiore di partorire bambini con peso più basso alla nascita. E, in generale, chi la consuma abitualmente ha un rischio più alto di schizofrenia e psicosi. Oltre che di incidenti in macchina.

EFFETTI SU ALTRE PATOLOGIE[5]

Vi sono evidenze poco convincenti che l’uso di cannabis possa peggiorare i sintomi di depressione o le idee suicide e l’ansia, e che abbia a che fare con alcune malattie che talvolta sono state associate al suo consumo, come il cancro ai testicoli o gli attacchi di cuore.

In compenso c’è un’evidenza non definitiva, ma comunque moderata, che peggiori l’apprendimento, la memoria e l’attenzione.

Nessun legame è stato invece stabilito con i tumori comunemente associati al fumo di sigarette, come quello al polmone, e con altri tipi di tumori, asma o malattie cardiovascolari.

EFFETTI COME DROGA E SU ALTRE DROGHE[6]

Sul sospetto che la marjuana sia la porta d’ingresso per consumo di droghe pesanti, il rapporto ha trovato prove da “limitate” a “moderate”.

Mentre ne ha trovato di “sostanziali” sul fatto che più è forte il consumo più si rischia di incorrere successivamente in dipendenza.

Ci sono fattori che fanno rischiare di più (anche su questo aspetto l’evidenza è “sostanziale”) di finire in questa situazione: sono l’essere maschio, il fumare anche sigarette, il fatto di avere un disturbo depressivo e di avere cominciato molto presto.

Altri elementi ritenuti finora fattori di rischio, come il fatto di soffrire di ansia o disturbo bipolare, disturbo da deficit dell’attenzione o dipendenza da alcol o tabacco, sembrano invece meno importanti. Anche per il rapporto, insomma, la marijuana si conferma assai meno pericolosa di altre droghe, ma non così innocua come si tenderebbe a credere.

COLTIVAZIONE DELLA CANNABIS [7]

In termini di coltivazione si parla di Cannabis Light per indicare delle infiorescenze della cannabis con un basso contenuto di THC. Queste sono derivanti dalla coltivazione delle varietà Sativa, ossia la canapa industriale.

Con l’introduzione della normativa del 2017 si stabiliscono tutti i limiti di una legge dedicata all’uso industriale, e quindi non alla completa legalizzazione della cannabis.

Tale provvedimento ha dato vita a un nuovo stile di produzione e consumo della cannabis nel nostro Paese.

CANAPA E CANNIBIS: UNA STORIA ANTICA[8]

Come abbiamo analizzato precedentemente, la canapa per uso tessile fa parte della tradizione industriale del nostro Paese.

A titolo di esempio ricordiamo che la marina mercantile italiana, fin dopo l’ascesa delle repubbliche marinare, veniva allestita grazie alla fibra di questa pianta.

Fino ai primi anni del Dopoguerra, la coltivazione della canapa ha rappresentato uno dei comparti più vivi del settore agricolo-manifatturiero.

Dopo la Seconda guerra mondiale, però, questa importante coltivazione fu abbandonata. Le principali ragioni furono due.

La prima fu di tipo industriale, a causa del sopravvento del cotone, delle fibre sintetiche e della produzione di cellulosa dal legno (ossia la carta).

La seconda ragione è da ricercare nel proibizionismo, quest’ultimo importato dagli Stati Uniti.

L’interesse per la canapa industriale era forte fi dagli inizi del secolo scorso anche negli Usa

Difatti, si produceva la carta di canapa e si realizzavano materiali per l’epoca innovativi con la fibra di questa pianta. L’olio di cannabis veniva utilizzato per produrre carburante per auto.

E’ oramai storia il fatto che il primo grande produttore di automobili americane, Henry Ford, costruì la Hemp body car, un prototipo di automobile realizzato con fibra di canapa che, tra l’altro, si alimentava con bio-carburante all’etanolo di canapa.

La pianta era in sostanza una materia prima eco-sostenibile che avrebbe potuto alimentare numerosi settori industriali.

Ovviamente, per contrastare l’ascesa della canapa nel settore automobilistiAsopraggiunsero gli interessi dei magnati dell’industria dell’editoria (con il magnate William Randolph Hearst),  e dell’industria chimico-petrolifera.

La minaccia per l’industria del petrolio era tale a causa della diffusione dei prodotti concorrenziali a base di canapa, molto più economici e di qualità superiore.

Ingenti somme per la produzione di fibre derivanti dal petrolio (oggi, tutti conosciamo il nylon e il cellophane) vennero investite da alcune aziende petrolifere come la Du Pont (multinazionale attiva e potente ancora oggi).

Dunque, per evitare il tracollo economico, i vertici dell’azienda sarebbero corsi ai ripari esercitando pressioni politiche per far entrare in vigore una legge proibizionista nei confronti della canapa.

Un’altra teoria, alternativa o aggiuntiva, ma comunque probabile, sul motivo che ha portato gli Stati Uniti alla proibizione della cannabis è da ricercare nel crescente razzismo verso i neri e i messicani, che stava attecchendo anche il quel periodo. Essendone queste popolazioni, generalizzando, forti consumatrici, si divulgò in breve tempo il deprecabile sillogismo:

  • Neri e messicani = Consumo di cannabis
  • Criminalità = Neri e messicani
  • Consumo di cannabis = Criminalità

Con l’attuazione di una vera e propria campagna mediatica di criminalizzazione della cannabis capeggiata dai giornali del gruppo Hearst, gruppo editoriale molto influente sia all’epoca che oggi (la Hearst Corporation controlla Fitch Ratings, una delle tre agenzie internazionali di valutazione del credito più influenti al mondo), la cannabis fu degradata a pianta criminale.

Alla cannabis fu dato l’appellativo di marijuana, parola messicana quasi sconosciuta all’epoca. In questo modo la pianta iniziò ad evocare un Paese, il Messico, contro cui gli Usa avevano da non troppo tempo combattuto una guerra.

Inoltre furono realizzate campagne mediatiche di propaganda razzista basate sulla disinformazione circa i reali effetti della cannabis Indica.

Campagne informative false che miravano a una vera e propria demonizzazione della cannabis. Nei filmati dell’epoca si possono vedere allegre compagnie di amici che, dopo aver assunto “marijuana”, impazziscono nel giro di pochi minuti e finiscono per uccidersi in modo violento l’un l’altro.

Così, nel  1937 fu approvata una legge, la Marijuana tax act, che proibiva, in modo diretto o indiretto, la coltivazione della cannabis per qualsiasi uso, anche industriale o terapeutico.

Da qui in poi molti paesi occidentali, tra cui il nostro, si sono adeguati alla decisione americana (con alcuni distinguo come l’Olanda).

La conseguenza di tutto ciò è che la cannabis, da allora, viene considerata una droga pericolosa, da perseguire con ogni mezzo.

SITUAZIONE ODIERNA NEGLI USA[9]

Oggi sono gli stessi Stati Uniti a rivedere la loro posizione. In molti stati americani, infatti, l’uso e il consumo di cannabis è ritornato ad essere legale. E questo è vero non solo per la cannabis industriale o per quella terapeutica, ma anche per l’erba a uso ricreativo, tanto demonizzato in passato.

L’esempio più lampante è quello della California, dove a partire dai primi giorni del 2018 la marijuana è stata legalizzata.

CANNABIS, CANNABIS LIGHT E CANNABIS TERAPEUTICA, LA NORMATIVA ITALIANA[10]

Per fortuna negli ultimi anni anche nel nostro Paese vi è stata una profonda revisione della legislazione. Questa poneva in passato grossi limiti finanche nella coltivazione della cannabis light, la canapa industriale. Da qualche tempo si cerca di rivalorizzare questa straordinaria pianta, quantomeno per gli usi tecnici e, soprattutto, per quelli terapeutici.

Normativa sulla canapa per uso industriale. La legge 242

Oggi la produzione della cannabis light, ossia la canapa per uso industriale, è di nuovo in auge. L’attuale normativa ne consente la coltivazione, purché il contenuto di thc sia inferiore allo 0,2%.

Un altro appellativo della cannabis light è marijuana leggera. In sostanza è un’erba che non “sballa”, ma rilassa, grazie al buon contenuto di CBD, altro principio attivo della cannabis.
In realtà la nostra legislazione non hai mai vietato la coltivazione della canapa per uso industriale.

Vi è stata però un’errata interpretazione della legge, con la conseguente persecuzione da parte delle forze dell’ordine. Questo soprattutto negli Anni ‘70 e ‘80, quando qualcuno cercava di riprendere la coltivazione della cannabis light, per fibra o per seme.

Questa errata interpretazione è stata prassi fino all’emanazione, nel 1997, di una comunicazione del ministero delle Politiche agricole e forestali, integrata con la circolare n.1 dell’8 maggio 2002. In questo documento si sono disciplinati i limiti per la coltivazione della canapa industriale.

Alla fine del 2016 è stato approvato il decreto di legge numero 242. Questa legge, recante “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa” è entrata in vigore il 14 gennaio 2017.

La cannabis light ha incontrato un grandissimo favore da parte del pubblico, soprattutto negli adulti con più di trent’anni. Molti, infatti, ne hanno gradito l’approccio “soft”.

Grazie alle possibilità offerte dalla produzione e dalla commercializzazione della cannabis light, stanno nascendo centinaia di aziende agricole italiane. Sono spesso formate da giovani imprenditori che assumono giovani tecnici e giovani operai, creando anche un notevole indotto economico.

Queste aziende stanno contribuendo in modo importante all’enorme rilancio della coltivazione di cannabis nostrana, da sempre considerata un’eccellenza mondiale.

Insomma, sembra che il consumo a fini ricreativi della cannabis stia uscendo dall’illegalità e dall’ombra lunga delle mafie. Vedremo se tutto questo permetterà di mettere le basi per una vera e propria legge sulla legalizzazione.

Anche per quanto riguarda l’importante aspetto della cannabis terapeutica sono stati fatti negli ultimi anni importanti passi in avanti. Lo stato ne ha iniziato, in uno stabilimento militare di Firenze, una prima produzione.

Questa è prescrivibile e acquistabile (non senza difficoltà) dai pazienti che ne hanno diritto e a cui viene legalmente prescritta.

APPENDICE

CURIOSITÀ SULLA CANNABIS & STORIA [11]

STORIA

La cannabis come abbiamo detto ha una storia antica.

Sebbene le origini esatte della Cannabis sativa (la pianta da cui si ricava la marijuana) non siano note, si pensa possa aver avuto origine in Asia centrale.

Le prime evidenze tangibili del suo utilizzo risalgono al Neolitico (8.000 – 5.000 a.C.), quando veniva utilizzata per produrre fibre tessili e reti da pesca e ne venivano consumati i semi.

Tracce di queste consuetudini sono state trovate in siti neolitici di Cina, Siberia, Taiwan, Turkestan e Hong Kong. Residui di semi di cannabis bruciati sono stati rinvenuti in Romania. La più antica testimonianza letteraria legata alla marijuana usata in ambito medico si troverebbe invece nella letteratura cinese, ma su questo punto non tutti gli storici si trovano d’accordo.

ESPERIENZE “DIVISE”

Gli effetti del consumo di marijuana potrebbero essere diversi a seconda del genere. Uno studio sui ratti compiuto nel 2014 dagli psicologi della Washington State University ha evidenziato che le femmine sono più sensibili agli effetti analgesici del THC e che sviluppano più facilmente tolleranza alla sostanza (cioè devono aumentare la dose per ottenere lo stesso effetto), un fenomeno che può aprire le porte alla dipendenza.

La differenza sarebbe dovuta al ruolo degli estrogeni, i principali ormoni sessuali femminili. In ogni caso, almeno in Italia, i maschi fumano più spinelli rispetto alle ragazze: a ogni consumatrice corrispondono quasi due consumatori maschi.

PERICOLI IN ADOLESCENZA

Completamente unisex sono invece i danni che un consumo costante di marijuana può fare sul cervello – ancora in pieno sviluppo – degli adolescenti, i suoi principali consumatori.

In questo periodo più che in altri il cervello vive una fase di pieno sviluppo, rafforzamento e sfoltimento di precise connessioni neurali.

Il corretto funzionamento delle sue cellule è pertanto essenziale.

Il THC è simile agli endocannabinoidi, neurotrasmettitori naturali del cervello, e interferisce con la loro azione compromettendo le funzioni nervose. Danneggiando le sinapsi e lasciando i neuroni privati del loro naturale sistema di regolazione, il THC può favorire, con il tempo, l’insorgenza di depressione, schizofrenia, psicosi e disturbi nell’apprendimento.

Per alcuni ricercatori, l’uso costante di marijuana in questa particolare fase dello sviluppo finisce col produrre danni permanenti alle connessioni neurali.

 IN MEDICINA

L’azione prolungata del THC è stata anche collegata a danni non neurologici come un rischio raddoppiato di contrarre un tumore ai testicoli (per l’alterazione del sistema endocannabinoide, che è coinvolto anche nella regolazione della sintesi degli ormoni sessuali) e un accentuato rischio di infarto (perché aumenta frequenza di battito e pressione sanguigna).

Tuttavia, i benefici della marijuana in ambito medico – e quindi controllato – sono noti da millenni e includono effetti analgesici sul dolore cronico o di malati terminali, l’attenuazione degli effetti di malattie auto-infiammatorie e di alcuni disturbi legati alle demenze, benefici contro l’artrite, i tremori del Parkinson e gli effetti collaterali della chemioterapia, e buoni risultati nel trattamento di ansia patologica e disturbo post-traumatico da stress.

VARIETA’

La varietà più potente di marijuana è la Sinsimilla, che si ricava impedendo alle infiorescenze delle piante femmine di Cannabis di essere impollinate. La pianta rimane senza semi e produce un alto contenuto di resina, con un’alta concentrazione di THC.

 EFFETTI SUI CANI

Gli animali domestici non sono immuni agli effetti del THC: il “fumo passivo” sortisce sui cani effetti molto più macroscopici di quelli che ha sull’uomo.

E sono in aumento i casi di compagni a quattro zampe che finiscono nei pronto-soccorsi veterinari per aver ingerito per sbaglio pezzetti di hashish lasciati in giro dai padroni. Quando accade, gli animali presentano pupille dilatate, iper eccitamento e movimenti muscolari incontrollati. Gli si somministrano terapie di sostegno e lavanda gastrica e si aspetta, sperando che l’effetto passi nel giro di 24 ore.

FAME CHIMICA

Non è una suggestione: fumare cannabis fa davvero venire fame, e il motivo è da cercare ancora una volta negli effetti del THC. Questo principio attivo si lega infatti a una molecola presente nei neuroni del bulbo olfattivo, la zona del cervello che riceve gli stimoli provenienti dal naso: questo fa sì che la sensibilità agli odori risulti amplificata, aumentando di fatto l’appetito.

LA CANAPA (CANNABIS) E IL LEGAME CON L’ISOLA DI PASQUA

La canapa avrebbe un legame inaspettato anche con i misteriosi Moai dell’Isola di Pasqua. Secondo uno studio della California State University pubblicato nel 2012, per spostare le colossali statue di oltre 4 tonnellate di peso gli antichi polinesiani potrebbero essersi di corde di fibre di canapa intrecciate. Tese da 18 persone, avrebbero fatto percorrere alle sculture anche 100 m in poco meno di un’ora.

VENERAZIONE DELLA CANNABIS

Per i seguaci del rastafarianesimo, un movimento religioso sviluppatosi in Jamaica a partire dal Cristianesimo negli anni ’30 del Novecento (e all’origine della cultura “rasta”) la marijuana è un’erba non solo medicinale, ma anche da usare come ausilio nella meditazione e nella preghiera. Ritengono che il suo uso sia citato nella Bibbia e sia necessario per raggiungere una sorta di illuminazione spirituale.

CONTAMINAZIONE NELLE CITTA’

Uno studio del 2012 condotto in varie città italiane dall’Istituto di Inquinamento Atmosferico di Roma del CNR ha evidenziato tracce di marijuana – non massicce, ma comunque ben rintracciabili – nell’aria attorno al Colosseo e al Pantheon a Roma, e in quella di Torino, Firenze, Bologna, Milano e Napoli, con il capoluogo toscano in cima alla lista per le concentrazioni di “erba” (probabilmente per il gran numero di studenti che ospita).

DIFFERENZE TRA CANNABIS INDICA E SATIVA [12]

La differenza tra cannabis indica e cannabis sativa riguarda diversi aspetti: l’origine, la posizione geografica, il tempo di fioritura, i principi attivi, gli effetti psico-fisici e gli utilizzi.

CANNABIS SATIVA ORIGINI

La cannabis sativa ha origine in zone molto calde ed umide tipicamente Asiatiche, dalla Cina Occidentale all’India Settentrionale tra cui Thailandia, Cambogia, America Centrale, Colombia, Messico e Brasile. La canapa sativa è caratterizzata da foglie lunghe e sottili, un fusto alto e slanciato, tempi di fioritura molto lunghi che possono raggiungere i dieci mesi. Si tratta di una pianta molto resistente, non suscettibile a muffe al contrario della specie indica.

CANNABIS SATIVA EFFETTI

Gli effetti della cannabis sativa vengono chiamati “effetti hight – effetti alti” perché rivolti in particolare alla sfera psichica e celebrare: se assunta aumenta il senso creativo ed euforico.

Le sue qualità si esprimono al massimo grado sugli effetti psico-fisici che offre: aumenta l’energia positiva, contrasta l’ansia e la depressione portando una maggiore creatività e voglia di fare. Riduce la nausea portando un senso di pace e benessere al corpo e alla mente.

 CANNABIS INDICA ORIGINI

La cannabis indica ha origine in zone molto calde e secche tipicamente Mediorientali tra cui Afghanistan, Pakistan, India, Turchia. La canapa indica è caratterizzata da foglie larghe e un fusto corto e robusto, i suoi tempi di fioritura sono brevi, per questo è spesso privilegiata dai coltivatori. Rispetto alla canapa sativa nel momento della fioritura è necessaria attenzione e cura perché soggetta a muffe di vario tipo.

CANNABIS INDICA EFFETTI

Gli effetti della cannabis indica vengono chiamati “effetti stone – effetti pietra” perché rivolti in particolare al corpo e agli aspetti fisici in generale: se assunta aumenta i sensi e le percezioni corporee. Le sue qualità benefiche a livello psico-fisico sono svariate: rilassa e distende i muscoli del corpo migliorando contratture e dolori articolari. Aiuta a contrastare l’insonnia migliorando la qualità del sonno, riduce lo stress e l’ansia portando calma e serenità allo spirito, riduce i dolori e le infiammazioni.

 LA COLTIVAZIONE DI CANNABIS

Coltivare cannabis però non è propriamente un’attività “green”, a meno che non si coltivi all’esterno, o sotto LED a basso consumo energetico. In base a un report pubblicato nel 2011 dal Lawrence Berkeley National Laboratory (USA), per un singolo spinello si producono, nelle coltivazioni indoor, circa 0,9 kg di CO2, l’equivalente di quanto emesso da una lampadina accesa per 17 ore.

[1] Focus

[2] https://www.fondazioneveronesi.it/

[3] https://www.clinn.it

[4] Focus

[5] Focus

[6] Focus

[7] Coltivazionebiologica.it

[8] Coltivazionebiologica.it

[9] Coltivazionebiologica.it

[10] Coltivazionebiologica.it

[11] Focus

[12] https://www.olfattiva.it

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